Un pòo èd Cagnóola
di Mauro D’Orazi e
Florio Magnanini
prima stesura 11-4-2013 V 10
del 13-05-2013
La Cagnóola è un quartiere di Carpi
sorto fuori dalle vecchie mura, sul lato sinistro dell’aera ospedaliera, in
angolo con Via Molinari, già via S. Giacomo.
Un luogo pieno di vitalità e umanità;
oggi la strada ha il nome di Via Sergio Manicardi.
**=M=**
óe: Lisetta Lugli, Maura Meschiari, Uliano X, Nara Righi,
Cinzio
Gasparini, Adorno Oste con gioco Bocce della Cagnola, Ernesto Bellanti, Lea
Righi, la bimba Odette, Ferruccio Righi, Clara Vincenzi, Elvia X, Marino
Ugolini, Ennio Ugolini, Antonietta Bellanti, Ivanoe Belmondi, Manon Lugli,
Florindo Galloni, Orianna Righi, Giuseppe Vignoli, Nando Lugli, Leda Beltrami, Alfio
Belmondi (padre di Glauco), Giorgio Saltini (gioielleria),
ecc …
L'autore dell'immagine potrebbe essere Tonino Gasparini, appartenente alla nota schiatta di fotografi che risiedeva proprio nella contrada.
L'autore dell'immagine potrebbe essere Tonino Gasparini, appartenente alla nota schiatta di fotografi che risiedeva proprio nella contrada.
Florio Magnanini,
direttore di VOCE di Carpi, così commenta la foto sul numero dell’11 aprile
2013 del suo settimanale:
Questa
foto costituisce un documento eccezionale. Ritrae un folto gruppo di carpigiani
in quella particolare contrada, che dopo la guerra è stata intitolate al
partigiano Sergio Manicardi, ma che nella memoria cittadina resta sempre come ó. Una denominazione
piuttosto oscura che evoca località lombarde od onomatopèe con il latrare dei
cani.
Fatto
sta che si tratta di una delle rarissime foto scattate a Carpi in tempo di
guerra e in particolare nel periodo dell’estate del 1943, che andava dalla
caduta del regime fascista del 25 luglio, con la grande illusione che la guerra
stesse per finire, all’armistizio dell’8 settembre.
Un
breve lasso che aprì la grande illusione che la guerra stesse per finire.
L’illusione svanirà ben presto e l’occupazione tedesca porterà a Carpi altri due anni di lutti, dolore e fame.
L’illusione svanirà ben presto e l’occupazione tedesca porterà a Carpi altri due anni di lutti, dolore e fame.
In quel
momento tuttavia nessuno poteva prevederlo e i volti sono tutti sorridenti,
radiosi e come in attesa di un futuro finalmente di pace, anche se la minaccia
dei bombardamenti anglo americani continuava.
Ed era
proprio per realizzare un rifugio, che li potesse mettere al riparo dalle bombe
che la popolazione, che la contrada si era messa tutta quanto al lavoro …
uomini, donne e bambini. Era stato scelto un tratto della vicina via S. Giacomo
che allora non era ancora edificata, così come si può notare dai tralci e dalle
alberature alle spalle del gruppo.
L’atmosfera
è lieta, tutti sorridono davanti all’obiettivo di Tonino Gasparini, fotografo
che abitava proprio lì; suo fratello Cinzio compare fra gli altri, accanto
all’uomo con la vanga triangolare.
Erano tempi
di sofferenza e di speranza, ma il senso della comunità che traspare dalla foto,
è unico e resterà a lungo a connotare quìi ó
1948
Segantini in Via S. Manicardi (ó) - Faglioni e
altri amici
1939 Trecciaiole
della Cagnóola. Rustichelli Bassoli Alma, Lugli Enrichetta in mezzo e la
Belmondi. Davanti all'abitazione dei Belmondi in via Sergio Manicardi.
**=M=**
Renato
Corsi (attore
dialettale carpigiano) ci regala questi racconti di gioventù passata:
La Ca dla bòocia negli
anni ‘20
Negli anni ’50 anche l’inverno per me era
un periodo bellissimo di giochi e di avventure.
Allora venivano delle nevicate nemmeno
paragonabili a quelle oggi, che sembrano delle spolveratine di zucchero a velo
sulle brioche.
Ecco oggi in via Molinari
(già via San Giacomo) la Ca dla bòocia. Èd sicùur lè dèinter a gh e
stèeva soquàant quintée d ragasóo ... sèmmper in guèera cun quìi dla Cagnóola.
Noi ragazzi della Cagnóola (oggi la zona di
via Manicardi) eravamo sempre in lite con i ragazzi dla Ca dla bòocia,
distante poche centinaia di metri, andando verso il centro di Carpi.
La cosiddetta Casa della Boccia, in via
Molinari / San Giacomo, si trova subito di fianco al Molino Verrini; deve la
sua denominazione denominata al fatto di avere, anche oggi, sul vertice del
tetto a quattro acque una pigna ben augurante in cemento.
Dopo una bella nevicata noi ragazzi della
Cagnóola,
che in tono emulatorio ci eravamo chiamati niente meno che i ragazzi
della via Paal, costruivamo con tutta l’energia e la fantasia possibili, una
specie di fortino con la neve caduta.
Facevamo rotolare la neve su se stessa in
modo da ottenere una specie di cilindroni con i quali via via costruivamo un
muro. Esso era dotato anche di appositi spioncini per controllare il nemico ed
evitare di essere colpiti dal ṡbalèedi (i tiri con le palle di
neve) avversarie.
Lo scambio di proiettili era fitto e
costante, solo che noi rendevamo più potenti le nostre palle, mettendo al loro
interno un sasso.
Qualcuno si faceva anche male, ma non era
niente di grave.
Devo dire che è stato un periodo
bellissimo e indimenticabile della mia vita.
**=M=**
Anni ’20 due interessanti foto di
Don Ettore Tirelli di via S. Giacomo (oggi via Molinari), e la ca èd la bòocia
Mia sovrapposizione arbitraria
della due foto precedenti per avere una visione di orizzonte più ampia
**=M=**
Sempre su VOCE di Carpi troviamo altre interessanti
testimonianze a cura di Florio Magnanini.
Cagnóola è per sempre (Voce 24 giugno 2004)
Raduno dei tanti ex che abitavano il questa contrada negli anni
Cinquanta.
Fra tutti noi, qui, saranno al massimo
due o tre che stanno ancora alla Cagnóola. Ma non importa, perché la Cagnóola è una
cosa che rimane dentro, ovunque si sia andati a finire. La frase di Gianni
Gualdi non poteva riassumere meglio il senso dell'avere oggi fra i cinquanta e
i sessant'anni, avendone trascorsi chi molti e chi pochi (qualcuno, anche
tutti) nella via che si chiama Sergio Manicardi - parte vecchia -, ma che i
Carpigiani doc conoscono ancora come Cagnóola. L'occasione per un
ritrovarsi fra attuali e soprattutto ex della strada l'ha fornita una cena
all'Oste organizzata da Gloria Pantaleoni, senza il cui prezioso lavoro di
ricerca di nomi e numeri telefonici il raduno non sarebbe mai stato possibile.
Ed è stato un ritrovarsi fra gente che,
pur cambiata dagli anni, dopo le prime difficoltà a collegare i volti ai nomi e
cognomi e a riconnettere percorsi familiari, legami di parentela e trame
anagrafiche, alla fine si è pur riconosciuta. Finendo per riscoprire, in quelli
degli altri, i propri ricordi e frammenti di infanzie e adolescenze vissute fra
gli anni Quaranta e Cinquanta nella contrada più contrada di tutte, a Carpi.
Perché Cagnóola - strana
onomatopea, evocante baccano di quadrupedi che non caratterizzava di certo
questa, più di tante altre aree cittadine - era all'epoca sinonimo di coralità
stradaiola, dove ci si parlava da una finestra all'altra, dove si faceva filosso sulle porte e nei cortili, dove
si giocava, si festeggiava, si viveva sulla pubblica via. Tutti insieme, come
in una via del centro, anche se centro non era, la Cagnóola. Quando
ancora la circondavano i campi, sembrava piuttosto un frammento di città caduto
lì, fuori le mura, con le case che si fronteggiavano allineate, ma senza portico.
E chiuse da una siepe, abbattuta all'alba di un giorno del 1954 in cui cominciò la
grande urbanizzazione imperniata sulla via Berengario. Dopo di che la Cagnóola
cominciò a non esser più la
Cagnóola, evolvendo poco a poco verso la strada di
passaggio, da vicolo chiuso che era.
Sullo sfondo, oltre il parco, oltre la
via Tre Febbraio percorsa notte e giorno dai pesanti automezzi in transito tra
Mantova e Modena, c'era la Carpi
uscita esausta dalla guerra; le mille avventure imprenditoriali che incominciavano
allora, finendo alcune bene, altre male; la città che premeva da quel lato per
allargarsi e trovare nuovi spazi proprio verso ovest, quasi una frontiera.
Erano una trentina, gli ex della Cagnóola,
riuniti per dar corso ai ricordi. Fra loro Renato Corsi e Roberto Righi, Teresa
Vignoli e Domenico Sberviglieri, Ombretta Lamma e Gianfranco Mescoli, Lia
Gualdi e Meris Guberti. E poi Alberto e Gianna Gasparini, Meris Gualdi, Vanna
Camellini, Gianni Leporati, Pino Martinelli, gli Sgarbi, i Carretti e altri.
La Cagnóola di ieri e la Cagnóola di
sempre, appunto.
**=M=**
La
Cagnóola al gran completo (Voce 21 ottobre 2004)
Dopo l'assaggio del giugno scorso, in cento sono intervenuti al
raduno.
Questa volta c'erano tutte le generazioni dei residenti nella
storica contrada. La corsa a riconoscersi
Dopo la rimpatriata di pochi del giugno scorso, il grande raduno
del 14 ottobre 2004. È andata così per il piccolo mondo della Cagnóola
- la parte di via Sergio Manicardi edificata a filo strada - che è tornato a
riunirsi al ristorante "Al Poggio" di Budrione, ancora una volta per
iniziativa di Gloria Pantaleoni e grazie a un poderoso e spontaneo tam tam che
ha fatto affluire degli ex perfino da Reggio Emilia, Mantova e Sassuolo. A
differenza del precedente estivo, che coinvolse poco più di una ventina di nati
nella mitica strada (o che vi hanno vissuto solo per qualche tempo), questa
volta la partecipazione è stata totale e si è tradotta in un autentico raduno
di un centinaio di persone. Al punto che è stato necessario distribuire i
partecipanti per generazioni, dividendo i tavoli con il criterio dell'anno di
nascita, dal 1925 in
poi. Ed è stato tutto un cercare di riconoscersi fra gente che aveva perso
l'abitudine di farlo; e di indovinare fisionomie oltre i segni del tempo; e di
salutarsi e di cercare ricordi e di condividerli nella rievocazione.
Erano rappresentati tutti i nuclei familiari che hanno fatto la
storia della contrada - e anche un bel po' di quella di Carpi nel dopoguerra -
contribuendo a creare l'anima della Cagnóola e un senso di fortissima
coesione che è sopravvissuto al trascorrere degli anni e alla dispersione fra i
luoghi. C'erano i Lamma, i Gasparini, i Corsi, i Tavani, i Camellini, i
Guaitoli, i Vignoli, i Guberti, i Carretti, i Magnanini, Gualdi, gli Sgarbi, i
Beltrami, i Cucconi, i Pantaleoni, i Mescoli, i Martinelli, i Vellani, gli
Arletti, i Guberti, i Galloni, i Righi. Era ben riconoscibile il gruppo degli
ex teddy boy anni Cinquanta, quìi dla Cagnóola srèeda (cioè chiusa
- l'allusione è alla siepe, abbattuta nel 1954 per consentire la successiva
espansione sull'asse di via Berengario).
È stato salutato con un'ovazione Cinzio Gasparini, mitico
fotografo, nonché residente storico della via, che ha letto una poesia
dialettale. Qualcuno si è chiesto come facesse tanta gente a vivere concentrata
nei pochi metri della contrada. Forse proprio a causa di questa prossimità,
anche un po' forzosa, si è mantenuto un così vivo senso di identità e
appartenenza.
Quante altre vie storiche di Carpi possono vantarsene?
**=M=**
Metà anni '50 Trattoria Caffè in via Manicardi n 6
**
Foto
Gasparini
Chiusa definitivamente la
ditta creata nel 1941
dai fratelli Cinzio e
Tonino. (Voce 12
gennaio 2006)
Foto Gasparini, lo studio che ha fissato in immagini in bianco e nero
più di sessant'anni e fra i più importanti della storia cittadina, ha chiuso
definitivamente l'attività. L'ultimo epigono di una illustre tradizione di
famiglia, Gianfranco Gasparini, che pur in forma ridotta dopo l'avvento delle
tecnologie digitali aveva mantenuto in vita l'insegna, ha abbassato
definitivamente la saracinesca. Ora, buona parte della cospicua e incredibile
memoria iconografica costruita nei decenni dagli obiettivi dei fratelli Tonino
e Cinzio Gasparini è confluita negli archivi del Centro etnografico collegato
ai Musei di palazzo Pio: un'autentica miniera di immagini che la responsabile,
Luciana Nora, ha provvidenzialmente saputo acquisire con gradualità alle
raccolte pubbliche, facendole conoscere attraverso le numerose rassegne allestite
negli ultimi anni, autentiche schede della trasfigurazione antropologica di
Carpi nella seconda metà del Novecento.
La ditta "foto Gasparini" non si è mai spostata da dove
è nata e cresciuta, unendo nell'attività professionale la vita di due famiglie:
all'esterno, gli obiettivi di Tonino e Cinzio impegnati a riprendere eventi
pubblici e privati, fatti storici e quadretti familiari o sociali; e dentro,
impegnate per anni in lunghissime sedute in camera oscura per sviluppare,
fissare e stampare le foto all'epoca del bianco e nero, le rispettive mogli,
Iria e Zelma, coadiuvate dallo stesso Gianfranco, figlio di Tonino, e dalle
sorelle Rosa, Gianna e Gloria a cui si aggiungeranno più tardi e più
saltuariamente, anche Alberto e Angela, i discendenti di Cinzio. Questa fusione
di vita e lavoro, di famiglia e ditta era ben percepibile nell'animatissima
casa di tre piani al civico 5 della Cagnóola (la parte vecchia di via
Manicardi). Nel corso degli anni i suoi spazi vennero progressivamente
adattati, restringendo la dimensione domestica a vantaggio delle esigenze del
negozio e dell'attività esterna, in un miracoloso equilibrio che oggi sarebbe
inconcepibile, ma che era del tutto normale in una città che assisteva al
trionfo in tutti i settori economici del modello dell'impresa familiare. Il
cortile diventò così garage, il piano terra negozio e archivio, il primo piano
camera oscura con annessi e connessi, mentre le scale erano un continuo
andirivieni, mosso da ragioni domestiche e aziendali e dove l'odore della pellicola
si mescolava ai profumi della cucina. E mentre nelle vetrine del negozio,
sempre quello, rimasto immutato nelle dimensioni e, a lungo, perfino negli
arredi, si aveva modo di assistere all'evoluzione tecnologica di macchine
fotografiche e cineprese, a partire dalla italiana Ferrania, all'esterno Tonino
e Cinzio immortalavano senza saperlo il volto di una comunità in
trasformazione.
Avevano iniziato negli anni Trenta come reporter sportivi. Le
foto di gare ciclistiche, partite di calcio e degli avvenimenti agonistici più
popolari erano destinate alle testate locali. L'evento che li indusse a
insediare una vera e propria azienda fu però la visita a Carpi di Benito
Mussolini, il 28 luglio 1941: "Nella circostanza - ricorda oggi Cinzio, 83
anni - si mobilitarono il fotografo Bandieri di Modena e il Comando federale
della Gil, ma ci fu lavoro anche per noi".
Da un fatto storico all'altro: saranno i due fratelli a
documentare l'ingresso in città del primo carro armato americano Sherman, a
riprendere i volti dei tanti apolidi raccolti nel campo di Fossoli, a
realizzare la drammatica sequenza dell'esumazione dei fucilati al poligono di
Cibeno e la successiva edificazione, sempre a Fossoli, della Nomadelfia di don
Zeno.
Ma la città negli anni della guerra viveva anche una propria
difficile quotidianità: "E siccome - rievoca ancora Cinzio - la domenica
non c'era molto da fare, il cinema non funzionava perché toglievano la corrente
ed era difficile spostarsi, vennero di moda le passeggiate al parco con la famiglia".
Per la neonata "foto Gasparini" fu la svolta: per anni, anche dopo la
fine del conflitto, i gruppi familiari ripresi la domenica pomeriggio fra
alberi e panchine del parco delle Rimembranze, nei pressi del monumento al
generale Fanti, diventeranno insieme un filone commerciale e uno spaccato di
società in bianco e nero. A esse andarono accostandosi la documentazione delle
gite sociali ("Mi capitava di partire il sabato per il lago di Garda in un
pullman di Valenti, di dormire dai contadini e di ritornare la domenica, con la
gita successiva. Poi si sviluppavamo e vendevamo le foto che avevo
scattate", ricorda ancora Cinzio), i matrimoni, i battesimi e le cerimonie
in genere, le veglie, la Festa
dei Ragazzi al parco. In parallelo con un panorama economico che andava sempre
più arricchendosi, cominciarono poi le commesse di foto industriali, la
documentazione delle manifestazioni fieristiche e delle inaugurazioni
aziendali.
C'erano sempre, i Gasparini: chiamati per precise circostanze, ma
anche presenti in proprio, per quello spiccato senso dell'attualità che
derivava loro dall'originario e mai sopito istinto dei reporter, affidando la
propria tempestività dapprima alla motocicletta (sempre Guzzi, dalla Sport 15
all'Astor al Falcone) e poi alle utilitarie attrezzate, anche qui mirabile
fusione di vita privata e lavoro. Documentarono così la ricostruzione,
seguirono il Giro d'Italia, le prime edizioni della Fiera di Milano, l'apertura
della tratta modenese dell'Autosole, assistettero a tutti gli avvenimenti che,
nel corso degli anni Sessanta, si incaricarono di trasferire Carpi e l'Italia
dalla secolare dimensione rurale alla più dinamica, avventurosa e travolgente
avventura dell'industrializzazione e del benessere.
La fine della pellicola ricalcò la pasoliniana "scomparsa
delle lucciole", per i fratelli Gasparini: la scomparsa del bianco e nero
e dello sviluppo su scala domestica, l'avvento del digitale, il tramonto
dell'era dei rullini e delle cineprese, insieme alle scelte della discendenza
segnarono l'inizio del lungo addio della ditta.
Dei due fratelli, Tonino, scomparso nel 1999, era l'autorevolezza
matura, silenziosa e competente trasferitasi in buona parte in Gianfranco;
Cinzio l'estroversione, la comunicatività pronta e mista alla curiosità
dell'eterno ragazzo. E le donne rappresentavano il sostegno infaticabile, una
coralità nella quale si coniugavano il senso dell'unità familiare e quello di
una impresa comune. Proprio come la grande casa della Cagnóola che ha spento in
questi giorni l'insegna.
**=M=**
La via che non muore mai
Secondo raduno degli ex
della Cagnóola (Voce 24 aprile 2008)
La seconda edizione della Festa della Cagnóola ha registrato il
consueto successo di partecipazione di ex residenti nella storica via Sergio
Manicardi, convenuti in più di un centinaio all'appuntamento organizzato da
Gloria Pantaleoni e Renato Corsi il 19 aprile scorso al ristorante il Poggio.
Passano gli anni, i lutti ovviamente non mancano come pure le defezioni dovute
all'età, ma non si affievolisce il forte legame di tanti che vi hanno abitato
(gli attuali residenti storici sono una esigua minoranza) con i ricordi di
quella via di città - case a schiera alternate a qualche cortile - cresciuta
verso la fine degli anni Venti fuori le mura, forse per ospitare gli operai addetti
alla costruzione e gestione del vicino molino Verrini. Non aveva niente - e non
ha tuttora niente - la
Cagnóola
da spartire con l'habitat delle periferie edificate nei decenni successivi,
tutte villette mono o bifamiliari isolate nel loro quadratino di verde
recintato dalle cancellate.
Proprio la contiguità di quelle case, gli ingressi uno accanto
all'altro che davano direttamente sulla via deve aver consolidato un forte
senso comunitario, coltivato in tanti momenti collettivi, nei giochi dei
ragazzi fra strada e cortili come nelle chiacchiere da una finestra all'altra e
nell'abitudine a condividere momenti di gioia e di dolore. E' quello
"spirito di contrada", insomma, che fatica a disperdersi e continua
ad attirare, anche da lontano, chi ha avuto la fortuna di viverlo anche solo
per qualche tratto della propria esistenza.
**
2012 - Via Sergio Manicardi
**=M=**
Con Cinzio Gasparini,
Carpi saluta un pezzo del proprio Novecento
Settant'anni di
fotografia (Voce 28
giugno 2012)
Avrebbe compiuto novant'anni tra due mesi. Non ce l'ha fatta,
Cinzio Gasparini, e si è spento il 26 giugno là dove avrebbe voluto: la sua
casa al civico 5 della Cagnóola, l'unica in città che
ancora può esibire un'insegna a bandiera, e con quella scritta "Foto
Gasparini" che è stata molto più di un segnale commerciale, per assurgere
a simbolo di un'epoca, di uno scorcio molto ampio di storia cittadina.
E' quello che si potrebbe riassumere nelle quattro parole che
hanno scandito il secondo Novecento di Carpi: la guerra, il dopoguerra, la
ricostruzione e il miracolo.
Queste fasi della vita della città non sarebbero arrivate fino a
noi, per di più avvolte nell'aura dell'epopea, se non ci fossero stati i
fratelli Tonino e Cinzio Gasparini a ritrarle con lo scrupolo, la precisione e
soprattutto la passione di un mestiere di fotografi coltivato fin da
giovanissimi. Tonino, il maggiore, scomparso nel 1999, era il taciturno,
compreso della propria professione quanto aperto agli stimoli della modernità
che essa dischiudeva con gli eventi che la cronaca di anni in ascesa andava
continuamente proponendo.
Cinzio era l'inquieto, il polemico, l'osservatore curioso di
tutto, appassionato e impulsivo, quanto il fratello era distaccato e
ragionatore. Insieme, completandosi, hanno cominciato negli anni Trenta, come
fotografi di eventi sportivi, e insieme hanno proseguito, documentando la
venuta di Benito Mussolini a Carpi, l'esumazione dei fucilati di Cibeno, la
vita all'ex Campo di Fossoli dopo la guerra, la vicenda di Nomadelfia con don
Zeno. Negli anni Cinquanta, con una città in cerca di futuro fra tentativi
falliti e qualche successo, ripresero le prime, timide fiere campionarie di
Carpi, mentre con i ritratti delle famiglie in passeggiata domenicale al parco
o alle prese con matrimoni e battesimi o in gita sui pullman di Valenti al lago
di Garda hanno lasciato una ineguagliabile testimonianza del costume e della
società del tempo. Poi vennero gli anni Sessanta, pervasi dell'ottimismo che
faceva della fiera di Milano un appuntamento imperdibile e del viaggio Modena
Sud Modena Nord in Autosole uno spaccato di vita americana ... Loro c'erano
sempre, sulla loro Guzzi o con l'850 Fiat, fossero gli eventi collettivi, come
il Giro d'Italia, o le foto ai campionari della maglieria e ai prototipi
dell'industria meccanica.
Si deve alla fruttuosa collaborazione con Luciana Nora se quell'enorme
patrimonio di memoria - esibito anche in diverse mostre - è rimasto in
dotazione al Centro etnografico del Comune. Nessuno riuscirà a cancellarlo,
nemmeno il terremoto che sembra essersi portato via, insieme a un pezzo di
Carpi, anche la vita di Cinzio Gasparini.
**=M=**
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