mercoledì 19 settembre 2018

L'useel - L'uccello - di Mauro D'Orazi dialetto carpigiano - Carpi


Prima versione 18-09-2018                                                     v04 del 19-09-2018
di Mauro D’Orazi

L Uṡèel - L'Uccello

La parola uṡéel in dialetto significa naturalmente uccello e al plurale fa uṡèe; ci sono poi tutta una serie di variazioni: uslèein, uccellino, di solito un passero o un canarino; uṡlàas, uccellaccio, cornacchie e corvi; uṡlòun, un grosso volatile sul tipo della cicogna.
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Il dialetto usa poi dei peculiari modi dire che non trovano precisi riscontri in italiano, ma definiscono efficacemente alcuni tipi di persone.
L è un faat uṡèel! L è bèel uṡèel! Queste frasi, talora dette anche con simpatica ironia, stanno a indicare persone un po’ strane, bizzarre, imprevedibili come il volo e la posa degli uccelli.
In una categoria ulteriore abbiamo al brutt uṡèel nel suo duplice significato:
1) si vuole indicare una persona pericolosa, losca e inaffidabile;
2) si tratta di un uomo o di un ragazzo con accentuato fascino, che ha grande successo con le donne, senza cercare rapporti duraturi; insomma uno sciupa femmine, uno spezza cuori senza pietà.
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Altri modi di dire
L uèel in gaabia al caanta pèr amóor o pèr raabia; l’uccello in gabbia
canta per amore o per rabbia.
Al pèer ‘u uèel in gaabia. Frase riferita a persona agitata che non trova pace.
Avéer i ulèin ind i dii, avere gli uccellini nelle dita, cioè avere le dita intirizzite.
Guèerda l ulèin! Guarda l’uccellino! Si dice ai bambini per costringerli ad alzare il capo nel caso sia andato loro di traverso del cibo e far loro cessare la tosse, sblocca ciò che era stato male ingerito.
T è m pèer l ulèin dal frèdd! Mi sembri l’uccellino del freddo, cioè uno scricciolo intirizzito, che d’inverno si avvicina alle case per cercare un po’ di tepore.
T ii ‘n ulàas dal melaugurri!  Te pòort caaia sóol a guarderèet! Sei un uccellaccio del malaugurio! Porti sfortuna solo a guardati!
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Passiamo ai significati sessuali.
Ecco un ricco corredo di frasi. In questo caso, come in alcuni altri, è inevitabile invadere il settore licenzioso. Riteniamo di doverlo fare senza alcun compiacimento pruriginoso, perché, giova ripeterlo, si tratta di un settore importante della nostra, come di ogni altra lingua.
D’altra parte chi segue le mie ricerche sa che il mio primo libro La Ruscaróola èd Chèerp N 1 (rossa) tratta solo dal ciacarèer mèel.

Uèel è una delle innumerevoli parole indicare il sesso maschile.
Con questo significato è usato in modo intenso nei bar, nelle osterie, nei circoli, in piazza, fra amici.
Ci sono anche divertenti, ostinate e volgari prese in giro in rima:
“EEEh?? Éet ditt quèel?”
“Sé! Beṡèmm mò l uèel!”
Se uno gira per strada con la patta aperta per dimenticanza, può sentirsi dire: “Sèera cla fèssa (o la butèega) ch a vóola via l ulèin!”  Chiuditi i pantaloni che ti vola via l’uccellino!
Gaabia avèerta, uèel mòort!  Gabbia aperta, uccello morto! Detto umoristico con il quale si intende avvisare uno, che si è dimenticata la patta dei calzoni aperta.
Uṡèel èd brèega: uccello di braga. È un volatile un po’ particolare che non vola. La frase nasce dopo “Uccelli di rovo”, una melensa miniserie televisiva del 1983, dove un giovane e ambizioso prete irlandese diventa cardinale pur se poco rispettoso del voto di castità (un melnètt!).
A gh pièeṡ più l uṡèel duur che al furmàai tènnder: preferisce l'uccello duro al formaggio tenero; è un'espressione gergale usata per sbeffeggiare le donne che si ritengono bramose di sesso. Spesso il modo di dire viene usato anche in modo scherzoso senza riferi­menti maliziosi. Esiste in uso anche la versione che dice: A gh pièeṡ più l uṡèel che al paan. Gradisce più l’uccello che il pane.
Di donna troppo loquace, verbosa, parolaia o logorroica si potrà dire: La gh la chèeva d ciacarèer aanch cun l uṡèel in bòcca.  Riesce a parlare anche con un uccello in bocca. Non è dato sapere se il volatile possa essere un merlo, un canarino, un colombo, un passero, ecc...
Uṡèel da cuursa: uccello da corsa; espressione usata, per vantarsi, da parte di alcuni uomini, quando ritengono le proprie prestazioni sessuali motivo di orgoglio e fierezza.
Il cacciatore deluso: “L ùnich uṡèel mòort ch a iò visst l è stèe al mìo, quaand a iò pisèe!” L’unico uccello morto che ho visto è stato il mio, quando ho pisciato.
Vecchia malinconica battuta di un anziano cacciatore che, ritornando col carniere vuoto, confessa di non aver visto nell'intera mattinata un batter d'ali.

Molto simpatico e dal doppio malizioso significato era il grido di un venditore ambulante che frequentava le strade Carpi fino agli ‘50/60. Per richiamare le donne utilizzava queste parole a molteplice interpretazione:
 Uèel! Dònni uèel! Uèel! Dònni uèel … al bòun savòun! Marca Sole! Il buon sapone. L’invito giocava sulla piena e divertente assonanza nei dialetti delle nostre zone della parola uèel, che significa sia “uccello” che “usatelo”.
Lascio al lettore divertirsi con le varie interpretazioni… tutte valide.

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Appendice meteo. In Piazza… Tempo certo, anzi… certissimo, ma forse no!

La colombina (che poi è un falco della torre dell’orologio del castello ci prende in giro. Namis (Ondino – Nando Miselli) artista, pittore e poeta carpigiano (è il geniale autore di “Citrò!”) ha disegnato la seguente previsione che non lascia scampo.
Un’altra versione più decisiva… e l uṡèel al chèega in Castèel, a viin bèel, se l uṡèel al chèega in Piàasa a n in viin ’na navaasa….
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Contributi da Bologna
Renzo Bovoli 
▄1
Uśèl. (Uccello, Pene)
• Capèla dl uśèl (Glande);
• Dèr la curamèla al uśèl (Avere rapporti sessuali);
• Èt vésst duv l à fât al nîd un uśèl? (Commento alla vista di una donna incinta);
• Pèl dl uśèl (Prepuzio);
• Un uśèl chal pèr un faturén da barbîr (Pene di grandi dimensioni);
• Uśèl bragarôl (Pene);
• Uśèl dla mèla nôva (Uccello del malaugurio);
• Uśèl marén (Tipo strambo);
• Uśèl môrt (Pene inerte);
• Uśèl śguéggn (Pene floscio);
• Uśèl asrè (Uccello in gabbia);
• Dòna bôna, uśèl rèr (Dnna buona, uccello raro);
• Méi uśèl d canpâgna che d ghèbia (Meglio liberi che in schiavitù);
• Ògni uśèl vôl bän al sô nîd (La propria casa è sempre la preferita)

▄2
Uśèl. (Uccello)
Ecco un altro vocabolo dotato di un ricco corredo fraseologico. Purtroppo in questo caso, come in alcuni altri, è inevitabile invadere il settore licenzioso. Riteniamo di doverlo fare senza alcun compiacimento pruriginoso, perché -gioverà ripeterlo? Si tratta di un settore importante della nostra, come di ogni altra lingua.
Come tutti sanno, oltre al normale volatile, l’altro significato nel linguaggio popolare è Pene. Abbiamo allora espressioni scherzose come “Dèr la curamèla al uśèl” (Affilare l’uccello, cioè Avere rapporti sessuali), la variante “Uśèl bragarôl” (Uccello bragaiolo), “Pèl e capèla dl uśèl” (Prepuzio e glande), “Uśèl môrt” (Uccello morto, cioè Pene inerte), e “Uśèl dûr” (Peme eretto). A questi modi diffusi e consolidati, possono essere aggiugnte frasi spiritose come il commento che si pronuncia alla vista di una donna incinta: “Èt vésst duv l à fât al nîd un uśèl?” (Hai visto dove ha fatto il nido un uccello?). Invece per indicare un Pene di grandi dimensioni, è molto usata l’immagine iperbolica “Un uśèl ch’al pèr un faturén da barbîr” (Un uccello che sembra un garzone da barbiere).
Con minore imbarazzo, esaminiamo adesso il settore più verecondo.
Per i bolognesi, il classico Uccello del malaugurio diventa “L uśèl dla mèla nôva” (Uccello della brutta notizia) e fra i tanti modi per definire un Tipo strambo c’è “L é un uśèl marén” (É un uccello marino). Chissà poi perché un uccello di mare dovrebbe essere più stravagante rispetto ad uno di terra: misteri dell’ornitologia.
Per i proverbi, meglio rimanere nel settore castigato col giudizioso “Méi uśèl d canpâgna che d ghèbia” (Meglio uccello di campagna che di gabbia, cioè Meglio liberi che in schiavitù) e con “Ògni uśèl vôl bän al sô nîd” (Ogni uccello ama il suo nido, cioè La propria casa è sempre la preferita). Anche qui il doppio senso fa capolino, ma consigliamo di non farci caso.
(“Bacajèr a bulåggna”, pag.197, di Luigi Lepri)


Uśèl bragarôl. (Uccello da mutandine)
Ovviamente non esiste, in ornitologia, un uccello con questo nome, ma questa definizione ricorre molto spesso nelle sguaiate facezie sulla caccia e sui cacciatori.
(Con cla véssta ch’al s artrôva, Nanndo al pôl andèr a câzia fén ch’al vôl, mo s’al vôl magnèr quèl ai tucarà d arustîr un uśèl bragarôl)


Uśèl dal Sénndic. (Uccello del Sindaco)
Il fittone goliardico che sbarrava l’ingresso di via delle Spaderie da via Rizzoli, del quale si parla a lungo, con foto, aneddoti e dati, in diversi libri relativi alla nostra città.


Uśèl ed gåmma. (Uccello di gomma)
Membro virile artificiale per gli sfoghi solitari femminili o per gli accoppiamenti lesbici. Lo si chiama all’indiana “Lingam” oppure “Godemiché” (derivato dal francese, e ancor prima dal latino gaude mihi=fammi godere), ed è strumento lussurioso antichissimo, noto come “Penis coriaceus”. Ai suoi tempi se ne faceva uso anche nelle case di tolleranza, soprattutto per scenette ad uso di spettatori in cerca di sconce sollecitazioni; oggi si vedono in vetrina nelle porno-shops, accanto alle applicazioni elettrificate dette “Vibratori”.


Uśèl môrt. (Uccello morto)
Membro maschile inerte, per riposo o impotenza. Lazzo comune fra cacciatori è: “L ónnic uśèl môrt ch’ai ò vésst incû, l é stè al mî quand ch’a pisèva!” (L’unico uccello morto che ho v

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