lunedì 13 gennaio 2014

La sèina dla pcarìa la cena della macellazione del maiale - dialetto carpigiano - di Mauro D'Orazi

La    sèina    dla  pcarìa 


di    Mauro    D’Orazi     
revisione del testo di Anna Maria Ori e Graziano Malagoli
prima stesura del 22-10-2013                                                  V06 del 22-10-2013

Per motivi igienico sanitari, ma anche per il forte modificarsi dei costumi della nostra società, la pcarìa è stata via via abbandonata.
Adesso le grandi ditte sono delegate a questa operazione tutti i mesi dell’anno in base alle esigenze dei consumatori; un po’ come in lambrusco, che è in lavorazione tutto l’anno, grazie a moderni procedimenti e attrezzature.
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Preparazione insaccati

La festa che accompagna l’uccisione del maiale ha un retaggio ancestrale e il suo carattere perpetua i riti e gestualità, di cui non si conosce l’origine, ma che si ripetono fin dalla notte dei tempi, spesso inconsapevolmente, alimentando il fascino per l’antropologia e la ricerca delle nostre origini.

Preparazione insaccati

Ad esempio la cultura del lardo (in pezzi interi o pestato) e della sugna (nelle vesciche); questi alimenti che oggi ci fanno un po’ senso erano invece componenti energetici di primaria importanza per chi lavorava nei campi e per la creazione di difese naturali per il lungo inverno. Essi ci fanno capire il valore di investimento (capitale) di un animale che, per tale motivo, viveva il più possibile vicino alla casa del contadino, con funzione di spazzino ante litteram, in un’organizzazione economica rurale, dove non si buttava via niente e dove tutto veniva riciclato e riutilizzato.
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Al salsissi

È rimasta però l’abitudine di celebrare ugualmente questo rito in modo significativo, anche se ridotto, chiamando un sabato o una domenica di dicembre o di gennaio, talora a pranzo, ma più spesso a cena, parenti e amici per la sèina dla Pcarìa o, come si definisce con termine moderno, per “la maialata”.
Oggi in questi riti gastronomici compiaciutamente rievocatori si cerca di riproporre il menù tipico della cena che metteva fine alle complesse operazioni di macellazione del maiale e confezionamento delle sue carni; si cucinano piatti altrimenti introvabili, come il riso con la verza, il sanguinaccio, costine alla brace, i nervetti o altre parti del maiale di solito che è raro reperire in commercio. 
Si preparano lunghe tavolate alla buona con tovagliette di quasi dimenticata chèerta ṡaala carta gialla: sì ! proprio quella che, intrisa d’olio, la nonna o la mamma, ti metteva sulla testa dopo una bella zuccata per fèer gniir su ’na brugnòocla (o burgnòocla), per far venir su la botta.

  
Chèerta ṡaala e brugnòocla

E poi si parte, tutti assieme … in allegria, cercando di fermare il tempo …
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L’amico Mario Brani, ormai da tanti anni, organizza e in parte prepara personalmente nella sua casa di campagna a Limidi alla Pratazzola, una tradizionale sèina dla Pcarìa; del moderno termine “maialata” poi non vuole, e forse giustamente, nemmeno sentir parlare.
Per rendere dovutamente edotti gli ospiti della ormai rara ritualità a cui hanno il privilegio di prendere parte, Mario distribuisce un foglio con “le istruzioni per l’uso”.
Con un’audace azione sono riuscito ad avere copia di questi istruzioni riservate, che qui sotto riporto:
                                                                                         Limidi, 26 Gennaio 2013
La Pcarìa
La Pcarìa è consuetudine antica, secolare, presente in molte zone italiane.
Si esegue con cura particolare nella “bassa padana” delle province di Parma, Reggio Emilia, Modena, Cremona, Mantova e Ferrara.
Si tratta della macellazione del maiale e della sua trasformazione in gustosi insaccati per il consumo domestico.
In passato, in tempi parsimoniosi, la Pcarìa forniva tranquillità e garanzia alimentare per l’anno successivo. Eseguita rigorosamente nei mesi più freddi dell’anno, la Pcarìa, coinvolgeva tutta la famiglia patriarcale contadina.
Gli addetti all’operazione erano impegnati dall’alba al tramonto; alla fine della faticosa giornata, il lavoro di concludeva con una saporita cena.
Il Menù non variava MAI!
Nella società autarchica del passato la redóora usava i prodotti disponibili:
·       La verza, perché è l’unica verdura che nell’orto regge al gelo invernale.
·       Cipolla, carote e fagioli conservati.
·       Il riso, di ottima qualità, proveniente dalle risaie dislocate tra l’area carpigiana e i limitrofi comuni del mantovano.
·       Il formaggio parmigiano (in tempi passati genericamente il grana).
·       E naturalmente le parti di maiale che avanzavano o che venivano trattenute dalla lavorazione degli insaccati.
Con questi ingredienti la redóora, aiutata dalle nuore, preparava i vari piatti che, come è annuale consuetudine di questa casa, anche questa sera vengono rigorosamente ripetuti.
Buon appetito!
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L’arrosto di maiale cuoce a fuoco lento: còot e magnèe!

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Alcune fasi dla pcarìa

La pcarìa, ovvero macellazione del maiale, per tradizione si svolge prevalentemente da metà novembre a inizio gennaio. Consiste nel dividere e preparare le carni del maiale, ognuna secondo la propria specifica vocazione. È un’arte raffinata e basata su una solida esperienza: NON si può improvvisare!
Di seguito alcuni esempi ...

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  1. Testa del maiale, dalla quale si ottiene la coppa di testa. Dopo debita cottura va condita con sale, pepe e miscele di aromi diversi dalla ricetta segreta e poi insaccata.
  2. Suddivisione pancetta e carne magra per la preparazione dell'impasto per i salami.

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  1. Operazioni di legatura del salame e condimento dell'impasto con sale, pepe, aglio e vino.
  2. A destra la macchina per imbudellare, ossia insaccare, la carne nel budello.
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  1. Salame legato e pronto per essere appeso.
  2. Tagliatura della cotenna, che poi verrà macinata e miscelata insieme a carni magre muscolose per la preparazione del cotechino, zampone o cappello da prete.

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  1. Salami appesi a la pèerdga per la stagionatura


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