La sèina dla pcarìa
di Mauro D’Orazi
revisione del testo
di Anna Maria Ori e Graziano Malagoli
prima stesura del
22-10-2013 V06
del 22-10-2013
Per motivi igienico sanitari, ma anche per
il forte modificarsi dei costumi della nostra società, la pcarìa è stata via via
abbandonata.
Adesso le grandi ditte sono delegate a
questa operazione tutti i mesi dell’anno in base alle esigenze dei consumatori;
un po’ come in lambrusco, che è in lavorazione tutto l’anno, grazie a moderni
procedimenti e attrezzature.
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Preparazione insaccati
La festa che accompagna l’uccisione del
maiale ha un retaggio ancestrale e il suo carattere perpetua i riti e
gestualità, di cui non si conosce l’origine, ma che si ripetono fin dalla notte
dei tempi, spesso inconsapevolmente, alimentando il fascino per l’antropologia
e la ricerca delle nostre origini.
Preparazione insaccati
Ad esempio la cultura del lardo (in pezzi
interi o pestato) e della sugna (nelle vesciche); questi alimenti che oggi ci
fanno un po’ senso erano invece componenti energetici di primaria importanza
per chi lavorava nei campi e per la creazione di difese naturali per il lungo
inverno. Essi ci fanno capire il valore di investimento (capitale) di un
animale che, per tale motivo, viveva il più possibile vicino alla casa del
contadino, con funzione di spazzino ante
litteram, in un’organizzazione economica rurale, dove non si buttava via
niente e dove tutto veniva riciclato e riutilizzato.
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Al salsissi
È rimasta però l’abitudine di celebrare
ugualmente questo rito in modo significativo, anche se ridotto, chiamando un
sabato o una domenica di dicembre o di gennaio, talora a pranzo, ma più spesso
a cena, parenti e amici per la sèina dla Pcarìa o, come si
definisce con termine moderno, per “la maialata”.
Oggi in questi riti gastronomici
compiaciutamente rievocatori si cerca di riproporre il menù tipico della cena
che metteva fine alle complesse operazioni di macellazione del maiale e
confezionamento delle sue carni; si cucinano piatti altrimenti introvabili,
come il riso con la verza, il sanguinaccio, costine alla brace, i nervetti o
altre parti del maiale di solito che è raro reperire in commercio.
Si preparano lunghe tavolate alla buona con
tovagliette di quasi dimenticata chèerta ṡaala carta gialla: sì !
proprio quella che, intrisa d’olio, la nonna o la mamma, ti metteva sulla testa
dopo una bella zuccata per fèer gniir su ’na brugnòocla (o burgnòocla),
per far venir su la botta.
Chèerta ṡaala e brugnòocla
E
poi si parte, tutti assieme … in allegria, cercando di fermare il tempo …
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L’amico Mario Brani, ormai da tanti anni,
organizza e in parte prepara personalmente nella sua casa di campagna a Limidi
alla Pratazzola, una tradizionale sèina dla Pcarìa; del moderno termine
“maialata” poi non vuole, e forse giustamente, nemmeno sentir parlare.
Per rendere dovutamente edotti gli ospiti
della ormai rara ritualità a cui hanno il privilegio di prendere parte, Mario
distribuisce un foglio con “le istruzioni per l’uso”.
Con un’audace azione sono riuscito ad avere
copia di questi istruzioni riservate, che qui sotto riporto:
Limidi,
26 Gennaio 2013
“La Pcarìa”
La
Pcarìa è consuetudine antica, secolare,
presente in molte zone italiane.
Si
esegue con cura particolare nella “bassa padana” delle province di Parma,
Reggio Emilia, Modena, Cremona, Mantova e Ferrara.
Si
tratta della macellazione del maiale e della sua trasformazione in gustosi
insaccati per il consumo domestico.
In
passato, in tempi parsimoniosi, la Pcarìa forniva tranquillità e
garanzia alimentare per l’anno successivo. Eseguita rigorosamente nei mesi più
freddi dell’anno, la Pcarìa, coinvolgeva tutta la famiglia patriarcale contadina.
Gli
addetti all’operazione erano impegnati dall’alba al tramonto; alla fine della
faticosa giornata, il lavoro di concludeva con una saporita cena.
Il Menù
non variava MAI!
Nella
società autarchica del passato la reṡdóora usava i
prodotti disponibili:
· La verza, perché è l’unica verdura che nell’orto regge al
gelo invernale.
· Cipolla, carote e fagioli conservati.
· Il riso, di ottima qualità, proveniente dalle risaie
dislocate tra l’area carpigiana e i limitrofi comuni del mantovano.
· Il formaggio parmigiano (in tempi passati genericamente il
grana).
· E naturalmente le parti di maiale che avanzavano o che
venivano trattenute dalla lavorazione degli insaccati.
Con
questi ingredienti la reṡdóora, aiutata dalle nuore, preparava i vari piatti che, come è
annuale consuetudine di questa casa, anche questa sera vengono rigorosamente
ripetuti.
Buon
appetito!
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L’arrosto
di maiale cuoce a fuoco lento: còot e magnèe!
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Alcune fasi dla pcarìa
La pcarìa, ovvero
macellazione del maiale, per tradizione si svolge prevalentemente da metà
novembre a inizio gennaio. Consiste nel dividere e preparare le carni del
maiale, ognuna secondo la propria specifica vocazione. È un’arte raffinata e
basata su una solida esperienza: NON si può improvvisare!
Di seguito alcuni esempi ...
- Testa del maiale, dalla quale si ottiene la
coppa di testa. Dopo
debita cottura va condita con sale, pepe e miscele di aromi diversi dalla ricetta segreta e poi insaccata.
- Suddivisione
pancetta e carne magra per la preparazione dell'impasto per i salami.
- Operazioni di legatura del salame e condimento
dell'impasto con sale, pepe, aglio e vino.
- A destra la macchina per imbudellare, ossia insaccare, la carne nel budello.
- Salame legato e pronto per essere appeso.
- Tagliatura della cotenna, che poi verrà
macinata e miscelata insieme a carni magre muscolose per la preparazione
del cotechino, zampone o cappello da prete.
- Salami appesi a la pèerdga per la
stagionatura
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