Prima stesura 27-05 2014 V 16 del 30-05-2014
Aiuto !
Arrivano gli
Spagnoli !
di Mauro D’Orazi
Dopo aver indagato su tedeschi e francesi e sulle influenze
che essi hanno avuto sul nostro passato e sul dialetto, adesso è la volta degli
spagnoli.
La casistica è più contenuta rispetto alle altre due
nazioni, ma non meno interessante e storicamente motivata.
Partiamo dal conosciuto modo di dire… pòovr a nuèeter… s a riiva i
Spagnóo! Poveri noi, se arrivano gli spagnoli.
Si tratta di una frase che prevede guai, e anche grossi, al
probabile verificarsi di una certa situazione negativa e dannosamente dannosa e
invasiva.
Truppe spagnole furono nelle delle
nostre zone in vari momenti fra il Cinquecento e il Settecento; ricordate ad
esempio i Bravi di don Rodrigo?
E di loro è restato in antichi proverbi e mo
E di loro è restato in antichi proverbi e mo
Il malvagio Don Rodrigo e i suoi
bravi
L’Italia e la pianura padana sono state per secoli teatro
di guerre altrui e chi ne pagava in primis le conseguenze erano le popolazioni
locali che, come minimo, venivano depredate degli alimenti che servivano al
mantenimento delle truppe.
Ci sono altre frasi simili sempre che sottolineano e
ricordano, generazione dopo generazione, la presenza depredatoria di questi soldati,
che saccheggiavano e razziavano senza pietà:
*pòovr a nuèteer s a riiva i spagnóo, i s maagnen la
chèerna (o la
còddga) e i s laasen i faṡóo; poveri noi, se arrivano i gli spagnoli,
ci mangiano la carne (o la cotica) e ci lasciano i fagioli; poteva essere un
ammonimento di una mamma o una nonna al bambino che tentava di non mangiare una
cibo non di suo gusto;
*scapòmm ch a riiva i spagnóo! I t
tàaien la bóorsa e i t maagnen i faṡóo! Scappiamo che arrivano gli
spagnoli! Ti tagliano la borsa e ti mangiano i fagioli;
* a riiva i spagnóo, i s maagnen
la tèggia cun tutt i faṡóo; arrivano gli spagnoli, ci mangiano il
tegame con tutti i fagioli;
* ma si arriva anche oltre: pòovr a nuèeteer s a riiva i spagnóo, i s
laasen la pèela e i maagnen i faṡóo (ci lasciano la pelle e mangiano i
fagioli).
Non si sa bene se la pelle sia la vita, o quella dei legumi
stessi.
Nella diffusa gran povertà dell’epoca, anche i fagioli erano
una ricchezza e questi avidi iberici non lasciavano ai carpigiani neanche
quelli.
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Un ricordo intangibile ed evidente della presenza di questi
stranieri è il Torrione cosiddetto degli Spagnoli, che
l’occuparono negli anni venti del Cinquecento in nome dell’imperatore Carlo V,
ostile al nostro Alberto III Pio. Dal 24
maggio 2014 è finalmente di proprietà del Comune grazie all’impegno costante,
contro l’inerzia della burocrazia romana, dell’assessore Simone Morelli e
dell’architetto comunale Giovanni Gnoli. L’edificio sorge fra il castello e il
teatro comunale; in tempi passati recenti è stato sede della Pretura, delle
Poste (pacchi) e della Biblioteca comunale. Oggi, dopo i terremoti del maggio
2012, è in completa ristrutturazione.
Il Torrione degli Spagnoli poco
prima del terremoto del 2012
Il Torrione degli Spagnoli (o di Galasso) è l’elemento più
imponente del lato ovest del Palazzo dei Pio verso sud. L’edificio, sistemato da Galasso II Pio tra il 1440 e 1450, unendo due precedenti torri, si
presenta come un ampio torrione a pianta rettangolare dalla caratteristica
struttura verticale, articolato su più piani con stanze dalle volte a crociera,
sontuosamente affrescate. Alcuni altissimi pinnacoli che si alzano dalla linea
del tetto sottolineano ancor oggi lo slancio dell’edificio. Di particolare
interesse sono gli affreschi a piano terra, attribuibili a pittore di scuola
ferrarese della metà del Quattrocento, e le decorazioni nelle sale al primo
piano, in particolare uno stemma dei Pio di Savoia, della medesima epoca,
notevole per fattura e qualità artistica.
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Abbiamo poi il classico: “Fraanza o Spaagna, sóol ch a s
maagna!” che caratterizza, tanto per cambiare, un difficile momento
politico del nostro Paese che ho già trattato nel capitolo dedicato alla
Francia.
Il detto deriva dalle lunghe guerre tra il re di
Francia e l'Impero, allora legato alla corona spagnola, combattute principalmente in Italia, tra il 1500 ed il 1750.
I governi locali italiani si alleavano di volta il volta
con uno dei due potenti per salvare un po’ di autonomia.
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Un altro ricordo, tragico, da sempre evocato con orrore dai
nostri vecchi, l è la Spagnóola; una terribile epidemia di influenza che
scoppiò alla fine della 1^ Guerra Mondiale e che provocò milioni di morti, più
del conflitto stesso.
L'influenza spagnola, conosciuta
come la Grande Influenza, è stata una pandemia influenzale che fra il 1918 e il
1920. È stata descritta come la più grave forma di pandemia della storia
dell'umanità, avendo ucciso più persone della terribile peste nera del XIV
secolo e della stessa Grande Guerra.
All'influenza venne dato il nome di "spagnola"
poiché la sua esistenza fu inizialmente riportata soltanto dai giornali di quel
paese non sottoposti a censura, perché neutrale. Oggi è appurato che il virus
fu portato in Europa dalle truppe statunitensi che, a partire dall'aprile 1917,
affluirono in Francia per la Grande Guerra.
La 1^ Guerra Mondiale aveva ucciso dieci milioni di
persone, quasi esclusivamente militari; in sei mesi, tra la fine dell'ottobre
1918 e l'aprile 1919, l 'influenza
spagnola colpì un miliardo di persone uccidendone circa 50 milioni di cui circa
600 mila soltanto in Italia.
Anche Carpi fu colpita duramente e la tragedia è rimasta
nella memoria popolare: "la (féevra) Spagnóola"
divenne un fantasma più
incombente e mostruoso della stessa guerra.
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Ragazza
spagnola con la mantiglia, lo scialle di pizzo che, nel costume tradizionale
spagnolo, le donne portano sul capo, fermato da un alto pettine infilato nei
capelli entrata in uso in Spagna verso la fine del sedicesimo secolo e quella
di pizzo è diventata popolare nel 17° e 18° secolo.
Alla fine degli anni Cinquanta, forse la prima canzone che
ho imparato, da mia zia materna Valentina Compagnoni (1894 -1963) è stata,
assieme alla “Violetera”:
♫ ♪ ♯ ♪ La spagnola ♫ ♪ ♯ ♪
Di Spagna sono la bella,
regina son dell'amor.
Tutti mi dicono stella,
Stella di vivo splendor.
Stretti, stretti
Nell'estasi d'amor
La spagnola sa amar così,
Bocca a bocca la notte e il dì
In questa notte d'incanto
Dolce in Ispagna è l'amor
Son la regina del canto
M'ama il mio bel toreador
Tutti mi dicono stella,
Stella di vivo splendor
Sono per tutti la gioia
Sono per tutti l'amor
Sguardi che mandan saette
movenze di voluttà
le labbra son tumidette
puoi il paradiso toccar.
Sguardi che mandan saette
movenze di voluttà
le labbra son tumidette
puoi il paradiso toccar.
Stretti, stretti
Nell'estasi d'amor
La spagnola sa amar così,
Bocca a bocca la notte e il dì
ecc…
di Vincenzo Di Chiara
(1880-1937) - 1918 circa.
Un ricordo indelebile e commuovente, tutte le volte che mi
capita di riascoltarla. Ma un testo che, a rileggerlo oggi con attenzione,
risulta ardito per l’epoca, se consideriamo l’ardore sensuale dei sentimenti
focosamente espressi, il tutto cantato poi da una matura zia, signorina, nubile
e timorata di Dio.
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La màaia
La màaia
Anche Chèerp l éera al paéeṡ dla màaia, dal maièeri e dal maierìi.
1960 magliaia carpigiana
Avvertenza: Maja in spagnolo si pronuncia in modo del tutto
diverso dalla nostra màaia. Infatti la
“j” è una “g” dolce = pronunciata tipo màagia.
Ma a una prima lettura di un carpigiano, non ferrato in quella
lingua, per scherzare un po’, ci sta bene lo stesso.
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Ecco qualche altro proverbio e modo di dire, sempre
rievocativi in negativo delle invasioni spagnole delle quali non resta che un
pessimo retaggio storico
*I don di Spagna, i conti d'Alemagna, i monsieurs di
Francia, i vescovi d'Italia, i cavalier di Napoli, i lordi di Scozia, i
fidalghi di Portogallo, i minori fratelli d'Inghilterra e i nobili d'Ungheria,
fanno una povera compagnia.
*La morte non sparagna re di Francia né di Spagna.
*La Spagna è una spugna.
*Non conosce l'Italia e non la stima, chi provato non ha la
Spagna prima.
*Spagna magra, Francia grassa, Germania la passa.
*Uomo di Spagna ti fa sempre qualche magagna.
*Da Spagnoli e Imperiali, da Francesi e Cardinali, libera nos, Domine!.
*È meglio stare al bosco e mangiar pignoli, che stare in
Castello con gli Spagnoli
*Furia francese, ritirata spagnola.
Guerra spagnola, grande assalto e buona ritirata.
In una delle tante battaglie tra l'esercito francese e
quello spagnolo, i francesi attaccarono con veemenza e gli spagnoli si
ritirarono in fretta. Si dice quando qualcuno fa una cosa con tanto clamore, ma
poi cambia subito idea.
Ad esempio i programmi dei politici in campagna elettorale.
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Appendice
extracomunitaria
Ma i limiti del nostro dialetto non si fermano a un
contesto europeo: il carpigiano va oltre.
Ecco alcuni esempi.
Fervaròot cuurt
cuurt, più catìiv d un tuurch.
Febbraiotto corto corto, ma più cattivo di un turco; ci si
riferisce alla possibilità che in questo mese invernale gli eventi
meteorologici siano molto freddi e intensi.
Fumèer cóome un turch, fumare come un turco, cioè tantissimo.
Eugène Delacroix (1798-1863) - Turco
che fuma
L'origine di questo modo di dire è incerta, quella più
probabile risale alla seconda metà del XVI secolo. A quell'epoca in Turchia
regnava un Pascià estremamente severo nei confronti del consumo di caffè e
tabacco, considerate alla stregua di pericolose droghe. I consumatori di caffè
e tabacco erano perseguiti duramente (una delle pene previste era il taglio del
naso…) e le caffetterie distrutte. Una volta morto il Pascià oppressore, i turchi
tornarono a bere caffè e a fumare, anche in modo eccessivo, come reazione al
divieto subito. Da qui il detto: fumare come un turco, nel senso di fumare
eccessivamente.
L'origine di questo modo di dire è incerta, quella più
probabile risale alla seconda metà del XVI secolo. A quell'epoca in Turchia
regnava un Pascià estremamente severo nei confronti del consumo di caffè e
tabacco, considerate alla stregua di pericolose droghe. I consumatori di caffè
e tabacco erano perseguiti duramente (una delle pene previste era il taglio del
naso…) e le caffetterie distrutte. Una volta morto il Pascià oppressore, i
turchi tornarono a bere caffè e a fumare, anche in modo eccessivo, come
reazione al divieto subito. Da qui il detto: fumare come un turco, nel senso di
fumare eccessivamente.
L'origine di questo modo di dire è incerta. In Turchia
infatti già a partire dal VII secolo il fumo ebbe una larghissima diffusione.
Ma nella seconda metà del XVI secolo in Turchia regnò un Pascià estremamente
severo nei confronti del consumo di caffè e tabacco, considerate alla stregua
di pericolose droghe. I consumatori di caffè e tabacco vennero perseguiti
duramente (una delle pene previste era il taglio del naso…) e le caffetterie
distrutte. Una volta morto il dispotico Pascià, finì anche il periodo di
proibizionismo. Così i turchi tornarono a bere caffè e a fumare, anche in modo
eccessivo, come reazione al divieto subito. Da qui il detto: fumare come un
turco, nel senso di fumare eccessivamente.
Quando un bambino piange perché la
mamma gli compri qualcosa: “A n t al
tóogh gnaanch s te piàanṡ in cinèeṡ!” Non te lo compro nemmeno se piangi in
cinese.
Quando una persona parla con
termini difficili o incomprensibili: “A
pèer ch al ciacaara in cinéeṡ!” Sembra che parli in cinese.
Fèer l indiàan, fare l’indiano Nel linguaggio comune, la locuzione fare l'indiano
indica l'atteggiamento di chi, per proprio comodo, finge di non sentire quello
che gli viene detto, o di non capire, non sapere o non interessarsi a qualcosa.
Espressioni con significato sostanzialmente equivalente sono per esempio fare
lo gnorri o fèer al nèssi (il nesci, nel
senso di non capire) e fare orecchie da mercante (nel senso di non capire o non
sentire). L'espressione fa riferimento allo stereotipo del nativo americano
("indiano" delle Indie Occidentali), che avrebbe, nell'immaginazione
popolare, un atteggiamento generale di indifferenza e apatia, come chi non
capisce quello che sta accadendo o che gli viene detto.
Fèer l americàan, fare l’americano. Significa tenete atteggiamenti in cui si evidenzia
la ricchezza e lo sperpero di denaro. Tipico di certi carpigiani degli anni del
boom economico.
Catèer l’America, trovare l’America. Significa trovarsi improvvisamente in una
situazione di grande floridezza economica, quasi sempre con scarso o nullo
merito.
Esempio di modo di dire a Carpi in
dialetto, di recente creazione.
Una carovana nel west viene
assalita dagli indiani.
Il capo fa scendere i passeggeri e
dopo averli derubati, ordina ai suoi:"Uccidete donne e bambini e
violentate gli uomini!"
Inopinatamente uno dei passeggeri
protesta: "Ma come? Di solito è il contrario!"
Al ché il passeggero che gli era
vicino e ch al girèeva un pò dunèeina,
gli dà una forte e sorda gomitata e gli dice adirato, ma sommessamente, con
voce effeminata: "Tèes! Mò vóot
savèer più te che i indiàan?"
Dunque "Mò vóot savèer più te che i indiàan?" è diventata una frase,
un modo dire recente in dialetto (cosa rarissima oggi), che viene pronunciata
quando qualcuno interviene a sproposito e inopportunamente a danno di se
stesso, della propria categoria, o in generale di interessi condivisi anche da
altre persone.
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