venerdì 5 settembre 2014

due di coppe con briscola denari - dialetto carpigiano _ Il senso dell'inutile nel dialetto di Carpi - di Mauro D'Orazi


Il due di coppe con briscola denari
- Il senso dell'inutile nel dialetto di Carpi - di Mauro D'Orazi*

settimanale VOCE di Carpi del 07 agosto 2014

Una persona inutile viene indicata generalmente con il termine bòun da gnìint, ma si può dire anche gnìinta. Curiosamente, per opposto a causa di un gioco di parole, spesso una persona del genere è anche un capàas ed tutt. Quindi un buon da niente capace, però, di tutto. Questa frase è usata soprattutto per indicare una persona cattiva o un delinquente, cioè inutile o dannoso per la società. Altre definizioni con significato similare sono bòun da ràader (buono da grattugiare come il parmigiano) e bòun da méeder (buono da mietere): queste ultime espressioni non vanno intese nel senso di farsi grattugiare o mietere (anche se molti le recepiscono così), ma piuttosto nel senso di essere capaci solo di subire azioni passive che non richiedono troppa intelligenza. Di una persona che conta poco o niente si dice che al vèel cóome al duu d còpp cun brìsscola denèer (o denèera) ovvero, vale come il due di coppe, carta notoriamente senza valore, quando c'è briscola denari, cosa che la rende ancora più inutile. Siamo nello stesso contesto di Al còunta cóome al duu a ṡughèer a masèin: conta come il due a giocare a mazzino, dove queste carte vengono tolte da subito dal gioco. Oppure si può anche dire che al còunta cóome un fiòoch in sìma a 'na brèta (conta come un fiocco sopra un berretto, cioè ha solo un valore decorativo o di facciata): locuzione che si può usare anche riferita a una cosa, o a una situazione, inutile. Un sinonimo di persona priva di valore è anche s-ciòop scarèegh (fucile scarico), o per tornare alle carte, 'na flìnnga (uno scartino), oppure 'na bòocia pèersa nel gioco del biliardo o delle bocce, forse anche in una partita di calcio. *** Se qualcuno ha un valore gerarchico molto basso, o infimo, lo si chiama sottcaldéera (sottocaldaia): il sottocaldaia era il largo piatto che stava sotto i bruciatori delle caldaie di una volta e che serviva a raccogliere la cenere. C'è gente che con falsa autocommiserazione, mista a cattiveria, invidia e malevola sopportazione di essere poco considerata (o meglio... giustamente reputata per quel poco che vale) si compiace di definirsi sottcaldéera... Ebbene... È vero! Lo sono certissimamente! Un altro termine per indicare una persona di scarso rilievo è fióol d famìa (figlio di famiglia, cioè piccolo, come un bambino), espressione questa che indica qualcuno con scarso o nullo potere decisionale. Anche fióola dla sèerva, oppure fióola dla schifóosa (figlia della serva o della schifosa), dla bidèela, dla Maria Rusnèinta e dal pòover Sottbèesmel rientrano nel significato del non contare nulla, al pari di durmìir da pée (o èd còo di pée, da còo pée vale a dire dormire da piedi, dalla parte inversa). *** Quest'ultima locuzione trae origine dall'uso e dalla necessità, un tempo assai frequente nelle famiglie numerose, di dividere il letto con più persone. Non c'era un normale posto per tutti e in particolare i più piccoli venivano arrangiati con la testa in fondo al letto per dormire, là dove normalmente trovano posto i piedi. Erano disposti in modo alternato, l'uno con la testa in corrispondenza dei piedi dell'altro, allo scopo di economizzare lo spazio. Tale positura, presentava non pochi inconvenienti per coloro i quali si trovavano, per così dire "da piedi" e cioè con il capo dalla parte opposta alla testiera del letto. I tapini, non fruendo dell'appoggio della medesima, finivano con il naso sulle estremità del vicino. Se, com'era probabile, a costui puzzavano esageratamente, oppure soffriva di flatulenze intestinali, i "da pée" ne potevano anche riportare traumi psico-fisici incancellabili per il resto della loro esistenza. Da questo costume è nata la convinzione che il dormire da piedi sia indice di scarsa perspicacia e ha dato luogo alla creazione del modo di dire: A lèet, a lèet a vóoi andèer, A letto, a letto voglio andare, tutt i Saant a vóoi ciamèer, tutti i Santi voglio chiamare, trii da còo e trii da pée, tre di sopra e tre da piedi, tutt i Saant i iin mée fradée. tutti i santi sono miei fratelli. Un bagàai, un lavóor, un giabanèin sono termini che in carpigiano possono significare cento cose; talora indicano, sentito il contesto della situazione e della frase, cose o situazioni di assoluta pochezza o mancanza di valore. Il bellissimo detto al còunta blisga e pò caasca (conta come scivola e poi cadi) denota un valore nullo di una certa azione che non garantisce nessuna stabilità. Quando si è in una situazione che non va, o meglio che è gestita male da qualcuno (ad esempio nel lavoro), si dice che a sòmm in maan a gniint (o gniinta), siamo in mano a niente. Oppure che a sòmm in maan a nisùun (siamo in mano a nessuno). *** Di analogo significato, ma di derivazione addirittura bimillenaria è la frase a sòmm in maan a Bacùss (siamo in mano a "Baccuzzo"). Per una situazione importante ci si trova putroppo nelle mani di una persona totalmente inaffidabile e certamente non sobria. Ma chi è questo Bacùss? Io non ho dubbi: non è altro che il dio Bacco, la divinità pagana delle libagioni e dei culti misterici dionisiaci greci e romani. Un'altra espressione tipica è a sòmm in simma a la còvva èd 'na léevra (siamo sopra la coda di una lepre), che indica lo stare in una situazione assolutamente precaria, ma anche il trovarsi in una situazione disastrosa o inutile. Con lo stesso significato della precedente, a sòmm tachèe a 'na tralèeda (siamo attaccati ad una ragnatela). A sòmm in 'na cartoliina o in un franchbòll (siamo in uno spazio ristretto) sta a significare siamo spacciati, finiti. La frase ha una tragica derivazione che era la comunicazione che arrivava alle famiglie per i caduti nella Prima guerra mondiale *** Un'azione inutile e senza degno riscontro, ci viene indicata con la frase l è cóome dèer un cunfèet a 'n èesen! È come dare un confetto a un asino; animale dalle tante qualità, ma che certo non è in grado di apprezzare adeguatamente il delicato dono alimentare. Analogo senso rivestono le seguentie espressioni: l è cóome dèer un sucarèin a 'n èesen (uno zuccherino). Fèer 'na puntuura in 'na gaamba d lèggn. Fèer 'na papèina in 'na gaamba d lèggn. Mètter un siròot in 'na gamba èd lèggn. Al còunta cóome l'aaqua èd mèelva. *** A una persona che tende, senza gli adeguati titoli, ad... "allargarsi" (espressione romanesca), si usa dire: Stà schiss, Stai rannicchiato, vóola baas vola basso e schiiva i saas. e schiva i sassi. Una frase carpigiana pronunciata da una persona indebitata e indigente nei confronti dei suoi creditori: Gniint a gh iiva e gniinta a gh ò Niente avevo e niente ho A pagaarò, quàand a gh n avrò Pagherò, quando ne avrò Restando alle insolvenze, quando uno, dopo un lavoro fatto, viene ricompensato con poco o nulla non può che constatare I m aan lasèe (miss) cun un saas in maan. Mi hanno lasciato (o messo) con un sasso in mano. Quando a uno viene lasciata da sbrigare una incresciosa incombenza, ecco l'espressione I m aan lasèe cun 'na brèesa in maan o cun la pàaina ind al cuul, ovvero mi hanno lasciato con una brace in mano o una paglia nel sedere. Quando poi uno è stato raggirato o sconfitto con fin troppa facilità può consolarsi riflettendo: I m aan ciavèe cun duu stècch (mi hanno fregato con due stecchi). E a completare il panorama dell'inutilità, ci sono poi delle compagnie poco autorevoli: la Cumpagnìa dla Bèela Ciòopa e la Cumpagnìa dal Fiil d Fèer Rusnèint o dal Filfaròun. Le compagnie della Bella Chioppa, del Fil di Ferro arrugginito e del Filoferrone: come dire, confraternite del tempo perso e di ben poco rilievo. *dalla ricerca "Tóor èggh misùra: prendere misura nel dialetto di Carpi e dintorni", con supervisione alla grafìa dialettale di Graziano Malagoli

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