Sconforto
di Mario Stermieri
Ecco
una poesia del grande Mario Stermieri di Carpi, in cui, di proposito e con grande maestria, il
contenuto triste viene completamente disintegrato dall'esilarante utilizzo dei
termini, per noi che parliamo l'italiano corrente, in un improbabile tentativo
di fondere due lingue differenti.
SCONFORTO
La prima vera ecco è
quì che vièno
siamo già arènto al
tempo della fóia
in mezzo ai prati si
è già sgato il fieno
e vien su l'uva bella
ch'la fa vóia,
ma nel mio cuoro
ancor non v è giungiùto
il tiepido calor del
sol d'aprilo
perché la mante mia
non m'à più vluto
e sofro, e… calo
tutti i giorni un chilo!
Quando poi penso ai
bacci che ci ò dato
in della ghigna
fresca e pien d'ardire
mi sento comovùto e
sconsolato
come se fossi arènto
a partorire!
E quando penso a sì
crudel disdetta
e che in del mondo
non avrò più pace
blisga dagli occhi
giù per la basletta
il pianto mio dal
gran che m'indespiàce!
Mario Stermieri,
Carpi 1886/1910
Nel
leggere il buffo utilizzo delle parole italianizzate dal dialetto carpigiano nella
poesia di Mario Stermieri, c’è da chiedersi se non era questo forse il sistema
usato dagli scrittori dialettali del Tre-Quattrocento di trasformare la lingua
della loro terra nel nuovo linguaggio toscano, che si stava affermando in tutta
la penisola. Del resto quante parole provenienti da tutte le regioni italiane
sono state toscanizzate e oggi fanno parte dell'italiano standard!
Da
notare poi che i quattro versi finali, musica pura e cristallina, sono i più
famosi e conosciuti di tutta la povesia
carpigiana:
E quando penso a sì
crudel disdetta
e che in del mondo
non avrò più pace
blisga
dagli occhi giù per la basletta
il pianto
mio dal gran che m'indespiàce!
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