martedì 18 giugno 2013

Vitti matrimonièeli - di Mauro D'Orazi Carpi - Dialetto carpigiano



 v 21 del 18-6-2013
Vitti  matrimonièeli

(Vite matrimoniali)  di Mauro D'Orazi 
Carpi dialetto carpigiano

S im l issen ditt (se me lo avessero detto), non ci avrei creduto che anche mé a srèev finìi impichèe in simma a la pèerdga di salàmm (che sarei finito sulla pertica dei salami a stagionare).
Salami appesi alle apposite pertiche per la stagionatura

Il 22 aprile è una data importate: c’è stata la LiberaSione di Carpi nel 1945 e appena otto anni dopo a suun né mé … sono nato io.
Nemmeno è trascurabile che lo stesso giorno nel 2001 sia nato Lucky, il nostro cagnone di famiglia, di cui io sono lo zio. Un personaggio silenzioso e affettuoso, la cui costante e affamata presenza, mi (ci) ha accompagnato lealmente in tutti i più importanti e decisivi passaggi della vita, tristi e felici, degli ultimi anni passati.

Ebbene il 22 aprile del 2013 a ssaant ann, giùsst giùsst, precìiṡ precìiṡ, a i ò tóolt muièera, o forse   pèr diir mei … l è stèeda lè a torèmm mé.
A sessant’anni giusti e precisi ho preso moglie, o forse … per meglio dire … è stata lei che ha preso me.

Quaanti vòolti lè l am gìiva: “Biṡòggna ch a se spuṡòmma!”
E mé: “Mò chi vóot ch a s tóoga a la nòostra ètèe!”
Oppure: “In primavera, amóore! Cun al róosi … al dè dal màai!
Quante volte lei mi diceva: “ Bisogna che ci sposiamo!”
E io: “ Ma chi vuoi che ci prenda … alla nostra età!”
Oppure rispondevo: “In primavera, amore! Con le rose, ma non il giorno di maggio, ma il giorno del … mai!”
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Fatto sta che si è aperta una nuova fase: quella della vita matrimoniale.
Un argomento di infinite fonti letterarie, aneddottistiche, di proverbi, di modi di dire, ecc …
Anche il nostro dialetto e i nostri costumi locali sono in prima fila su questo argomento.
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Gianfranco (Gigia) Sgarbi - Carpi - ricorda, con simpaticissimo raccontino in prima persona, i nonni paterni e il loro modo di rapportarsi nella vita coniugale.
“I nonni di Gigia

I miei nonni paterni si chiamavano Cesare Sgarbi e Maria Cavalieri.
Parlare di mio nonno è meraviglioso, perché gli ho voluto molto bene.
Cesare era un uomo che nella vita non aveva fatto altro che lavorare come contadino e giardiniere fino ad oltre 85 anni (è morto ad 88 anni), è stato decorato Cavaliere di Vittorio Veneto ed era molto buono.
Mia nonna Maria invece era una che aveva studiato molto, per la sua epoca, e comandava e disponeva sempre tutto:

- Magna mò Ciciòun (era il suo soprannome) t è gh é fàam!  Mangia mò che hai fame e magari erano solo le 11,30 di mattina.
- Làasa mò lé! T è bèelè magnée abasta!  Lascia lì che hai già mangiato a sufficienza e doveva ancora finire quello che aveva nel piatto. 
- Và mò a lètt Ciciòun t è gh é sòon! Vai a letto che hai sonno ed erano le 20,00.
- Lèevet Cicòun t è già durmì abasta! Alzati che hai già dormito abbastanza.  
- A gh è da taièer l'èerba! C’è da tagliare l’erba e stava facendo altre cose.
- e dopo un po’ ... Làasa mò lè! T è già lavurée abasta! Lascia lì e doveva ancora finire.
- Fùmma ‘na sigarétta Ciciòun te gh n è vòoia! Fuma una sigaretta che nei voglia e non lo aveva neppure in mente.
- dopo solo due tiri ... Làasa lè ch a m dà fastiddi! ... Lascia lì che mi dai fastidio.

Era un continuo richiamo al fare e non fare per proteggere la sua età e la sua infinita voglia di fare, di non stare mai fermo. Ho un ricordo immenso di mio nonno che mi seguiva quando correvo in moto ed era di una discrezione tale che nemmeno ci accorgevamo della sua presenza. Grazie Dorry per avermelo fatto ricordare.
                                   Gigia 2013”
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Ecco invece una scena domestica in via Galvani, dove ho abitato per tanti anni in una casa INA con quattro famiglie: Réenso sgrida nervosamente la moglie Afra circa la scelta del metodo migliore per riporre in granaio i vasi del giardino per il riposo invernale. A un certo punto lui le fa sbuffando: Te n capìss GNIINTA!!”. Lei brontolando raucamente con un pesante vaso in mano, barcollando lungo le scale: “Nuèetri (sottinteso … dònni) a gh òmm sóol cla furtuuna lè! Noi donne abbiamo solo quella fortuna lì!”
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Succede purtroppo che molto coppie non vadano d’accordo e l’unione esploda.
In questo caso sono guai seri soprattutto per i mariti, quando la moglie di fronte alla legge può vantare l’ostàag’ o i ostàag’.
Come diceva l’indimenticato Barry (Claudio Baraldi) nei momenti difficili con la moglie: “I gh aan l’ostàag’! Hanno l’ostaggio!”
L’ostaggio, purtroppo, non è altro che un figlio, che consentirà alla moglie quasi sempre affidataria, a torto o ragione, di ottenere, da una non sempre corretta giustizia, di spolpare pesantemente per anni e anni il meschino ex consorte.
Che non di rado il poveretto sarà costretto ad abbandonare la propria casa, tenendosi però … sia ben chiaro … le rate del mutuo da pagare.
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Sempre riguardo ai figli e ai problemi che ne derivano, si è soliti augurare con perfidia:
Dal mèel a nisuun e di fióo a tutt! Del male a nessuno, ma dei figli a tutti!
Chi 'n sà 'd fiòol, a n sà d vitta!  Chi non sa di figli, non sa cos'è la vita"

Quando vedi in piazza un tuo amico, senza la moglie, ma con il figlio in carrozzina o in bici sul seggiolino, s ocórr cun la spòorta d la ṡpéesa (eventualmente con la sporta della spesa), lo si potrà prendere in giro con questa fase:“Vè! Va indù t vóo! S tè t ii n sèint!“
(Vè, vai dove vuoi! Se te ne senti!)”
 
1947 - Padre e figlio in bici
Lo stesso capita se un amico ti vede spingere il carrello strapieno alla Coop; tu sei lì … mogio mogio, privo di ogni dignità umana e di volontà dell’essere, all’obbediente seguito di tua moglie.
Se capita poi che la moglie arrivi in tempo per sentire la frase di presa in giro, dopo pochi secondi, in falsetto stizzito, chiederà argnèeda al marito, fingendo di non aver capito:”Cosa ha detto quel cretino?”
Quando una persona l’è argnèeda (o arghignèeda) evidenzia un’espressione del volto disgustata fra il dolore e il fastidio.
Altre frasi ironiche in tema:
Va indù t vòo ... cadèina cuurta, mai lunnga !
Va pure dove vuoi … catena corta, lunga!
Va indù t vòo … aaah la libeterèe èd ca sua e pòo … più!
Va pure dove vuoi … aaah la libertà di casa propria e poi più!

        
Le tre parole magiche per una serena vita matrimoniale: “Sì! Caaara!
Silenzio e rassegnazione e alla minima terribile proposta sul tipo “Sabato prossimo sarebbe bello andare all’IKEA.”    Sì! Caaara! Mi sembra un’ottima idea!”
Lée: “A m pieṡrèev fèer un bèel fine settimana!”
Lò: “Anch a mè! A se vdòmm lunedèe matèina!”
I disèen che un da per lò si diverte il doppio e s al spèend la metèe.
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Indovinello doppio

Tutt i dé mé marì a m al pòorta a ca,
mè al sfrèegh cun la mé “bagaaia” ,
sòtta al crèss e sóovra al caala.
Tutti i giorni mio marito me lo porta a casa,
io sfrego con la mia “cosa”,
sotto cresce e sopra cala.

Niente di ché: si tratta del formaggio grana … al graana, che fino agli anni ’40 non si distingueva nell’eccellenza del Parmigiano Reggiano, e dla raṡóora, cioè della grattugia.

‘N raṡóora èd ‘n vòolta

Piutòost che tóor muièera, a còumper ‘na Gilèera! C’è chi faceva scelte di vita precise e preferiva comprare la Gilera, piuttosto che prendere moglie.
1956 - Girera 150 c c

Nel mantovano, dove al mutuur, negli anni ’50 aveva la sua importanza, una ragazza confidandosi con l’amica circa il futuro marito, diceva: “A n è mia béll, bèel, la al gh à la Vesspa! (Non è molto bello, ma ha Vespa!)”

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“Gh èe t la féevra?  Hai la febbre?” Chiede la moglie stupita che al marito una di quelle rarissime volte che stranamente rientra prestissimo dal bar o addirittura resta a casa.
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Primo Saltini (Carpi) ricorda che assieme a un suo vicino stavano rastrellando le foglie autunnali sparse sul marciapiede. Muovendole, protetto da una tiepida l'umidità, saltò fuori un verme grosso e bello disteso per la sua lunghezza. Al ché, il vicino stupito esclamò ad alta voce: "Mò vacca bòoia! Ècch bigòun! (Accipicchia che vermone!)”. Proprio in quel momento si affacciò dalla finestra la moglie del tizio, che prontamente esortò: "Tiin èl da càat ch al t póol sèmmper servìir!  Tienilo da conto, che ti può sempre essere utile! ”

A lavèers i pée a se stà bèin un dè, a tóor muiéera ’na stmaana, a masèer al póorch un aan: lavarsi i piedi si sta bene un giorno; a prendere moglie una settimana, ad ammazzare il porco un anno. Indubbiamente ci sono molte varietà di piacevolezze nella vita.

Passa una gran bella fanciulla. Gli amici seduti al Bar Roma, dopo alcuni secondi di silenzio assoluto (il cosiddetto “silenzio della bellezza” che immobilizza il corpo e stravolge la mente), si guardano l’un l’altro con una faccia ammirata e stupita. Poi uno, scuotendo la testa, si riprende e dice: “La m fa pròopria schiiva!” - “Mò ’sa dii t? Ii t séemo?” gli ribatte un amico. ”Mò nooo! ’S’èe t capìi … a pinsèeva a mè muiéera!” (Mi fa proprio schifo! - Ma cosa dici? - Ma no! Cosa hai capito? Pensavo a mia moglie!)

“Va là vèecia ch a t guss!”: è la concessione di un anziano marito alla matura moglie per un ulteriore e svogliato rapporto sessuale. I vent’anni sono ormai lontani.
La frase si dice quando si fa una cosa, così tanto per farla e dove la fadìiga l’è più dal gusst.
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I palchi e la platea del Teatro Comunale di Carpi

Questo è aneddoto storico, molto conosciuto e dipinge bene una certa Carpi arricchita, ma sempliciotta che ha caratterizzato in passato la nostra città. Anni '60, prima dell'inizio dello spettacolo a teatro, due signore in parùcaa (o in pirùcca) e bóorsa, mogli di ricchi magliai, guardano con curiosità gli spettatori negli altri palchi e in platea. A un certo punto una dice a bassa voce all'altra: "Vedètt ... quèela là, in quèerta fiila, l'è la pratica èd Tizìi ! " Vedi quella la in quarta fila è l'amante di Tizio (il nome di un altro magliaio che non posso svelare). L'amica guarda con attenzione e dopo un po' esclama: "Bèe mò! Al nòostri in pòo dimmondi più bèeli!" (Le nostre però sono poi più belle!)

Tanti anni a fa Carpi a un marì al murì in simma a la sò praatica. (Un marito morì all’improvviso addosso all’amante, mentre facevano l’amore). La moglie, costretta anche all’imbarazzante recupero del corpo esanime, pensò bene di tutelare a ogni costo il buon nome della famiglia, facendo incidere sulla lastra di marmo del tombino:
MARITO FEDELE - PADRE ESEMPLARE.

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Chiudo con una citazione di altissima qualità.
Il più grande poeta carpigiano Mario Stermieri (1886-1910), ci regala questa viva pennellata sul rapporto di coppia all’interno di una sua splendida poesia del 1909 L imberièegh :

«Quàand i iin zóovni, stèll serpèinti,     Quando sono giovani, ‘ste serpente,
pèr spuṡèeres i iin furèinti;                    per sposarsi son furenti;
dòop sée méeṡ èd matrimòoni,              ma dopo soli sei mesi di matrimonio,
i me dvèinten taant demòoni!».             si trasformano in tanti demoni.

Nell’incisiva e splendida quartina, il poeta condanna magistralmente il furore delle ragazze carpigiane per arrivare a ogni costo al matrimonio. Però, non appena raggiunto lo scopo dell’agognato sposalizio, si affrettano a mettere in atto l’antica, biblica unione di intima sostanza col diavolo, per tiranneggiare capricciosamente il consorte.

  
Al serpèinti

A tale proposito si può ben citare il detto che … dòop al srèesi a vìin i duròun … dopo le ciliegie vengono maturi … i duroni, cioè, giocando sulle parole, le cose più dure e spiacevoli.

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