domenica 6 ottobre 2019

La balèina da s-cioop Le palline di piombo da fucile - dialetto di Carpi -carpigiano - di Mauro D'Orazi


2019                                  
2019                                    V07 del 07-10-2019
La balèina da s-ciòop
di Mauro D’Orazi
La balèina da s-ciòop la troviamo nelle cartucce da cacciatore; quando la cartuccia esplode i pallini si aprono a rosa per colpire più facilmente e con più provabilità il bersaglio.
Ma l’altro giorno mi è capitato di dover pulire un‘ampolla di vetro trasparente per olio da tavola. Ho provato con vari metodi, senza risultati soddisfacenti.
Poi improvvisamente un salto in un lontano passato e mi sono ricordato di mia zia Valentina, che viveva con noi; quando doveva pulire una bottiglia di vetro che aveva contenuto l’olio, cercava, nel ripiano più basso dei poveri mobili di cucina, accanto al pgnatèin d òoli già druvèe, sciaguratamente tenuto per essere ri-fritto per l’ennesima volta, uno scatolotto di metallo pieno di palline di piombo.

Era la balèina da s-ciòop! Essa veniva introdotta con un imbuto nella bottiglia; il rumore metallico ovattato del piombo faceva suonare il vetro in un modo molto caratteristico; veniva poi aggiunto un po’ di sapone reso liquido.
Mia zia squassava con energia la bottiglia, che via via riacquistava lucentezza interna. Compiuta l’opera di detergenza, le palline venivano rovesciate in un colino, sciacquate sotto l’acqua e riposte nello scatolotto.
La bottiglia, come nuova, veniva risciacquata più volte e riposta a cuul a su ad asciugarsi.
Bel ricordo! Ma sono passati da più di 60 anni! Aiutooo!

In dialetto si gioca poi spesso con le parole, con le uguaglianze e le assonanze. Anche con la balèina escono delle cose divertenti.
Infatti la balèina significa sia l’assieme dei pallini da caccia, ma anche il grande cetaceo dei mari, se appena appena silenziamo per scherzo una “i”.
L è antiigh cóome la balèina da s-ciòop, è antiquato come le palline da schioppo.
Al gh la cavarà, mò al gh à da spudèer la balèina!  Riuscirà a saltar fuori da una certa situazione difficile, ma dovrà sputare i pallini di piombo da cui è stato colpito e ferito.

Sparèer a balèina fiina, sparare a piombini piccoli in modo che sia più facile colpire il bersaglio, essendo maggiori le sfere che si proiettavano dopo lo scoppio della cartuccia. La rosa dei pallini fini è molto ampia va bene per stornelle e passerine. Attenzione però! Il colpo che eventualmente andrà a segno sarà ovviamente mono micidiale. La curiosa frase era usata da alcuni ragazzi che andando a ballare, guardavano al sodo e tentavano con tutte… belle e brutte.

Un balèin è sia la singola sferetta di piombo, ma anche il pallino nel gioco delle bocce o anche del biliardo. Il detto o bòocia o balèin (let. o palla o pallino) serve per dire "o la va o la spacca", tentare ad ogni modo.
Le frasi tgniir in maan al balèin o tgniir balèin significano regolare e controllare il gioco, la partita… cioè monopolizzare l’attenzione in importanti episodi della propria vita, oppure, per le persone tenacemente logorroiche, non concedere mai la parola agli altri; in quest’ultimo caso: l iiva tòolt in maan al balèin e a nn l mulèeva più!  Prese in mano il pallino e non lo mollava più
Andèer a balèin, avvicinarsi al pallino con le altre bocce per fare punto o anche andare direttamente allo scopo, al cuore del problema. Tutt i gh àan i sóo balèin, ognuno ha le proprie fissazioni.

Ma al balèin è poi anche uno stato di alterazione etilica, evidente, ma non eccessiva.
Deriva simpaticamente dal diminutivo di baala, ubriacatura.
L à ciapèe un bèel balèin! Ha preso una bella balla.
Ancora più irresistibile è la frase che, con ironica simpatia, definisce una fase successiva a una forte bevuta di alcool; in questo caso si mischiano i significati: L à ciapèe un balèin sòtta l’èela! Ha preso un pallino, “un ballino” sotto un’ala!

Continuando, la baala è una palla, ma anche una quantità di materiale avvolto insieme, ‘na baala de straas, èd fèin, èd pàaia, èd laana… una balla di stracci, di fieni, di paglia o di lana.

‘Na baala è poi anche una bugia, una grossa fandonia e balissta è chi ne racconta notoriamente. S l è véera l'è 'na graan baala… sarà ma non ci credo.
Il grande Pierangelo Bertoli cantava: “♫ ♪ ♫ I m aan ditt ch l è ‘na baala, chi m aan cuntèe ‘na baala, mò mè la mè baala a la ciàap cun al vèin! ♫ ♪ ♫

Andèer a baala… andare molto forte in auto o il moto, con la velocità di una palla di fucile.

Dèer la baala a un quelchiduun, frastornare, lasciare a bocca aperta o, nel calcio, dribblare più volte l'avversario.

Al baali sono i gioielli maschili. Fèer girèer al baali, ròumper al baali, rompere i coglioni. Tuchèeres al baali, toccarsi i testicoli per uno scongiuro. Tóores dal baali, togliersi di torno. Gratèeres al baal, non avere niente da fare. Ṡbaatres al baal, infischiarsene.

Un balòun è un pallone da calcio, mentre un balòun infièe è una persona boriosa, sussiegosa, piena di sé.

Circa poi al nòoster graana… ‘na fóorma imbalunèeda indica un parmigiano difettoso, che si è gonfiato nella stagionatura.

lunedì 22 luglio 2019

i Bif - I Cof - I ghiaccioli - dialetto carpigiano - di Mauro D'Orazi - Carpi - Modena


Stesura iniziale giugno 2011                                   Versione V 08 del 23-07-2019       
I BIF
I ghiaccioli

di Mauro D’Orazi

Presso il Parco delle Rimembranze, posto davanti all’Ospedale Civile di Carpi c’era negli anni ‘60 la barachiina - chiosco di tale Aves, detto Ṡbargìnna. Essa era posta all’ingresso del Parco, entrando da est verso ovest. Lì si andavano a prendere i ghiaccioli Indianino della Ditta BIF di Cavriago (RE).

Ghiaccioli dell’Indianino
Il prodotto, nato nel 1960, prese in tutta l’Emilia il nome dei produttori. Con i bastoncini ciucciati dei bif si costruivano delle zattere, che si cercava di far navigare nella vasca a esse del Parco. Se uno era fortunato sullo stecchino di legno trovava la scritta “BIS” (raddoppio); ciò faceva vincere un altro ghiacciolo gratis. Tale colpo di fortuna era molto ambito in mezzo alla compagnia.
I gusti, coloratissimi grazie a speciali sostanze chimiche contenute negli sciroppi di base, erano più o meno i seguenti: Limone (bianco), Menta (verde), Cedro (giallo), Amarena (viola), Arancia (arancio), Tamarindo (marrone scuro), Lampone (rosso), Coca (marrone medio) e Anice (azzurrino - grigio). 
Il termine bif è tuttora comunemente usato ed è l’acronimo dei 3 soci che lo producevano nelle nostre zone: ”Braglia - Iori - Fornaciari”.
A Bologna per analoghi motivi il ghiacciolo si chiama anche COF dal nome della ditta "Cavazzoni Orlando e Fratelli" che aveva sede in quella città.

Ecco una nota ufficiale sui BIF:
Il BIF


L’invenzione del ghiacciolo risale ai primi anni del XX secolo, precisamente nel 1905, e si deve a una scoperta casuale da parte di Frank Epperson (un bambino undicenne californiano), che in una notte gelata aveva lasciato sul davanzale della finestra un bicchiere di acqua e soda con dentro il bastoncino che aveva usato per mescolarle. Il giorno dopo, Frank riuscì a liberare il blocco di ghiaccio formatosi facendo scorrere acqua calda sul bicchiere, e prese a mangiare il primo “ghiacciolo” usando il bastoncino come manico.
In Italia, i ghiaccioli sono giunti nel secondo dopoguerra, portati dagli americani insieme ad altri dolci di produzione industriale analoghi come i coni gelato
Già negli anni ’20 nel centro storico di Reggio Emilia c’era una ditta, dei fratelli Olivi, che gestiva una latteria che produceva latte di alta qualità, destinato al Parmigiano-Reggiano. Nel dopoguerra la latteria si è poi trasformata in gelateria e ha preso il nome di “Bottega della panna”. Il latte veniva mescolato al ghiaccio tritato, alle uova e al burro per creare il gelato classico fatto a mano.
Negli anni successivi poi, Gogliardo Olivi e suo fratello Enzo, hanno recepito le nuove tecnologie di produzione di gelato su stecco e di semilavorati del latte (tra cui la panna montata) provenienti dagli Stati Uniti e hanno così gettato le basi per la futura produzione del gelato industriale.

Nel 1960, grazie all’iniziativa dei fratelli Olivi affiancati da altri soci, è nata la società BIF per la produzione di ghiaccioli e nel 1962 è stata istituita la prima azienda “Gelati Indian” dalla cui denominazione deriva dal marchio Indianino. Il ghiacciolo Indianino ha accompagnato tante generazioni di bambini nei caldi pomeriggi estivi.
L’idea di accostarlo propriamente al mondo ludico e frizzante dell’infanzia è nata per opera di Gogliardo Olivi, che ha deciso di riprodurre sulla confezione dei ghiaccioli l’immagine dei nipotini travestiti da indiani e ha così sostituito il logo storico dell’Indian.

Infine i ghiaccioli, in quasi tutte le provincie dell’Emilia, della Romagna e nord Marche, sono chiamati BIF dall’acronimo dalle iniziali dei cognomi dei tre soci proprietari della ditta. Inoltre, BIF era anche la sigla del procedimento di produzione di quei ghiaccioli (Banded Iron Formation) che consisteva nel soffiare acqua e sciroppo su uno stecco di legno in ambiente a -20 gradi, procedimento poi universalmente usato.