Prima stesura 30-09-2015 v04 del 02-09-2015
Al caan
Il cane, l’amico dell’uomo
Frasi e modi di dire nel dialetto
di Mauro D’Orazi
Il cane, come è noto, è il miglior amico dell’uomo;
naturalmente anche il nostro dialetto possiede molto frasi e modi di dire
riferito a questo prezioso amico.
Come sempre nel dialetto troviamo tutte le sfumature e ironie possibili e non di rado persone di poco pregio vengono accomunate a questo animale.
Come sempre nel dialetto troviamo tutte le sfumature e ironie possibili e non di rado persone di poco pregio vengono accomunate a questo animale.
Drisèer al gaambi ai
caan. Raddrizzare le gambe ai cani, cioè tentare l’impossibile
e di conseguenza lavorare per nulla sprecando fatica.
La gh à dóo gaambi ch a gh paasa
un caan còn un bastòun (o un òos) in bòcca. Ha due gambe che in mezzo ci passerebbe un cane con
un bastone o un osso in bocca!
L è furtunèe cóome un
caan in céeṡa. - È fortunato come un
cane in chiesa. Naturalmente è riferito a persone perseguitate da grande
sfortuna, perché in chiesa i cani venivano subito scacciati con qualsiasi
mezzo, come se non fossero di Dio anche loro. Forse con l'unica eccezione, per
qualche speciale funzione, della giornata del 17 gennaio per Sant'Antonio
protettore delle bestie.
Èsser un caan. Essere un cane, cioè lavorar
male. La stessa espressione la si usa per chi canta stonato.
Avèer ‘na faam da caan da cuntadèin.
Avere una fame da
cane da contadino, cioè insaziabile.
Al camaràant l è un
grèed sòtt al caan dal cuntadèin: un bracciante è un grado sotto il cane del
contadino. Un esempio della considerazione in cui era tenuto il bracciante.
La va da
caan;
va da cani, malissimo.
A gh è un
frèdd da caan; c’è un freddo da cani, intenso.
Dàai a cal caan!: dai addosso
sempre a quel cane. Il bersaglio della sventura o della persecuzione, a torto o
a ragione, è sempre lo stesso.
L è un
caan gròos; una persona importante.
L è un
cagnàss;
persona di cui si deve diffidare, negativamente molto capace e abile, anche
grossolanamente, nel saltar fuori da difficili situazioni.
A s è visst di caan
caghèer di viulèin e po’ vultèers indrée a sunèer i: si è visto anche dei
cani cagare dei violini e poi pure voltarsi indietro a suonarli. Una bella
frase surreale che si usa dalle nostre parti per indicare che possono sempre
accadere delle cose le più strane e imprevedibili; oppure quando si vede
qualcuno riuscire, contro ogni ragionevole previsione, in un’impresa che
appariva impossibile. È quindi necessario, in una certa situazione incerta o
delicata, stare preventivamente bene in guardia, ma anche dubitare che le cose
si siano svolte correttamente.
Avèer un fièe da caan.
Avere un fiato puzzolente come un cane, soffrire di alitosi.
Mò tèeṡ tè, te nn èe
gnaanch catèe un caan ch al t pissa ind la stanèela!: ma taci tu che non
hai trovato neanche un cane di pisci sulla veste! Quando si discute con una
ragazza nubile che non è ancora riuscita a trovare marito.
Tra le tante espressioni curiose c’è… ciapèer al tròot dal caan (prendere il trotto del cane), che
significa pressappoco andarsene, allontanarsi più o meno alla chetichella.
Senza dubbio il cane può correre, saltare, galoppare inseguendo la selvaggina,
avventarsi ringhiando contro ladri e postini. Ma quando se ne va tranquillo per
gli affari suoi, usando ogni tanto naso e vescica, possiamo dire proprio che
procede trotterellando e il dialetto ha usato questa immagine paragonandola a un
essere umano che decide improvvisamente di allontanarsi in modo sommesso.
Èsser un caan da
paièer; essere un
cane da pagliaio; si dice di persona capace solo a parole.
Un caan afamèe a n bèeda
al bastunèedi. Un
cane affamato non teme le bastonate; ciò quando non si può fare altro, si
accettano anche cose negative.
Tutt i caan i scuàasen la còvva e
tutt i caiòun i diiṡen la sùa: tutti i cani scuotono la coda e tutti i minchioni
dicono la loro.
Per gniinta a n
scuàasa la còvva gnaanch un caan. Per niente non scuote la coda nemmeno un
cane.
Lè
abituèe cóome un caan andèer a pèe. È abituato come un cane ad andare a piedi.
Luntàan dal cuul di
mull, dal muuṡ di caan e da chi gh à sèmmper la curòuna in maan: è vivamente
consigliato di stare lontano dal posteriore dei muli (scalciano), dal muso dei
cani (mordono) e da chi tiene sempre la corona in mano (mentitori e bigotti), i
cosiddetti biàasa curòuni.
Caan, s
al va fòort! Accipicchia, quanto va forte!
Poi mi sembra anche riguardo ai cani, che in caso di
martellata su un dito si usi invocare nelle nostre zone una strana parentela cun un ṡìo (con uno zio).
Ciapèer 'na cagnèeda. Prendere una rabbiosa sgridata.
A n gh éera gnaanch un caan; non c'era nessuno, nemmeno un cane.
Ch a crèppa l'avarissia! A magnòmm ’n óov in trii, la balòota al ragasóol
e al cèer al dòmm al caan: che crepi l'avarizia!
Mangiamo un uovo in tre, diamo il tuorlo al bambino e l'albume al cane.
Saampa d caan, còvva
d riss, chi naas caiòun... màai più guarìss!
Zampa di cane, coda di riccio. Chi nasce stolto... mai più
guarisce!
Faacia da cuul da
caan da caasa, è più bèel al mè cuul che la tó faacia: faccia da culo (da
cane da caccia, è più bello il mio culo che la tua faccia); espressione usata
come moto scherzoso fra amici o per indicare una persona dal viso poco
gradevole, che non ispira fiducia e simpatia
Al vóol baièer al
pòost dal caan: vuole abbaiare al
posto del cane. Si dice di persona che, spinta da eccessivo zelo e da
incontrollabile presunzione che il suo operato sia sempre necessario, anche
quando non richiesto o fuori luogo, si imbarazza perniciosamente di cose che
non lo riguardano, col penoso risultato di provocare danni e si mettersi pure
nei guai. Sono i contagiati dal virus incurabile del faso tuto mì! o del
ghe pensi mì! A la lèerga!...
dunque da costoro. Bisogna evitare queste persone con cura! E soprattutto mai imbarasèeres e assolvere compiti
che spettano ad altri.
Còorp saan al pissa
cóome un caan: un corpo sano piscia come un cane. Dunque tantissimo. Saggezza
popolare.
Al pèer al caan d un
sgnóor (cun l òos in bòcca): sembra il cane di un signore con un osso in bocca; questa
frase è riferita a chi, non di grandi mezzi o stile, riesce a vestirsi
"bene" per un’occasione, ma non avendo comunque, né finezza o
distinzione, viene apostrofato crudelmente in questo modo. Si sbeffeggia dunque
una persona che si crede elegante, ma non lo è, diventando persino ridicola.
Bellissimi.. Molti sono andati persi
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