Stesura iniziale
giugno 2011 Versione V 08 del 23-07-2019
I BIF
I ghiaccioli
di
Mauro D’Orazi
Presso il Parco delle Rimembranze, posto davanti all’Ospedale
Civile di Carpi c’era negli anni ‘60 la barachiina
- chiosco di tale Aves, detto Ṡbargìnna.
Essa era posta all’ingresso del Parco, entrando da est verso ovest. Lì si
andavano a prendere i ghiaccioli Indianino della Ditta BIF di Cavriago (RE).
Ghiaccioli
dell’Indianino
Il prodotto, nato nel 1960, prese in tutta l’Emilia il nome
dei produttori. Con i bastoncini ciucciati dei bif si costruivano delle zattere, che si cercava di far navigare
nella vasca a esse del Parco. Se uno era fortunato sullo stecchino di legno trovava
la scritta “BIS” (raddoppio); ciò faceva vincere un altro ghiacciolo
gratis. Tale colpo di fortuna era molto ambito in mezzo alla compagnia.
I gusti, coloratissimi grazie a speciali sostanze chimiche contenute
negli sciroppi di base, erano più o meno i seguenti: Limone (bianco), Menta (verde), Cedro (giallo), Amarena (viola), Arancia (arancio), Tamarindo (marrone scuro), Lampone (rosso), Coca (marrone medio) e Anice (azzurrino - grigio).
Il termine bif è
tuttora comunemente usato ed è l’acronimo dei 3 soci che lo producevano nelle
nostre zone: ”Braglia - Iori - Fornaciari”.
A Bologna per analoghi motivi il ghiacciolo si chiama anche COF dal nome della ditta "Cavazzoni
Orlando e Fratelli" che aveva sede in quella città.
Ecco una nota ufficiale sui
BIF:
Il
BIF
L’invenzione del ghiacciolo risale ai primi anni
del XX
secolo,
precisamente nel 1905, e si deve a una scoperta casuale da parte di Frank Epperson (un bambino undicenne
californiano), che in una notte gelata aveva lasciato sul davanzale della
finestra un bicchiere di acqua e soda con dentro il bastoncino che aveva usato per mescolarle.
Il giorno dopo, Frank riuscì a liberare il blocco di ghiaccio formatosi facendo
scorrere acqua calda sul bicchiere, e prese a mangiare il primo “ghiacciolo”
usando il bastoncino come manico.
In Italia, i ghiaccioli sono
giunti nel secondo
dopoguerra,
portati dagli americani insieme ad altri dolci di produzione industriale
analoghi come i coni
gelato.
Già negli anni ’20 nel
centro storico di Reggio
Emilia
c’era una ditta, dei fratelli
Olivi,
che gestiva una
latteria che produceva latte di alta qualità, destinato al
Parmigiano-Reggiano. Nel
dopoguerra la latteria si è poi trasformata in gelateria e ha preso il nome di
“Bottega della panna”. Il latte veniva mescolato al ghiaccio
tritato, alle uova e al burro per creare il gelato classico fatto a mano.
Negli anni successivi poi, Gogliardo
Olivi e suo fratello Enzo, hanno recepito le nuove tecnologie di produzione di
gelato su stecco e di semilavorati del latte (tra cui la panna montata) provenienti
dagli Stati Uniti e hanno così gettato le basi per la futura produzione del
gelato industriale.
Nel 1960, grazie
all’iniziativa dei fratelli Olivi affiancati da altri soci, è nata la società
BIF per la produzione di ghiaccioli e nel 1962 è stata istituita la prima
azienda “Gelati Indian” dalla cui denominazione deriva dal marchio Indianino. Il ghiacciolo
Indianino ha accompagnato tante generazioni di bambini nei caldi pomeriggi
estivi.
L’idea di accostarlo
propriamente al mondo ludico e frizzante dell’infanzia è nata per opera di Gogliardo Olivi, che ha deciso di
riprodurre sulla confezione dei ghiaccioli l’immagine dei nipotini travestiti
da indiani e ha così sostituito il logo storico dell’Indian.
Infine i ghiaccioli, in
quasi tutte le provincie dell’Emilia, della Romagna e nord Marche, sono
chiamati BIF dall’acronimo dalle
iniziali dei cognomi dei tre soci proprietari della ditta. Inoltre, BIF era
anche la sigla del procedimento di produzione di quei ghiaccioli (Banded Iron
Formation) che consisteva nel soffiare acqua e sciroppo su uno stecco di legno
in ambiente a -20 gradi, procedimento poi universalmente usato.