domenica 30 dicembre 2018

Ragasol - Bambino - in dialetto carpigiano - Mauro D'Orazi Carpi - Modena


Prima stesura 07-12-2018                                            v08 del 09-12-2018

Attorno alla parola “Ragasóol” in dialetto carpigiano

di Mauro D’Orazi
Mi è capitato spesso nei miei scritti e nelle mie ricerche di usare spesso la parola ragasóol (plurale ragasóo).
In dialetto carpigiano (ma non solo) significa, più che ragazzo, un bambino in età preadolescenziale. Si trova naturalmente anche al femminile… ragasóola (plurale ragasóoli).
La traduzione letterale in italiano sarebbe “ragazzuolo” (o “ragazzino”) un diminutivo con sfumature vezzeggiative. Al contrario in dialetto bisogna invece notare che ragasóol non è più un diminutivo, ma nome vero e proprio nella sua completezza e autonomia.
In dialetto si usa anche putèin (invariato al plurale), letteralmente “puttino”, che individua neonati e bambini molto piccoli. L’uso di questa parola può creare imbarazzo o ilarità nella sua comprensione in persone di lontane regioni italiane.
Quando al ragasóol o la ragasóola sono in crescita e già si intravedono le caratteristiche dell’adulto, il dialetto usa le graziose espressioni… L è già ’n umètt! L’ è già ‘na dunlèina!
Raggiunta e superata l’adolescenza verranno usati i termini di ṡuvnòot (ṡuvnòota) e ragàas (ragaasa).
La dolente esclamazione che si sente usare in famiglia con un sospiro: “Ooh! I mè ragàas!” Sta a significare che qualcuno, i figli in particolare, hanno espresso esigenze e pretese non possono essere realizzate, quasi sempre per motivi economici o di tempo.
Molto affettuoso e poi l’uso di ragasóo o di ragàas che si usa per gli amici di sempre, quando ci si incontra per qualche occasione: “Cum a stèe ragàas?  Come state cari amici? Oppure come dice qualche signora ottantenne: “Incó a i ò tòolt un cafè a la Tassa d’Oro cun al mè ragasóola!”  Oggi ho preso un caffè alla Tazza d’Oro (noto bar del centro di Carpi) con le mie amiche coetanee!
C’è poi al ragasóol èd butèega, ragazzo di bottega, cioè il garzone. Parola quest’ultima che se confrontata col francese “garçon”, cioè “ragazzo” ci riporta al tema di partenza.

Ecco alcuni modi di dire e frasi di uso comune:
I ragasóo i crèssen a la véelta a ca d chi èeter! I bambini crescono in fretta quando non li si ha sott’occhio (in casa degli altri).
I ragasóoi diien quèll ch i saan e i maagnen quèll ch i gh àan. I bambini sono semplici e genuini, dicono quello che sanno e mangiano quello che hanno.
A parìi di ragasóo dl aṡiilo! Sembrate dei bambini dell’asilo! Di fronte a polemiche futili.
Quàand al ragasóol al se stuffa d sighèer, al dòorem. Quando il bambino si stanca di piangere., dorme.
I ragasóo i s divertissen a fèer di bèech. I bambini si divertono a fare i becchi e le smorfie con la bocca.
Cla ragasóola lè l èd ’na bravitù, ch a n te diggh. Quella bambina è di una bravura, che io non ti dico.
I iin i ragasóo chi spòorchen la ca! Sono i bambini che sporcano la casa, cioè non riescono a mantenere segreti di famiglia. casa).
Ragasóo, a n fèe di mìa arlièer la nòona! Bambini non fate arrabbiare la nonna!
Al n l’à mìa spuèeda, mò al s è ciamèe al ragasóol. Non l’ha sposata, ma ha riconosciuto il figlio e gli ha dato il proprio cognome
L è un ughlèin da ragasóo! É un lavoro, una cosa… semplice.
Ch a crèppa l'avarissia! A magnòmm ’n óov in trii, la balòota al ragasóol e al cèer al dòmm al caan: che crepi l'avarizia! Mangiamo un uovo in tre, diamo il tuorlo al bambino e l'albume al cane.
Tóor un ragasóol in spaala o in grèmmbia. Prendere un bimbo in braccio o in grembo.
Mèttr in stecca un ragasóol. Antica pratica superata di immobilizzare con stecche ortopediche le gambe di un bimbo piccolo per cercare di contenere durante la crescita problemi alle articolazioni.
La moglie al marito: “Tóo tèegh al ragasóol e va indu t vóo!” Prendi con te il bambino e vai dove vuoi!
Mò Dio! Che bèel ragasóol! Ma che bel bambino! Quando lo si incontra con la madre.
L è un ragasóol staagn. É un bambino ben cresciuto con muscolatura soda e robusta.
L è un teòor èd ragasóol! È un tesoro di bambino!
L è un ragasóol viiv!  È un bambino sano e vivace!
Mò ch demòoni d ragasóol! Ma che ragazzino vivace e birichino!
L è uun ragasóol chersùu in fuuga. É un bambino cresciuto in fretta, alto, ma gracile.
I ragasóo d ’na vòolta i éeren più ṡgalvìi d quìi d incóo. I ragazzi di una volta erano più svelti di quelli di oggi.

Ultime note:
aggiungo che tutte le parole sopra ricordate hanno anche in dialetto un gran numero di diminutivi, accrescitivi e derivazioni; ecco alcuni esempi:ragasèin, ragasulèin, ragasèel, ragasètt, ragasulèet, ragasòot, ragas(t)òun, ragastàas;
ci sono poi dei sinonimi di ragasóol, che possono essere bagaiètt, monghèer, monèelo, ecc…

sabato 6 ottobre 2018

Animus iudicandi - Carpi Mauro D'Orazi - dialetto carpigiano


Da un po' tempo il mio lavoro è diventato quello di scrittore; ho pubblicato 11 libri (da solo e con altri) e centinaia di articoli e ricerche su tradizioni locali, dialetto e varia umanità- ECCO un raccontino breve che ho appena messo giù - spero lo gradiate
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"Animus iudicandi"
di Mauro D'Orazi 06-10-2018
La Scena - Bar Tazza d'Oro, un vetusto locale in centro a Carpi che da troppi anni attende di essere ristrutturato - ore 7:20 di una mattina qualunque negli ultimi tempi.
I Personaggi - tre o quattro clienti fissi, tra cui chi scrive e l'amico fraterno Flipètt, una primaria e schietta persona del popolo… artigiano con le mani d'oro, ormai in pensione; si aggiungono un paio di avventori occasionali, non stanziali e, obvius, il barista che è lì da 45 anni e si confonde, ormai indistinguibile, con gli arredi.
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Flipètt è comodamente seduto dietro un tavolino quadrato, nel classico posto del legionario, spalle al muro e porta ben visibile. Non si sa mai! Potrebbe entrare il nemico in qualsiasi momento!
Ha davanti un cappuccino e un sobrio panino con mortadella che gli danno un rassicurante saluto per la nuova giornata appena iniziata
Io gli sono di fianco stessa posizione.
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Flipètt prende uno dei giornali del bar, fresco fresco di edicola, e inizia a leggere e sfogliare con ampia e maestosa teatralità del movimento del braccio.
Infatti il momento è solenne: alle 7:25 per circa un quarto d'ora aprirà e terrà seduta il TRIBUNALE del POPOLO!
Flipètt legge ad alta voce qualche titolo significativo e riferisce con giusta cadenza le righe più pregnanti; dopo una breve, ma attenta disamina, comincia a emettere sentenze secche e inappellabili in un fiorito dialetto. Frasi che però qui di seguito riporto tradotte e mondate:
- "LADRI DI NOTTE RUBANO RAME DA I TETTI" Si sa già fin troppo bene chi sono; bisogna prenderli, menarli bene a modo e far scontare a loro 20 anni di lavori forzati!
- "UN NIGERIANO ARRESTATO PER SPACCIO DI DROGA NEI GIARDINI A MODENA" Si mette in galera e si butta via la chiave!
- "ASSALE UNA RAGAZZA DI NOTTE E TENTA DI VIOLENTARLA" Fosse per me lo castrerei!
- "UN PRETE DELL'ORATORIO ACCUSATO DI PEDOFILIA - UN RAGAZZO MOLESTATO PER ANNI" Bisognerebbe impiccarlo!
- "TERRORISTI ISLAMICI FANNO ESPLODERE UNA BOMBA IN UN MERCATO - DECINE DI MORTI" Vanno scannati uno a uno!
- "RAPINATORE NON RIVELA I NOMI DEI COMPLICI" Se me lo danno in mano a me… parla di sicuro e alla svelta!
- BENZINAIO DI CAMPAGNA SI DIFENDE DA UNA COPPIA DI MALVIVENTI, SPARA NE UCCIDE UNO E FERISCE IL SECONDO" Doveva accopparli tutti e due e seppellirli nella massa!
- Ecc… via di seguito"
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La seduta del Tribunale del Popolo dura circa un quarto d'ora: vengono inflitte decine di condanne a morte, secoli di galera, un po' di torture (ma senza eccessi…nel senso di sberle, sberloni con l'elenco telefonico bagnato, ecc…), nei momenti più gagliardi si invoca pure il lancio di qualche bomba H su specifiche zone o di ardere vive col lanciafiamme intere etnie.
I clienti presenti annuiscono, mandando giù l'ultimo goccio di cappuccino e con la mente già rivolta ai problemi della giornata pagano la consumazione e salutano.
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Bene! Perché questo aneddoto? Ma perché quando si giudica nella teoria, con frasi scontate, per fare i fenomeni… è fin troppo facile sentenziare e massacrare. Tutt'altra faccenda è quando si è invece responsabili di importanti atti da prendere su fondamentali aspetti della vita di una persona, anche se di malvagi costumi.
Circa il nostro giudice popolare, il "sanguinario" Flipètt, abbiamo poi imparato, in una mattina di intime confidenze fra amici presso la vicina tabaccheria del noto Giannino, che in casa sua tempo addietro, aveva catturato in gabbia, non senza sforzo e astuzia, un malefico topolino. La ferocia sanguinaria del nostro era stata tale che, non avendo il coraggio di ucciderlo, aveva caricato la gabbia in auto e aveva liberato la bestiola in campagna.
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Come vedete una cosa è muoversi in teoria nei propri pensieri e con invettive, sangue e vendette, ma cosa completamente diversa è agire in concreto sulla vita di un essere vivente, di una persona.
In passato mi è capitato due volte di essere chiamato a far parte di commissioni di disciplina non della mia città e di essere arrivati a proporre al Sindaco di quel tal Comune di licenziare quelle tal persone, che si erano comportate in modo disdicevole e sbagliato. Proposta molto gravi che avrebbero influito sulla VITA VERA di quell'uomo e di quella donna, sulla loro esistenza, sui suoi figli.
Devo dire che non è stato facile e ce la mettemmo tutta per capire fatti e responsabilità. Nonostante il disagio interiore che provavo, la mia parte di decisione, entrambe le volte, fu amarissima di condanna.
Questi miei pareri di condanna furono espressi non tanto per punire quei particolari singoli sciagurati, quanto per fare e rimarcare la differenza con le tante persone che invece nella vita quotidiana e sociale si erano comportate bene.
Una specie di inversione di intenti, non una semplice vendetta, ma un'intenzione che soddisfa molto di più la mia coscienza; in tal modo mi è sembrato di poter portare rispetto alla comunità, a coloro che abitualmente agiscono da buoni cittadini.

mercoledì 19 settembre 2018

L'useel - L'uccello - di Mauro D'Orazi dialetto carpigiano - Carpi


Prima versione 18-09-2018                                                     v04 del 19-09-2018
di Mauro D’Orazi

L Uṡèel - L'Uccello

La parola uṡéel in dialetto significa naturalmente uccello e al plurale fa uṡèe; ci sono poi tutta una serie di variazioni: uslèein, uccellino, di solito un passero o un canarino; uṡlàas, uccellaccio, cornacchie e corvi; uṡlòun, un grosso volatile sul tipo della cicogna.
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Il dialetto usa poi dei peculiari modi dire che non trovano precisi riscontri in italiano, ma definiscono efficacemente alcuni tipi di persone.
L è un faat uṡèel! L è bèel uṡèel! Queste frasi, talora dette anche con simpatica ironia, stanno a indicare persone un po’ strane, bizzarre, imprevedibili come il volo e la posa degli uccelli.
In una categoria ulteriore abbiamo al brutt uṡèel nel suo duplice significato:
1) si vuole indicare una persona pericolosa, losca e inaffidabile;
2) si tratta di un uomo o di un ragazzo con accentuato fascino, che ha grande successo con le donne, senza cercare rapporti duraturi; insomma uno sciupa femmine, uno spezza cuori senza pietà.
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Altri modi di dire
L uèel in gaabia al caanta pèr amóor o pèr raabia; l’uccello in gabbia
canta per amore o per rabbia.
Al pèer ‘u uèel in gaabia. Frase riferita a persona agitata che non trova pace.
Avéer i ulèin ind i dii, avere gli uccellini nelle dita, cioè avere le dita intirizzite.
Guèerda l ulèin! Guarda l’uccellino! Si dice ai bambini per costringerli ad alzare il capo nel caso sia andato loro di traverso del cibo e far loro cessare la tosse, sblocca ciò che era stato male ingerito.
T è m pèer l ulèin dal frèdd! Mi sembri l’uccellino del freddo, cioè uno scricciolo intirizzito, che d’inverno si avvicina alle case per cercare un po’ di tepore.
T ii ‘n ulàas dal melaugurri!  Te pòort caaia sóol a guarderèet! Sei un uccellaccio del malaugurio! Porti sfortuna solo a guardati!
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Passiamo ai significati sessuali.
Ecco un ricco corredo di frasi. In questo caso, come in alcuni altri, è inevitabile invadere il settore licenzioso. Riteniamo di doverlo fare senza alcun compiacimento pruriginoso, perché, giova ripeterlo, si tratta di un settore importante della nostra, come di ogni altra lingua.
D’altra parte chi segue le mie ricerche sa che il mio primo libro La Ruscaróola èd Chèerp N 1 (rossa) tratta solo dal ciacarèer mèel.

Uèel è una delle innumerevoli parole indicare il sesso maschile.
Con questo significato è usato in modo intenso nei bar, nelle osterie, nei circoli, in piazza, fra amici.
Ci sono anche divertenti, ostinate e volgari prese in giro in rima:
“EEEh?? Éet ditt quèel?”
“Sé! Beṡèmm mò l uèel!”
Se uno gira per strada con la patta aperta per dimenticanza, può sentirsi dire: “Sèera cla fèssa (o la butèega) ch a vóola via l ulèin!”  Chiuditi i pantaloni che ti vola via l’uccellino!
Gaabia avèerta, uèel mòort!  Gabbia aperta, uccello morto! Detto umoristico con il quale si intende avvisare uno, che si è dimenticata la patta dei calzoni aperta.
Uṡèel èd brèega: uccello di braga. È un volatile un po’ particolare che non vola. La frase nasce dopo “Uccelli di rovo”, una melensa miniserie televisiva del 1983, dove un giovane e ambizioso prete irlandese diventa cardinale pur se poco rispettoso del voto di castità (un melnètt!).
A gh pièeṡ più l uṡèel duur che al furmàai tènnder: preferisce l'uccello duro al formaggio tenero; è un'espressione gergale usata per sbeffeggiare le donne che si ritengono bramose di sesso. Spesso il modo di dire viene usato anche in modo scherzoso senza riferi­menti maliziosi. Esiste in uso anche la versione che dice: A gh pièeṡ più l uṡèel che al paan. Gradisce più l’uccello che il pane.
Di donna troppo loquace, verbosa, parolaia o logorroica si potrà dire: La gh la chèeva d ciacarèer aanch cun l uṡèel in bòcca.  Riesce a parlare anche con un uccello in bocca. Non è dato sapere se il volatile possa essere un merlo, un canarino, un colombo, un passero, ecc...
Uṡèel da cuursa: uccello da corsa; espressione usata, per vantarsi, da parte di alcuni uomini, quando ritengono le proprie prestazioni sessuali motivo di orgoglio e fierezza.
Il cacciatore deluso: “L ùnich uṡèel mòort ch a iò visst l è stèe al mìo, quaand a iò pisèe!” L’unico uccello morto che ho visto è stato il mio, quando ho pisciato.
Vecchia malinconica battuta di un anziano cacciatore che, ritornando col carniere vuoto, confessa di non aver visto nell'intera mattinata un batter d'ali.

Molto simpatico e dal doppio malizioso significato era il grido di un venditore ambulante che frequentava le strade Carpi fino agli ‘50/60. Per richiamare le donne utilizzava queste parole a molteplice interpretazione:
 Uèel! Dònni uèel! Uèel! Dònni uèel … al bòun savòun! Marca Sole! Il buon sapone. L’invito giocava sulla piena e divertente assonanza nei dialetti delle nostre zone della parola uèel, che significa sia “uccello” che “usatelo”.
Lascio al lettore divertirsi con le varie interpretazioni… tutte valide.

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Appendice meteo. In Piazza… Tempo certo, anzi… certissimo, ma forse no!

La colombina (che poi è un falco della torre dell’orologio del castello ci prende in giro. Namis (Ondino – Nando Miselli) artista, pittore e poeta carpigiano (è il geniale autore di “Citrò!”) ha disegnato la seguente previsione che non lascia scampo.
Un’altra versione più decisiva… e l uṡèel al chèega in Castèel, a viin bèel, se l uṡèel al chèega in Piàasa a n in viin ’na navaasa….
***

Contributi da Bologna
Renzo Bovoli 
▄1
Uśèl. (Uccello, Pene)
• Capèla dl uśèl (Glande);
• Dèr la curamèla al uśèl (Avere rapporti sessuali);
• Èt vésst duv l à fât al nîd un uśèl? (Commento alla vista di una donna incinta);
• Pèl dl uśèl (Prepuzio);
• Un uśèl chal pèr un faturén da barbîr (Pene di grandi dimensioni);
• Uśèl bragarôl (Pene);
• Uśèl dla mèla nôva (Uccello del malaugurio);
• Uśèl marén (Tipo strambo);
• Uśèl môrt (Pene inerte);
• Uśèl śguéggn (Pene floscio);
• Uśèl asrè (Uccello in gabbia);
• Dòna bôna, uśèl rèr (Dnna buona, uccello raro);
• Méi uśèl d canpâgna che d ghèbia (Meglio liberi che in schiavitù);
• Ògni uśèl vôl bän al sô nîd (La propria casa è sempre la preferita)

▄2
Uśèl. (Uccello)
Ecco un altro vocabolo dotato di un ricco corredo fraseologico. Purtroppo in questo caso, come in alcuni altri, è inevitabile invadere il settore licenzioso. Riteniamo di doverlo fare senza alcun compiacimento pruriginoso, perché -gioverà ripeterlo? Si tratta di un settore importante della nostra, come di ogni altra lingua.
Come tutti sanno, oltre al normale volatile, l’altro significato nel linguaggio popolare è Pene. Abbiamo allora espressioni scherzose come “Dèr la curamèla al uśèl” (Affilare l’uccello, cioè Avere rapporti sessuali), la variante “Uśèl bragarôl” (Uccello bragaiolo), “Pèl e capèla dl uśèl” (Prepuzio e glande), “Uśèl môrt” (Uccello morto, cioè Pene inerte), e “Uśèl dûr” (Peme eretto). A questi modi diffusi e consolidati, possono essere aggiugnte frasi spiritose come il commento che si pronuncia alla vista di una donna incinta: “Èt vésst duv l à fât al nîd un uśèl?” (Hai visto dove ha fatto il nido un uccello?). Invece per indicare un Pene di grandi dimensioni, è molto usata l’immagine iperbolica “Un uśèl ch’al pèr un faturén da barbîr” (Un uccello che sembra un garzone da barbiere).
Con minore imbarazzo, esaminiamo adesso il settore più verecondo.
Per i bolognesi, il classico Uccello del malaugurio diventa “L uśèl dla mèla nôva” (Uccello della brutta notizia) e fra i tanti modi per definire un Tipo strambo c’è “L é un uśèl marén” (É un uccello marino). Chissà poi perché un uccello di mare dovrebbe essere più stravagante rispetto ad uno di terra: misteri dell’ornitologia.
Per i proverbi, meglio rimanere nel settore castigato col giudizioso “Méi uśèl d canpâgna che d ghèbia” (Meglio uccello di campagna che di gabbia, cioè Meglio liberi che in schiavitù) e con “Ògni uśèl vôl bän al sô nîd” (Ogni uccello ama il suo nido, cioè La propria casa è sempre la preferita). Anche qui il doppio senso fa capolino, ma consigliamo di non farci caso.
(“Bacajèr a bulåggna”, pag.197, di Luigi Lepri)


Uśèl bragarôl. (Uccello da mutandine)
Ovviamente non esiste, in ornitologia, un uccello con questo nome, ma questa definizione ricorre molto spesso nelle sguaiate facezie sulla caccia e sui cacciatori.
(Con cla véssta ch’al s artrôva, Nanndo al pôl andèr a câzia fén ch’al vôl, mo s’al vôl magnèr quèl ai tucarà d arustîr un uśèl bragarôl)


Uśèl dal Sénndic. (Uccello del Sindaco)
Il fittone goliardico che sbarrava l’ingresso di via delle Spaderie da via Rizzoli, del quale si parla a lungo, con foto, aneddoti e dati, in diversi libri relativi alla nostra città.


Uśèl ed gåmma. (Uccello di gomma)
Membro virile artificiale per gli sfoghi solitari femminili o per gli accoppiamenti lesbici. Lo si chiama all’indiana “Lingam” oppure “Godemiché” (derivato dal francese, e ancor prima dal latino gaude mihi=fammi godere), ed è strumento lussurioso antichissimo, noto come “Penis coriaceus”. Ai suoi tempi se ne faceva uso anche nelle case di tolleranza, soprattutto per scenette ad uso di spettatori in cerca di sconce sollecitazioni; oggi si vedono in vetrina nelle porno-shops, accanto alle applicazioni elettrificate dette “Vibratori”.


Uśèl môrt. (Uccello morto)
Membro maschile inerte, per riposo o impotenza. Lazzo comune fra cacciatori è: “L ónnic uśèl môrt ch’ai ò vésst incû, l é stè al mî quand ch’a pisèva!” (L’unico uccello morto che ho v