martedì 3 giugno 2014

Aiuto ! Arrivano gli Spagnoli ! dialetto carpigiano Mauro D'Orazi

Prima stesura 27-05 2014                                                    V 16 del 30-05-2014
Aiuto !
Arrivano gli Spagnoli !


di Mauro D’Orazi

Dopo aver indagato su tedeschi e francesi e sulle influenze che essi hanno avuto sul nostro passato e sul dialetto, adesso è la volta degli spagnoli.
La casistica è più contenuta rispetto alle altre due nazioni, ma non meno interessante e storicamente motivata.

Partiamo dal conosciuto modo di dire… pòovr a nuèeter… s a riiva i Spagnóo! Poveri noi, se arrivano gli spagnoli.
Si tratta di una frase che prevede guai, e anche grossi, al probabile verificarsi di una certa situazione negativa e dannosamente dannosa e invasiva.
Truppe spagnole furono nelle delle nostre zone in vari momenti fra il Cinquecento e il Settecento; ricordate ad esempio i Bravi di don Rodrigo?
E di loro è restato in antichi proverbi e mo

Il malvagio Don Rodrigo e i suoi bravi
L’Italia e la pianura padana sono state per secoli teatro di guerre altrui e chi ne pagava in primis le conseguenze erano le popolazioni locali che, come minimo, venivano depredate degli alimenti che servivano al mantenimento delle truppe.

Ci sono altre frasi simili sempre che sottolineano e ricordano, generazione dopo generazione, la presenza depredatoria di questi soldati, che saccheggiavano e razziavano senza pietà:

*pòovr a nuèteer s a riiva i spagnóo, i s maagnen la chèerna (o la còddga) e i s laasen i faṡóo; poveri noi, se arrivano i gli spagnoli, ci mangiano la carne (o la cotica) e ci lasciano i fagioli; poteva essere un ammonimento di una mamma o una nonna al bambino che tentava di non mangiare una cibo non di suo gusto;

*scapòmm ch a riiva i spagnóo! I t tàaien la bóorsa e i t maagnen i faṡóo! Scappiamo che arrivano gli spagnoli! Ti tagliano la borsa e ti mangiano i fagioli;

* a riiva i spagnóo, i s maagnen la tèggia cun tutt i faṡóo; arrivano gli spagnoli, ci mangiano il tegame con tutti i fagioli;

* ma si arriva anche oltre: pòovr a nuèeteer s a riiva i spagnóo, i s laasen la pèela e i maagnen i faṡóo (ci lasciano la pelle e mangiano i fagioli).
Non si sa bene se la pelle sia la vita, o quella dei legumi stessi.
Nella diffusa gran povertà dell’epoca, anche i fagioli erano una ricchezza e questi avidi iberici non lasciavano ai carpigiani neanche quelli.
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Un ricordo intangibile ed evidente della presenza di questi stranieri è il Torrione cosiddetto degli Spagnoli, che l’occuparono negli anni venti del Cinquecento in nome dell’imperatore Carlo V, ostile al nostro Alberto III Pio. Dal 24 maggio 2014 è finalmente di proprietà del Comune grazie all’impegno costante, contro l’inerzia della burocrazia romana, dell’assessore Simone Morelli e dell’architetto comunale Giovanni Gnoli. L’edificio sorge fra il castello e il teatro comunale; in tempi passati recenti è stato sede della Pretura, delle Poste (pacchi) e della Biblioteca comunale. Oggi, dopo i terremoti del maggio 2012, è in completa ristrutturazione.
Il Torrione degli Spagnoli poco prima del terremoto del 2012

Il Torrione degli Spagnoli (o di Galasso) è l’elemento più imponente del lato ovest del Palazzo dei Pio verso sud. L’edificio, sistemato da Galasso II Pio tra il 1440 e 1450, unendo due precedenti torri, si presenta come un ampio torrione a pianta rettangolare dalla caratteristica struttura verticale, articolato su più piani con stanze dalle volte a crociera, sontuosamente affrescate. Alcuni altissimi pinnacoli che si alzano dalla linea del tetto sottolineano ancor oggi lo slancio dell’edificio. Di particolare interesse sono gli affreschi a piano terra, attribuibili a pittore di scuola ferrarese della metà del Quattrocento, e le decorazioni nelle sale al primo piano, in particolare uno stemma dei Pio di Savoia, della medesima epoca, notevole per fattura e qualità artistica.
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Abbiamo poi il classico: “Fraanza o Spaagna, sóol ch a s maagna!” che caratterizza, tanto per cambiare, un difficile momento politico del nostro Paese che ho già trattato nel capitolo dedicato alla Francia.
Il detto deriva dalle lunghe guerre tra il re di Francia e l'Impero, allora legato alla corona spagnola, combattute principalmente in Italia, tra il 1500 ed il 1750.
I governi locali italiani si alleavano di volta il volta con uno dei due potenti per salvare un po’ di autonomia.
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Un altro ricordo, tragico, da sempre evocato con orrore dai nostri vecchi, l è la Spagnóola; una terribile epidemia di influenza che scoppiò alla fine della 1^ Guerra Mondiale e che provocò milioni di morti, più del conflitto stesso.
L'influenza spagnola, conosciuta come la Grande Influenza, è stata una pandemia influenzale che fra il 1918 e il 1920. È stata descritta come la più grave forma di pandemia della storia dell'umanità, avendo ucciso più persone della terribile peste nera del XIV secolo e della stessa Grande Guerra.
All'influenza venne dato il nome di "spagnola" poiché la sua esistenza fu inizialmente riportata soltanto dai giornali di quel paese non sottoposti a censura, perché neutrale. Oggi è appurato che il virus fu portato in Europa dalle truppe statunitensi che, a partire dall'aprile 1917, affluirono in Francia per la Grande Guerra.
La 1^ Guerra Mondiale aveva ucciso dieci milioni di persone, quasi esclusivamente militari; in sei mesi, tra la fine dell'ottobre 1918 e l'aprile 1919, l'influenza spagnola colpì un miliardo di persone uccidendone circa 50 milioni di cui circa 600 mila soltanto in Italia.
Anche Carpi fu colpita duramente e la tragedia è rimasta nella memoria popolare: "la (féevra) Spagnóola" divenne un fantasma più incombente e mostruoso della stessa guerra.
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Ragazza spagnola con la mantiglia, lo scialle di pizzo che, nel costume tradizionale spagnolo, le donne portano sul capo, fermato da un alto pettine infilato nei capelli entrata in uso in Spagna verso la fine del sedicesimo secolo e quella di pizzo è diventata popolare nel 17° e 18° secolo.

Alla fine degli anni Cinquanta, forse la prima canzone che ho imparato, da mia zia materna Valentina Compagnoni (1894 -1963) è stata, assieme alla “Violetera”:
  La spagnola
Di Spagna sono la bella,
regina son dell'amor.
Tutti mi dicono stella,
Stella di vivo splendor.

Stretti, stretti
Nell'estasi d'amor
La spagnola sa amar così,
Bocca a bocca la notte e il dì

In questa notte d'incanto
Dolce in Ispagna è l'amor
Son la regina del canto
M'ama il mio bel toreador

Tutti mi dicono stella,
Stella di vivo splendor
Sono per tutti la gioia
Sono per tutti l'amor

Sguardi che mandan saette
movenze di voluttà
le labbra son tumidette
puoi il paradiso toccar.
Sguardi che mandan saette
movenze di voluttà
le labbra son tumidette
puoi il paradiso toccar.

Stretti, stretti
Nell'estasi d'amor
La spagnola sa amar così,
Bocca a bocca la notte e il dì
ecc…

di Vincenzo Di Chiara (1880-1937) - 1918 circa.

Un ricordo indelebile e commuovente, tutte le volte che mi capita di riascoltarla. Ma un testo che, a rileggerlo oggi con attenzione, risulta ardito per l’epoca, se consideriamo l’ardore sensuale dei sentimenti focosamente espressi, il tutto cantato poi da una matura zia, signorina, nubile e timorata di Dio.
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La màaia


Anche Chèerp l éera al paéeṡ dla màaia, dal maièeri e dal maierìi.

1960 magliaia carpigiana

Avvertenza: Maja in spagnolo si pronuncia in modo del tutto diverso dalla nostra màaia. Infatti la “j” è una “g” dolce = pronunciata tipo màagia.
Ma a una prima lettura di un carpigiano, non ferrato in quella lingua, per scherzare un po’, ci sta bene lo stesso.
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Ecco qualche altro proverbio e modo di dire, sempre rievocativi in negativo delle invasioni spagnole delle quali non resta che un pessimo retaggio storico

*I don di Spagna, i conti d'Alemagna, i monsieurs di Francia, i vescovi d'Italia, i cavalier di Napoli, i lordi di Scozia, i fidalghi di Portogallo, i minori fratelli d'Inghilterra e i nobili d'Ungheria, fanno una povera compagnia.
*La morte non sparagna re di Francia né di Spagna.
*La Spagna è una spugna.
*Non conosce l'Italia e non la stima, chi provato non ha la Spagna prima.
*Spagna magra, Francia grassa, Germania la passa.
*Uomo di Spagna ti fa sempre qualche magagna.
*Da Spagnoli e Imperiali, da Francesi e Cardinali, libera nos, Domine!.
*È meglio stare al bosco e mangiar pignoli, che stare in Castello con gli Spagnoli
*Furia francese, ritirata spagnola.
Guerra spagnola, grande assalto e buona ritirata.
In una delle tante battaglie tra l'esercito francese e quello spagnolo, i francesi attaccarono con veemenza e gli spagnoli si ritirarono in fretta. Si dice quando qualcuno fa una cosa con tanto clamore, ma poi cambia subito idea.
Ad esempio i programmi dei politici in campagna elettorale.
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Appendice extracomunitaria

Ma i limiti del nostro dialetto non si fermano a un contesto europeo: il carpigiano va oltre.
Ecco alcuni esempi.
Fervaròot cuurt cuurt, più catìiv d un tuurch.
Febbraiotto corto corto, ma più cattivo di un turco; ci si riferisce alla possibilità che in questo mese invernale gli eventi meteorologici siano molto freddi e intensi.

Fumèer cóome un turch, fumare come un turco, cioè tantissimo.
Eugène Delacroix (1798-1863) - Turco che fuma
L'origine di questo modo di dire è incerta, quella più probabile risale alla seconda metà del XVI secolo. A quell'epoca in Turchia regnava un Pascià estremamente severo nei confronti del consumo di caffè e tabacco, considerate alla stregua di pericolose droghe. I consumatori di caffè e tabacco erano perseguiti duramente (una delle pene previste era il taglio del naso…) e le caffetterie distrutte. Una volta morto il Pascià oppressore, i turchi tornarono a bere caffè e a fumare, anche in modo eccessivo, come reazione al divieto subito. Da qui il detto: fumare come un turco, nel senso di fumare eccessivamente.
L'origine di questo modo di dire è incerta, quella più probabile risale alla seconda metà del XVI secolo. A quell'epoca in Turchia regnava un Pascià estremamente severo nei confronti del consumo di caffè e tabacco, considerate alla stregua di pericolose droghe. I consumatori di caffè e tabacco erano perseguiti duramente (una delle pene previste era il taglio del naso…) e le caffetterie distrutte. Una volta morto il Pascià oppressore, i turchi tornarono a bere caffè e a fumare, anche in modo eccessivo, come reazione al divieto subito. Da qui il detto: fumare come un turco, nel senso di fumare eccessivamente.
L'origine di questo modo di dire è incerta. In Turchia infatti già a partire dal VII secolo il fumo ebbe una larghissima diffusione. Ma nella seconda metà del XVI secolo in Turchia regnò un Pascià estremamente severo nei confronti del consumo di caffè e tabacco, considerate alla stregua di pericolose droghe. I consumatori di caffè e tabacco vennero perseguiti duramente (una delle pene previste era il taglio del naso…) e le caffetterie distrutte. Una volta morto il dispotico Pascià, finì anche il periodo di proibizionismo. Così i turchi tornarono a bere caffè e a fumare, anche in modo eccessivo, come reazione al divieto subito. Da qui il detto: fumare come un turco, nel senso di fumare eccessivamente.

Quando un bambino piange perché la mamma gli compri qualcosa: “A n t al tóogh gnaanch s te piàanṡ in cinèeṡ!” Non te lo compro nemmeno se piangi in cinese.

Quando una persona parla con termini difficili o incomprensibili: “A pèer ch al ciacaara in cinéeṡ!” Sembra che parli in cinese.

Fèer l indiàan, fare l’indiano Nel linguaggio comune, la locuzione fare l'indiano indica l'atteggiamento di chi, per proprio comodo, finge di non sentire quello che gli viene detto, o di non capire, non sapere o non interessarsi a qualcosa. Espressioni con significato sostanzialmente equivalente sono per esempio fare lo gnorri o fèer al nèssi (il nesci, nel senso di non capire) e fare orecchie da mercante (nel senso di non capire o non sentire). L'espressione fa riferimento allo stereotipo del nativo americano ("indiano" delle Indie Occidentali), che avrebbe, nell'immaginazione popolare, un atteggiamento generale di indifferenza e apatia, come chi non capisce quello che sta accadendo o che gli viene detto.

GTA 5
Fèer l americàan, fare l’americano. Significa tenete atteggiamenti in cui si evidenzia la ricchezza e lo sperpero di denaro. Tipico di certi carpigiani degli anni del boom economico.

Catèer l’America, trovare l’America. Significa trovarsi improvvisamente in una situazione di grande floridezza economica, quasi sempre con scarso o nullo merito.
Esempio di modo di dire a Carpi in dialetto, di recente creazione.
Una carovana nel west viene assalita dagli indiani.
Il capo fa scendere i passeggeri e dopo averli derubati, ordina ai suoi:"Uccidete donne e bambini e violentate gli uomini!"
Inopinatamente uno dei passeggeri protesta: "Ma come? Di solito è il contrario!"
Al ché il passeggero che gli era vicino e ch al girèeva un pò dunèeina, gli dà una forte e sorda gomitata e gli dice adirato, ma sommessamente, con voce effeminata: "Tèes! Mò vóot savèer più te che i indiàan?"

Dunque "Mò vóot savèer più te che i indiàan?" è diventata una frase, un modo dire recente in dialetto (cosa rarissima oggi), che viene pronunciata quando qualcuno interviene a sproposito e inopportunamente a danno di se stesso, della propria categoria, o in generale di interessi condivisi anche da altre persone.

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