venerdì 11 dicembre 2015

Al cafè - il Caffè - modi di dire del dialetto carpigiano - Carpi - Mauro D'Orazi



Prima stesura 02-12-2015                                                                   V04 del 03-12-2015
Al Cafè
                                                                                                  di Mauro D’Orazi
 
Il caffè è fra le bevande più diffuse; l’Italia ha una lunga e gloriosa tradizione al riguardo. Esistono poi tanti tipi di caffè; ogni italiano ha il suo preferito con una variante di possibilità amplissima.
Il caffè è un rito irrinunciabile: il suo gusto intenso e avvolgente accompagna noi italiani durante l’intero arco della giornata. È il primo piacere che accarezza le nostre mattine, ma anche un ottimo digestivo indispensabile dopo i pasti e un compagno perfetto per una pausa deliziosa, in qualsiasi momento.
Guardarlo uscire dalla moka o dalla macchina espresso è quasi una magia… che riempie di profumo gli androni delle scale nei palazzi e le sale dei bar, dai banconi sempre affollati.
Naturalmente anche il dialetto è entrato a pieno diritto in questo aromatico tema. Vediamo le varie definizioni a Carpi e nelle zone vicine.

Un cafè! Normale, si intende. Vi accorgerete subito di quanto sia curiosa questa richiesta per il barista, perché esiterà un istante per lasciarvi il tempo di aggiungere la successiva specifica. Voi non dite altro, prima o poi si convincerà.
Cafè normèel, normale, normalissimo… ormai… rarissimo… appunto.
Cafè dèeca, decaffeinato
Cafè baas, basso, bisogna chinarsi un po’ per afferrare la tazzina
Cafè ristrètt, ristretto
Cafè corèet, corretto con sambuca, grappa o altro
Cafè èelt, alto
Cafè esprèes, espresso, vanto della tradizione italiana
Cafè luungh, allungato, arriva al bordo della tazzina
Cafè dòppi, doppio due caffè in una sola tazzina
Cafè macèe, macchiato con latte caldo o freddo
Cafè macèe cun la s-ciùmma, macchiato con latte e con la schiuma
Cafè specièel o Maruchìin con schiuma di latte e cacao, servito in tazzina di vetro
Cafè dóolṡ, dolce con molto zucchero
Cafè amèer, senza zucchero
Cafè a la napoletaana, fatto con l’apposita cuccuma
Cafè futùu, quando, fatto alla napoletana, veniva male
Cafè faat in ca, fatto in casa… di solito pessimo, fatto con la macchinetta
Cafè faat in ca, ma cun al ciaadi, quasi simile a quello del bar
Cafè americaan, con acqua bollente a parte da aggiungere, servito in tazza grande
Cafè cun la paana, con la panna per golosi
Cafè a la tuurca, si lascia depositare, ci vuole calma e tempo
Cafè frèdd, stupenda bevanda estiva, caffè scecherato con ghiaccio
Capucìino, capùccio cèer o scuur,
         mix perfetto, ma variabile, di latte e caffè, ideale per la prima colazione
Cafè d òorṡ, caffè d’orzo, in taasa cicca o graanda
Cafè neghèer buìint, nero bollente
Cafè èd misèela, di miscela, miscuglio di vari surrogati di caffè; di gusto orrido (Olandese, Moretto, La Vecchietta, Malto Knab, Miscela Leone, ecc…)

Se volete fare impazzire il barista, nell’ora di punta, col locale strapieno, potrete ordinare sadicamente: “Un café macèe frèdd cun al laat scremato al vetro!”

Ci sono poi simpatiche battute per descrivere un caffè di bassa qualità, del tipo:
Aaqua… Che bòun Cafè!  Acqua che buon caffè!

Quèet l é un bòun Cafè trìsst! Questo è un buon caffè scadente! Per commentare l’eccesso di acqua in una tazzina di caffè.

L’è ‘na ciofèeca, simpaticamente rubato al gergo napoletano di Totò, quando ci si trova di fronte a un liquido imbevibile.


     Tazzina speciale per mancini                Tazzina speciale per destri

È indubbio infine che… la vìtta l’è amèera, pèr chi gh à i pée dóolṡ.
Non c’entra tanto col caffè, ma è carina lo stesso.

Carpi nel pallone - modi di dire del calcio - carpi dialetto carpigiano - Mauro D'Orazi



Prima stesura 23-08-2015               V33 del 02-11-2015

Chèerp ind al balòun
Parole e modi dire dialettali del gioco del calcio carpigiano

di Mauro D’Orazi
con l’aiuto di tanti amici

Il 2015 è stato un anno mitico per il calcio nella nostra città; la storica squadra locale, una volta denominata A.C. Carpi, dopo una serie di travolgenti stagioni, si è trovata meritatamente in Serie A, per la prima volta dal 1909.
Ciò ha portato a varie importanti conseguenze, fra le quali la più eclatante è stata quella di dover abbandonare per esigenze dei monopoli TV e presunte ragioni di sicurezza, il glorioso stadio Cabassi (“Clamoroso al Cabassi!!! “ ricordate?? parafrasando una celebre locuzione del radiocronista Sandro Ciotti nel 1961 allo stadio Cibali di Catania) per utilizzare il Braglia di Modena.
Ricordo sul tema dello stadio che il primo rudimentale campo di calcio a Carpi fu predisposto a fine ‘800 appena fuori Porta Mantova, all’incirca dove oggi c’è il Parco delle Rimembranze; una vasta aerea che poi a metà degli anni ’20 fu dedicata ai numerosi caduti carpigiani della terribile 1^ Guerra Mondiale.
Il secondo stadio con le tribune in legno fu allestito dai primi del ‘900 e fino al 1928 nell’area antistante la chiesa di San Nicolò, cioè dall’attuale palazzone dei sindacati fino a Villa Richeldi.
Finalmente nel ’28 fu inaugurato il grande complesso del Polisportivo che comprende anche l’attuale stadio, più volte poi modificato e ampliato nelle tribune.
Negli anni ’30 però i ragazzini dovevano arrangiarsi per strada, sempre col timore che, per le proteste degli adulti, non arrivasse qualche vigile. Tragicamente… poteva sequestrare o tagliare il pallone, oggetto a quel tempo più che mai prezioso.
In quegli anni gli “slarghi” più frequentati e che consentivano l’uso di due porte segnate alla meglio erano un paio. La prima era l’area brulla in terra battuta di Porta Barriera (oggi Piazzale Dante) sulla destra, guardando la Stazione. La seconda zona, ben più sicura e nascosta da indesiderati controlli, era detta “La Salpa”, probabilmente dal nome di una ditta che aveva sede nei pressi. L’area si trovava in via Due Ponti, subito dopo l’allora cantina La Pioppa ed era chiusa a est dal binario della ferrovia. Il grido era:”A s catèmm a la Saalpa!” e tanto bastava.

Carpi ha dunque una più che centenaria e consolidata tradizione nel gioco del calcio, che ha visto anche proliferare a metà del secolo scorso tanti campetti minori in periferia e nelle frazioni, oltre a quello in centro storico dell’Oratorio dell’Eden e quelli annessi alle varie parrocchie come San Nicolò, San Bernardino, Quartirolo, Santa Croce, Cibeno, Fossoli, ecc… Per ognuno di questi sarebbe interessante e necessario scriverne la storia e ricordarne i tanti personaggi.
Anche moltissime squadre sono sorte e migliaia di nostri concittadini hanno avuto parte attiva in questo sport, sia a livello di pratica diretta, che di organizzazione e naturalmente di tifo.
Ciò ha fatto che sì anche a livello linguistico ci siano state importanti integrazioni nel nostro dialetto. Le nuove parole e modi di dire del calcio hanno avuto, a mio avviso, tre principali derivazioni: dall’italiano, dall’inglese e, naturalmente, dall’estro creativo locale, come sempre ironico e corrosivo.
Proverò a elencare i termini e le frasi dialettali più note, anche se, mai come in questo caso, il dialetto è in continua trasformazione.
Si tratta, e lo noto con grande piacere, di un ambito dove il dialetto è ancora e più che mai lingua VIVA e diffusa.
Occorre innanzitutto ricordare che per secoli l’attuale Piazzale Astolfo (di fronte alla Sagra) aveva come nome, fino a pochi decenni fa, niente meno al Ṡóogh dal balòun (il Gioco del Pallone): quel lontano tipo di competizione era completamente diversa dall’attuale, ma la tradizione del nome è molto chiara.
Calcio in dialetto si dice chèels, però questa parola non viene assolutamente utilizzate per denominare questa disciplina, che prenderà appunto il nome di
ṡóogh dal balòun, ṡóogh dal futtbal o dal futtbàal (nelle due accentazioni), tuttalpiù, italianizzando, dal caalcio, ad esempio 'na squèedra èd caalcio.

La squadra del Carpi è per definizione Al Chèerp; mentre in passato si sentiva spesso usare anche l’antica denominazione societaria, pronunciando tutto di seguito: l’Acicarpi, ovvero l’A.C. Carpi.

Ecco dunque un elenco (ampio, ma non esaustivo) delle parole o delle frasi in dialetto relative al gioco del calcio, così come è vissuto nella nostra città; tralascerò le parole che più coincidono pienamente con l’italiano.

Tgniir 'na squèedra, èsser un tifóoṡ. Tenere una squadra essere un tifoso.
Partiida, partiida èd campionèet. Partita, partita di campionato.
Primm e secònnd tèimp, tèimp suplementèer. Primo e secondo tempo, tempi supplementari.
Al scudètt = per chi vince il campionato.
La Còppa di Campiòun = massimo torneo europeo di calcio.
I Mondièel = torneo mondiale che si svolge ogni quattro anni.
La Nasionèel = l’Italia, la squadra nazionale.
La squèedra dal cóor = la propria squadra; di solito la scelta sente gli influssi della famiglia e viene fatta da bambini, complice anche la raccolta delle figurine Panini.
'Na squèedra da uratòori, 'na partiida da uratòori. Una squadra o una partita di basso livello, da campetto dell’oratorio.
Al purtéer = il portiere.
Al tersèin = il terzino.
Al mediàan = il mediano.
Al centràalf = il centromediano metodista.
Al regissta = il giocatore di esperienza e bravura che imposta in gioco.
Al libber = il libero. In dialetto si presta anche a questa invettiva, se il giocatore è scarso: “Nummer sée (6)! Te nn ii mìa un libber... t ii un quadèeren!”
Al stòpper = lo stopper, il difensore.
La meṡèela = mezzala, centrocampista.
L’ èela = l’ala, giocatore d’attacco.
Al centravaanti o centratàach = il centravanti.
Ṡugadóor trisst, schèers, da oratòori, ṡugadurètt. Tutti pessimi calciatori.
Fèer dimònndi panchiina, panchinèer = essere quasi sempre di riserva.
Furastéer = giocatore straniero.
Al Presidèint e i dirigìint = il presidente della squadra e i dirigenti.
Al diretóor tèecnich = il direttore tecnico.
L alenadóor, al Misster = l’allenatore.
Al masagiadóor = massaggiatore.
Al preparadóor atlèetich = il preparatore atletico.
Al futtbal = inteso proprio come “il pallone” e non per indicare il nome inglese del gioco. Una frase tipica può essere: “Al gh à dèe un bèel futtbal.” Gli ha dato una gran bella palla da giocare.
Al balòun = il pallone, la palla.
La bòocia = il pallone.
Ind al gòll = nella rete       .
Ind al sèet, ind al scatlèin. Fare gol all'incrocio dei pali con un tiro bello e imprendibile.
Gataróol = portiere che si fa fare molti, troppi gol.
'Na gaata = è un gol che si poteva evitare. Fare una gatta, significa anche essere protagonista di una brutta figura con fuga precipitosa, come capita spesso ai gatti sorpresi in una malefatta. Quindi al purtéer-gataróol è quello che si esprime con pessime parate. Fa tante gatte da essere un gattarolo, cioè uno che decenni fa catturava i gatti e li vendeva di straforo per uso alimentare. Erano le famose lepri sui coppi delle case. L'ironia e la metafora aiutavano a superare gli ostacoli.
"MIAooo!" Urla il nostro tifoso, quando è testimone èd 'na gaata del portiere avversario.
Purtéer, t ii 'na tanàaia!” - Portiere sei una tenaglia. Sempre detto in senso ironico e negativo.
Al Raagno - significativo soprannome affibbiato a Fabio Martinelli (oggi noto e valente preparatore atletico carpigiano) che da giovane esercitava con grande passione l’arte del portiere e… NON ne lasciava passare una che una, ma forse due...
'Na papèina = un gol netto, che di dà o si subisce. La papèina era il decotto di farina di lino che si applicava incandescente, come rimedio in diverse situazioni di malattia. C'era rischio di scottatura, tanto bruciava. Così come brucia un gol subito. Più sono i gol presi, più bruciano.
Caplèer = portiere ch al fa dal capèeli.
Capèela = gol scaturito da un intervento improvvido del portiere.
L è andèe a parpàai!” Ci si riferisce ancora una volta al portiere che è uscito a vuoto smanazzando senza prendere la palla (a falene notturne) e ha subito un gol.
 Al n à ciapèe 'na spòorta e 'na sèssta!” Ne ha preso una sporta e una cesta, quando un portiere ha subito molte reti.
‘Na graan parèeda = spettacolare parata del portiere, evitando un gol che sembrava già fatto.
La bèela = è la partita di spareggio, può avere varie modalità.
Aarea cicca, aarea dal purtéer, aarea d rigóor, dischètt dal rigóor = zone del campo calcio.
Màaia, braghètti, ṡnucéera, sospensòori, cavigliéera, calstòun, perastìinch, scarpètti cun i tachètt, faasa da capitàan, ṡnucèeri (ginocchiere usate un tempo dai portieri, quando l’area di porta non era ben inerbata) guàant e brètta dal putèer = abbigliamento dei giocatori.
Un senaari = giocatore che si butta a terra simulando teatralmente un fallo che non c’è.
Al s-ciflèin = fischietto dell'arbitro.
‘Na ṡbalunèeda = forte tiro con un pallone, spesso riferita alle partitelle dei ragazzi che giocano in cortile. Molto tipiche al ṡbalunèedi in ghiggna o in un véeder della finestra della vicina.
Ghéega, (s)canlèeda, biètta, pavéera, stafilèeda, sibióol, stanghèeda, sfrummbla e panètt = tutti tiri MOLTO, molto forti e potenti.
Un scanladóor = un giocatore che tira molto forte.
Avéer i pée a banaana – ma anche… avéer al schèerpi infilèedi a l'arvèersa o avéer i pée prilèe. Quando si effettua un tiro sbagliato, ad esempio curvo invece di dritto, o in un posto completamente sbagliato.
Un dribladóor (tribladóor o driblèin) dall’inglese dribbling = chi si libera degli avversari scartandoli con maestria.
Driblèer o scartèer. Driblare.
’Na bòocia pèersa = un giocatore scarso, senza futuro, che sbaglia sempre nelle azioni importanti; deriva del gioco delle bocce e del biliardo.
’Na saapla, da saplòun (confusionario, inconcludente), un po' come la gaata pèr al purtéer, ma riferita soprattutto a un giocatore che fa una giocata palesemente sbagliata.
Fèer la spóola = detto di un mediano o di una mezzala che funge da raccordo tra attacco e difesa.
Rinvièer, fèer un rinvìo dal fònnd. Rinviare, detto in particolare del portiere o di un difensore da fondo campo.
Crosèer. Effettuare un cross.
“Paasa ch a t daagh un fraanch!” Complimento a marcatore insuperabile.
Pasàag', pasàag’ indrée o in avaanti = passaggi.
Tirèer èd puunta, un puntòun = calcio con la punta della scarpa.
Tirèer èd spasètta, èd piàat, èd piatòun = tirare con l'interno del piede.
Tirèer d arvèers o d estèeren = tirare con la parte esterna della scarpa.
Tirèer raṡotèera = tirare rasoterra.
Tirèer al vóolo = tirare al volo.
Tiir taièe o èd tàai = tiro di taglio.
'Na ṡemmba o un ṡemmbo = tiro a effetto (un tiir a efèet) nel dialetto modenese.
Un chèels èd còol piin = un calcio in pieno col collo del piede.
Dèer èggh èd primma = dare via il pallone, appena dopo averlo ricevuto.
Palonètto = tiro a dolce a parabola.
Rovesiàata = Spettacolare tiro al volo. Essa viene effettuata lanciandosi in aria in una rotazione all'indietro per poi colpire il pallone violentemente con il collo del piede. Il tiro parte così oltre la testa del giocatore, nel verso opposto a quello verso cui egli era rivolto prima di spiccare il salto. Se è fatta di lato sfurbṡèeda.
Cóolp èd tèesta = colpo di testa.
Insuchèer al balòun = colpire il pallone di testa.
Lancèer = Effettuare un lancio del pallone invitando un compagno a rincorrerlo.
Un traversòun = lungo tiro effettuato dalle zone laterali del campo verso l'area di rigore avversaria.
Baréera = barriera di giocatori nei calci di punizione vicino alla porta.
Usiida sùi pée, usiida èd pée = azione estreme del portiere per cercare di risolvere momenti disperati.
Marchèer = Marcare un avversario.
Marchèer de spaala = Spingere l’avversario con una spalla.
Anticipèer = arrivare sulla palla prima dell’avversario, anche un centesimo di secondo.
Insachèer = Mettere il pallone in rete.
Sgnèer = Fare gol.
Lunngh lìnea = lancio lungo un lato del campo
Fèer al tunnel = Fare passare la palla tra le gambe di un avversario. Penso sia il massimo dell’umiliazione per un giocatore.
Fèer o subìir un faal = fare o subire un fallo di gioco.
Faal, faal d ostrusiòun, volontàari, èd maan = fallo di gioco, di ostruzione, volontario e di mano.
Faal da espulsiòun = grave fallo che comporta il cartellino rosso e l’espulsione dal campo.
Fóora, faal laterèel e rimèssa laterèel = quando il pallone esce di lato.
Tirèer un rigóor o 'na punisiòun = tirare un rigore o una punizione.
Punisiòun da la bandirèina = calcio d'angolo.
Punisiòun èd primma o èd secònnda = punizione di prima o di seconda.
Cartlèin ṡaal e ròss = cartellino giallo e rosso.
Bòocia lunnga màai cuurta, bòocia cuurta màai lunnga = passaggi sbagliati (troppo lunghi o troppo corti); c'è poi anche l'invito a un'azione incisiva in avanti: "Bòocia lunnga e pedalèer!"
Paasa cla bòocia! Dà via cal futtbal!” = Intimazioni perentorie a chi pratica un gioco troppo egoista e/o non vede un compagno libero.
Scarpòun, scarpasòun o gaamba o balòun = giocatore poco elegante nel gioco, che interviene duramente su un avversario.
O bòocia, o gaamba! Gaamba o balòun! = in ogni modo bisogna fermare l'avversario.
Ṡgumtéeda = sgomitata, meglio se è all’avversario e l’arbitro non la vede.
Fèer al sgambètt, la gambaroola = fare lo sgambetto a un avversario.
Fèer fóora i ṡgarlètt = colpire le caviglie, anche nell'intimazione:"Daa gh ind i ṡgarlètt!" Picchia sulle caviglie!
Ṡghèer un ṡugadóor = fare cadere un giocatore colpendolo di traverso sulle gambe.
Franṡèer un ṡugadóor = metterlo giù in malo modo.
"Póoda!" “Pota!” Taglia giù quel giocatore!
Staa gh atàach! Staa gh adòos! = Inviti a marcare stretto!
Scartèer un ṡugadóor = scartare un giocatore.
Marchèer a òmm, sticch. = marcare l’avversario standogli vicino.
Marchèer a ṡòona = presidiare una zona del campo, senza seguire il diretto avversario.
Bliṡgòun = intervento scivolato per portare via la palla all’avversario, che prevede di andare a terra in acrobazia.
Fèer la "veròonica": termine derivante dalle corride spagnole. La veronica nel calcio, indica in modo generico, una serie di movimenti di un giocatore, in genere laterali e armonici, tendenti a spiazzare elegantemente l'avversario e a superarlo dopo averlo sbilanciato. È il dribbling che si esegue effettuando una giravolta sulla palla facendo perno con la pianta del piede sulla sommità del pallone.
Fèer al véelo: movimento effettuato da un giocatore che, evitando il contatto con il pallone, lo fa scorrere verso un compagno di squadra. È spesso utilizzato per sorprendere la difesa avversaria. Un’azione che denota una grande intelligenza di gioco del calciatore ed entusiasma gli appassionati.
Liss = mancare clamorosamente il pallone, mentre si tenta di calciarlo. Il detto è preso dalla briscola, quando in una mano il compagno chiede di giocare una carta senza valore. Il tifoso urlerà di solito la frase in falsetto canzonatorio tenendola lunga: "LISSsss, ch a stròosss! "
Fèer un stòpp curidóor = tentare di bloccare (stoppare) col piede la palla in movimento; a causa però del tocco maldestro la palla sfugge in avanti.
Òppsi o òffsi = traduzione maccheronica, molto locale, dall'inglese “off side”, fuorigioco (anche fóora ṡóogh).
Pèel e travèersa delimitano la porta, la rèeda la cinge nella parte posteriore.
I àan ciapèe ’na bèela pèega! = Hanno subito una bella e sonora sconfitta.
I iin turnèe a ca cun ègl’urècci baasi = Sono tornati a casa con le orecchie basse.
Trii còorner… un rigóor, tre calci d’angolo portavano ad avere a proprio vantaggio un rigore da tirare, spesso in un’unica porta. L'éera una regola pratica, pr a n stèer a tirèer di còorner, viste le ridotte dimensioni degli improvvisati campetti utilizzati dai ragazzini.
Mècc’ – null = questa singolare contaminazione del nostro dialetto dall’inglese (match) significa che la partita è finita zero a zero.
Un’espressione che trovo così straordinariamente e simpaticamente carpigiana... anche se straniera.

Adesso che sei - Poesia - dialetto carpigiano Mauro D'Orazi Carpi



Adesso che… sei !



Ami la notte con le sue luci complici,
ma non t’aspetti che la luna
brilli più del sole,
o che l’agosto riempia il cielo
di stelle cadenti
e di lacrime di fuoco,
per svelarti il destino!
Stringi al petto i tuoi sogni
e trova il tempo
per fare ciò che hai desiderato!



E intanto le ore diventano giorni
e poi mesi e poi anni ancora,
ma la tua forza non ha età,
perché conosci i misteri del vento,
che gonfia le vele della tua barca.
E il timone, stretto nella mano,
è sicuro nella rotta.





C’è una nave per tutti
che porta a riva le speranze
d’eterni migranti del Libero Pensiero.
Siamo come l’onda del mare,
che bacia la spiaggia e si ritrae,
come un’eterna altalena.
Appena siamo a riva
è già ora di ripartire.



Il tuo braccio ben disteso,
il tuo dito puntato al cielo,
rinnovano la loro energia
ogni volta che asciughi le lacrime
di un tuo fratello.



È grande il cuore
di chi dona in silenzio
e nel silenzio sente la voce dell’amore.

Al caan - Il Cane frasi in dialetto carpigiano - Carpi - di Mauro D'Orazi



Prima stesura 30-09-2015                                          v04 del 02-09-2015

Al caan
Il cane, l’amico dell’uomo
Frasi e modi di dire nel dialetto
di Mauro D’Orazi

Il cane, come è noto, è il miglior amico dell’uomo; naturalmente anche il nostro dialetto possiede molto frasi e modi di dire riferito a questo prezioso amico.
Come sempre nel dialetto troviamo tutte le sfumature e ironie possibili e non di rado persone di poco pregio vengono accomunate a questo animale.

Drisèer al gaambi ai caan.  Raddrizzare le gambe ai cani, cioè tentare l’impossibile e di conseguenza lavorare per nulla sprecando fatica.
La gh à dóo gaambi ch a gh paasa un caan còn un bastòun (o un òos) in bòcca. Ha due gambe che in mezzo ci passerebbe un cane con un bastone o un osso in bocca!
L è furtunèe cóome un caan in céeṡa. - È fortunato come un cane in chiesa. Naturalmente è riferito a persone perseguitate da grande sfortuna, perché in chiesa i cani venivano subito scacciati con qualsiasi mezzo, come se non fossero di Dio anche loro. Forse con l'unica eccezione, per qualche speciale funzione, della giornata del 17 gennaio per Sant'Antonio protettore delle bestie.

Èsser un caan. Essere un cane, cioè lavorar male. La stessa espressione la si usa per chi canta stonato.
Avèer ‘na faam da caan da cuntadèin. Avere una fame da cane da contadino, cioè insaziabile.
Al camaràant l è un grèed sòtt al caan dal cuntadèin: un bracciante è un grado sotto il cane del contadino. Un esempio della considerazione in cui era tenuto il bracciante.
La va da caan; va da cani, malissimo.
A gh è un frèdd da caan; c’è un freddo da cani, intenso.
Dàai a cal caan!: dai addosso sempre a quel cane. Il bersaglio della sventura o della persecuzione, a torto o a ragione, è sempre lo stesso.
L è un caan gròos; una persona importante.
L è un cagnàss; persona di cui si deve diffidare, negativamente molto capace e abile, anche grossolanamente, nel saltar fuori da difficili situazioni.
A s è visst di caan caghèer di viulèin e po’ vultèers indrée a sunèer i: si è visto anche dei cani cagare dei violini e poi pure voltarsi indietro a suonarli. Una bella frase surreale che si usa dalle nostre parti per indicare che possono sempre accadere delle cose le più strane e imprevedibili; oppure quando si vede qualcuno riuscire, contro ogni ragionevole previsione, in un’impresa che appariva impossibile. È quindi necessario, in una certa situazione incerta o delicata, stare preventivamente bene in guardia, ma anche dubitare che le cose si siano svolte correttamente.
Avèer un fièe da caan.  Avere un fiato puzzolente come un cane, soffrire di alitosi.
Mò tèeṡ tè, te nn èe gnaanch catèe un caan ch al t pissa ind la stanèela!: ma taci tu che non hai trovato neanche un cane di pisci sulla veste! Quando si discute con una ragazza nubile che non è ancora riuscita a trovare marito.
 
Tra le tante espressioni curiose c’è… ciapèer al tròot dal caan (prendere il trotto del cane), che significa pressappoco andarsene, allontanarsi più o meno alla chetichella. Senza dubbio il cane può correre, saltare, galoppare inseguendo la selvaggina, avventarsi ringhiando contro ladri e postini. Ma quando se ne va tranquillo per gli affari suoi, usando ogni tanto naso e vescica, possiamo dire proprio che procede trotterellando e il dialetto ha usato questa immagine paragonandola a un essere umano che decide improvvisamente di allontanarsi in modo sommesso.
Èsser un caan da paièer; essere un cane da pagliaio; si dice di persona capace solo a parole.
Un caan afamèe a n bèeda al bastunèedi. Un cane affamato non teme le bastonate; ciò quando non si può fare altro, si accettano anche cose negative.
Tutt i caan i scuàasen la còvva e tutt i caiòun i diiṡen la sùa: tutti i cani scuotono la coda e tutti i minchioni dicono la loro.
Per gniinta a n scuàasa la còvva gnaanch un caan. Per niente non scuote la coda nemmeno un cane.
Lè abituèe cóome un caan andèer a pèe. È abituato come un cane ad andare a piedi.
Luntàan dal cuul di mull, dal muuṡ di caan e da chi gh à sèmmper la curòuna in maan: è vivamente consigliato di stare lontano dal posteriore dei muli (scalciano), dal muso dei cani (mordono) e da chi tiene sempre la corona in mano (mentitori e bigotti), i cosiddetti biàasa curòuni.
   preti

Caan, s al va fòort! Accipicchia, quanto va forte!
Poi mi sembra anche riguardo ai cani, che in caso di martellata su un dito si usi invocare nelle nostre zone una strana parentela cun un ṡìo (con uno zio).
Ciapèer 'na cagnèeda. Prendere una rabbiosa sgridata.
A n gh éera gnaanch un caan; non c'era nessuno, nemmeno un cane.
Ch a crèppa l'avarissia! A magnòmm ’n óov in trii, la balòota al ragasóol e al cèer al dòmm al caan: che crepi l'avarizia! Mangiamo un uovo in tre, diamo il tuorlo al bambino e l'albume al cane.
Saampa d caan, còvva d riss, chi naas caiòun... màai più guarìss!
Zampa di cane, coda di riccio. Chi nasce stolto... mai più guarisce!
Faacia da cuul da caan da caasa, è più bèel al mè cuul che la tó faacia: faccia da culo (da cane da caccia, è più bello il mio culo che la tua faccia); espressione usata come moto scherzoso fra amici o per indicare una persona dal viso poco gradevole, che non ispira fiducia e simpatia
Descrizione: http://a5.sphotos.ak.fbcdn.net/hphotos-ak-snc7/s320x320/427578_324935210878947_100000874129271_938183_486247825_n.jpg

Al vóol baièer al pòost dal caan: vuole abbaiare al posto del cane. Si dice di persona che, spinta da eccessivo zelo e da incontrollabile presunzione che il suo operato sia sempre necessario, anche quando non richiesto o fuori luogo, si imbarazza perniciosamente di cose che non lo riguardano, col penoso risultato di provocare danni e si mettersi pure nei guai. Sono i contagiati dal virus incurabile del faso tuto mì! o del ghe pensi mì! A la lèerga!... dunque da costoro. Bisogna evitare queste persone con cura! E soprattutto mai imbarasèeres e assolvere compiti che spettano ad altri.

Còorp saan al pissa cóome un caan: un corpo sano piscia come un cane. Dunque tantissimo. Saggezza popolare.

Al pèer al caan d un sgnóor (cun l òos in bòcca): sembra il cane di un signore con un osso in bocca; questa frase è riferita a chi, non di grandi mezzi o stile, riesce a vestirsi "bene" per un’occasione, ma non avendo comunque, né finezza o distinzione, viene apostrofato crudelmente in questo modo. Si sbeffeggia dunque una persona che si crede elegante, ma non lo è, diventando persino ridicola.