martedì 23 giugno 2015

Giannino il tabaccaio - Mauro D'Orazi - Carpi - dialetto carpigiano

Giannino il tabaccaio


Chi si fosse trovato a passare alla fine di maggio 2015 per Carpi in pieno centro storico, davanti al Municipio avrebbe visto un’ enorme A appiccicata alla vetrina di una tabaccheria.
La squadra di calcio del Carpi è andata in serie A e la gioia di Giannino (titolare dell’esercizio una volta delegato al chinino, oggi al grattino) era esplosa all'inverosimile con l'aggiunta poi, di lì a poco di quella dello scudetto e di altri trofei alla Juve, sua squadra del cuore. Una vera apoteosi di esultanza, di emozioni, di soddisfazioni di vita!
Giannino ha appena compiuto 50 anni, è un uomo sano, un tifoso felice, ha moglie e due figli, un buon lavoro, ecc… Vende sigarette, francobolli e… piccole gioie con i gratta e vinci!
Giannino è una brava persona. Ce ne fossero! Ma non si pone grossi dubbi esistenziali e, per paura di uscire dal seminato, non ha nemmeno mai assaggiato un piatto di spaghetti di soia cinesi. È andato per la prima volta all’estero l’estate scorsa e di fronte alla Torre Eiffel ha esclamato, un po’ sorpreso: “AH! Credevo fosse anche più alta!”
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A questo punto qualcuno fra coloro che mi ascoltano, comincerà a preoccuparsi della salute mentale di chi legge queste righe e a chiedersi cosa c’entra tutto ciò con quello che stiamo studiando e approfondendo.
Ebbene Giannino è l’esatta corrispondenza nella ns società attuale della figura di Papageno del Flauto Magico del grande Mozart.
Nella celeberrima opera, il protagonista Tamino è chiamato a grandi traguardi, sarà iniziato, libererà Pamina dal buio della notte, la farà sua e diventerà l’allievo/ successore del gran sacerdote Sarastro.
Papageno, invece, è uomo comune che si accontenta delle cose primordiali. Il buono, il giusto: secondo il comune sentimento popolare. Inizialmente racconta qualche ingenua frottola per farsi grande, ma è un peccatuccio veniale e alla fine si rivelerà di buon cuore e anche piuttosto saggio.
Il “povero” (fra virgolette) Papageno (lato infantile di Tamino) ambisce a traguardi molto meno ambiziosi dell’eletto; innanzitutto deve guadagnarsi da vivere, catturando e rivendendo rari volatili, e poi desidera assolutamente trovare una Papagena come lui, per mettere su famiglia e avere tanti piccoli Papagenini.
Papageno è scaltro e pieno di inventiva, ma nel contempo è anche gran chiacchierone e, come tutti coloro che sono affetti da tale fastidioso problema (per le orecchie altrui), spesso non sa né discorrere, né tacere. Ha paura ed è timoroso davanti a troppe novità, che quasi sempre non riesce a capire.
A Papageno viene data la possibilità di accedere a stati di coscienza più maturi, ma non riesce a superare le prove di iniziazione e in particolare quella del silenzio, parlando e anche a sproposito.
Papageno, nella sua spontaneità semplice e incontenibile, non ce la fa proprio a tacere e le sue labbra vengono serrate da un lucchetto d’oro.
Nella figura di Papageno viene rappresentata la dimensione psichica di chi si sente ben inserito nella concretezza del reale e si accontenta di quello che la vita gli offre lì per lì; non pensa a una condizione umana più alta, a un avvenire intriso di altissimi principi. Papageno non intende per nulla operare grossi rivolgimenti nella sua pratica esistenza, tende perciò a escludersi dalle prove d'iniziazione, rappresentano più che altro un fastidio e un limite al proprio istinto naturale.
II silenzio e il dominio di sé, possono essere l'espressione della forza della coscienza e della saldezza dell'io.
Questa forza e solidità vengono richieste a Tamino, mentre Papageno, succube e tentato dai sensi, non è degno dell'iniziazione, anche se la sua figura di basso livello completa la solennità iniziatica del mondo di Tamino.
Pertanto Papageno rappresenta la paura naturale dell'uomo, che si ritrae dall'ascesi e dallo sforzo di elevazione della vita; egli non ha lo scopo di andare nella notte, di rischiare la morte verso più alte mete e si accontenta del fatto di pensare, con un’alzata di spalle, che: "Ci sono molto persone come me!" Quando gli viene comunicato, con compunta solennità, che non ha superato le prove iniziatiche. Il suo atteggiamento è di tranquilla noncuranza, mista a una punta di dispregio.
NON dimentichiamolo, in questa sua semplice, ma fondamentale constatazione, ha dalla sua parte l’umanità ordinaria, cioè la maggior parte delle persone di buon senso e di positiva volontà!
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Quasi tutte le mattine io e l’amico S prima di andare a lavorare, ci fermiamo più che volentieri a chiacchierare nel negozio di Giannino, divenuto piacevole punto di incontro per gossip, battute, frizzi e lazzi. Giannino è un istrione e ogni mattina recita a soggetto, straparla simpaticamente.
Giannino però ogni tanto ci sente discorrere, in modo sintetico e per sottintesi, di strani appuntamenti per la serata; è curioso. A un certo punto sbotta:“ A m piesrèev savèer indu andèe a la sìira?” Mi piacerebbe sapere dove andate alla sera? Si attenta a chiedere in dialetto, con compiaciuta ignoranza e sbuffante malizia. Noi ridendo, gli rispondiamo rivelandogli cose fra le più inverosimili: traffici di valuta per milioni di euro con paesi esteri, incontri a scopi sessuali ambigui, rapporti coi servizi segreti di mezzo mondo, complotti contro il Vaticano, ecc.. . Giannino ci guarda scuotendo la testa e ci manda al diavolo sempre con efficaci frasi dialettali.
NON capisce, ma soprattutto non potrebbe capire, NON VUOLE capire… nemmeno se gli dessimo un minino di spiegazioni… le nostre sono “cose” troppo lontane dal suo sentire.
Giannino è felice nella sua vita di sana ordinarietà, non cerca soddisfazione in esoterici piani paralleli esistenziali.
“Sei il nostro Papageno!” Gli dico sorridendo. “Ehh?!” Replica lui, guardandomi stupito: non comprende e io di certo non glielo spiego. Eppure sarebbe semplicissimo dare un occhio a qualche pagina di internet; cosa che però non farà mai. È felice così! Perché porsi nuovi problemi?
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Ma… noi GRANDI   filosofi al massimo grado… lo siamo anche noi… felici? Noi chiamati agli alti destini di Tamino! Noi che ci vediamo assegnati nomi e titoli altisonanti.
Noi…   chiamati alla purezza, alla santità e alla diffusione del pensiero e degli ideali di libertà di saggezza nel mondo, nella società. Il destino di Tamino ci appartiene; ci è stato attribuito da un alto (e nel contempo intimo) disegno, che perseguiamo (per ispirazione e intuito) pur senza mai riuscire a comprenderne adeguatamente la sua interezza e la sua complessa e completa verità.
Ma sarà proprio vero che siamo chiamati a questi supremi e ineluttabili compiti? Soprattutto quelli estremamente gravosi di portare i ns grandi ideali nella società. Chi ci dà la convinzione di essere superiori a Papageno e all’amico Giannino? Che presunzione!!
Tamino è l’eroe che attraversa l’oscurità, rischiando la morte per arrivare al celeste piacere dell’iniziato. Egli insegue la sua Gerusalemme Celeste. Egli rappresenta il principio della coscienza attiva che deve essere messa in funzione e che deve affermarsi nella lotta con le forze oscure dell’inconscio. Egli è alla caccia del tesoro, della pietra preziosa, che è simbolo dell’ampliamento di coscienza, che è poi il profitto di ogni iniziazione.
Papageno non è in grado di partecipare all’alto volo spirituale di Tamino, ma non è che non subisca una trasformazione, solo che essa avviene nell’ambito di un mondo naturale, non tanto inferiore, ma che si limita a vibrare con una frequenza più grossolana. Una dimensione che è certo meno intellettualmente raffinata, ma allo stesso tempo di certo umanamente positiva.
Una risposta potrebbe essere di considerare il mistero superiore dell’iniziazione (che è per pochi), come il colmo della stessa forza d’amore per la vita, che anima il mondo più prosaico di Papageno.
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Giannino è soddisfatto della sua vita, il suo concreto umanesimo ha semplici e solidi principi.

Mi chiedo se lo sono anche io… soddisfatto e felice, avvolto dalla certezza del dubbio e spesso pesantemente ricurvo, come un punto interrogativo vivente, sulle mie incertezze di verità; VERITÀ che intuisco, corteggio, inseguo, ma che drammaticamente NON raggiungo mai (invece come vorrei) nella sua completezza.

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