Prima stesura 10 Luglio 2014
v08 del 24-7-2014
Vecchia bottega
Odori, ricordi e materiali vari
di Mauro D’Orazi
Anni 70 - Una bottega di
meccanico delle nostre zone
Quell’odore un po’ forte che prende entrando in certe
botteghe. Un udóor antìigh èd ’na vòolta! Un afrore
caratteristico di morchia vetusta e inacidita, sulle cose, sugli attrezzi, sul
pavimento che ha assorbito, fra tanti piccoli crateri di martelli caduti, fra
maledizioni e diochè diolà, ogni genere di fluido in decenni di
onorato e continuativo servizio. Ma non fermiamoci al bancone, chiediamo all’amico
biciclista di andare dietro, nel disordinato magazzino delle cose abbandonate,
quelle che “prima o poi” serviranno o verranno a un certo buttate via, in
orride discariche per essere poi recuperate da qualche avventuriero, senza
amore né scrupoli, e poi essere spacciate in qualche sordido mercatino
dell’usato.
“Guardèe che bèela fursèela ruṡnèinta! A m
cuntèint èd 80 euro! L’è marchèeda DEI ! (Guardate che bella forcella
arrugginita! Mi accontento di 80 euro! È marcata DEI!)”
Avuto il permesso dal meccanico (con la faccia un po’
stupita: “Mò ée l séemo? Che lò?”), è sufficiente un attimo per tuffarsi
lì dentro, tra selle consumate e lasciate lì per essere montate chissà dove e
chissà quando, tra telai ancora avvolti in quella carta speciale per salvarne
la verniciatura che da sotto ammicca lucente e antica, con un velo di polvere. Cerchioni
appesi irraggiati di un alluminio ormai tutto coperto da una ruggine grigiastra.
Catena da bici di
produzione estera
Quell’odore mi avvolge più forte che mai; è penetrante e sa
di grasso irrancidito e stagionato di bicicletta, di oli da motorini trasformatisi
col tempo in una disgustosa e appiccicaticcia… péeghla. Se chiudi gli
occhi, da quell’effluvio stantio, vedi venir fuori una bicicletta a scatto
fisso, non certo di quelle moderne: ma una di quelle da pista, di una volta,
col manubrio lucente e coperto dal nastro solo sotto, dove andavano davvero le
mani esperte dei pistard, perché se correvi forte era meglio star giù, giù più
che potevi, senza appesantire di mezzo grammo in più la bici.
Anni ’60 Grandi velocisti
da pista – Maspes e Gaiardoni
Oppure una bicicletta da passeggio, fiammante di carter
cromato e sella in similpelle ancora nuova. Ti ricorda la bella ragazza di fine
anni ’60; quella che ti piaceva tanto e aspettavi che passasse in bici con la
mini per vederle le gambe e la fine delle calze di nylon color rosa carne. Mò ch
lavóor! Mò ch meravìa! Visione irresistibile, da piacevolissimo peccato
mortale, per altro mai redento! Mai rimesso!
La foto a dx è del 1973 dal film “Malizia”
con il povero Alessandro Momo e Tina Aumont
Poi i pensieri si placano e si continua a frugare con gli
occhi. Un manubrio in alluminio di pregevole fattura, di quelli fasciati in
pelle che erano un lusso negli anni Ottanta. Cose da corridori professionisti
raffinati. Roba che per cambiare la copertura dovevi ricorrere a un vero
professionista del ramo.
Ancora scatole con caratteri antichi e carta oleata ad
avvolgere i preziosismi di uno scatto a ruota libera Regina (al
ruchètt, la róoda lìbbra) per bici da passeggio e un altro da corsa
ancora intatto.
Mancano però le scatolette rosse e bianche degli ingranaggi
da ruota libera cecoslovacchi, di produzione artigianale di alta scuola, impeccabili
nelle tolleranze e nelle sfere. Manufatti di gran qualità, piccoli gioielli
meccanici, la cui perfezione aveva resistito ed era sopravvissuta con classe e
dignità al bieco regime comunista, dove la qualità poteva essere un elemento da
nemici del popolo e della rivoluzione.
A farli girare fra le dita, sentivi lo stesso rumorino
morbido, preciso, piacevole del tamburo di una pistola… tik… tik… tik.
Perfetto!!!
Ma… un ricambio troppo buono e… contingentato. Introvabile,
esaurito oramai da tempo.
1965 ca - Ruota libera della
rinomata ditta Regina
Avete mai provato a chiedere a una vecchia bottega? Posso
vedere che componenti hai di una volta? Quasi un viaggio interiore nel tuo più
intimo passato legato ai mezzi a due ruote, agli strumenti meccanici.
Magari può venire fuori l’idea di una bicicletta nuova in
stile antico. E senza neppure spendere troppo. Chissà la passione dove potrebbe
portare? Per qualcuno potrebbe reiniziare ancora da un vecchio magazzino. Pieno
di ricchezze e di ricordi da raccontare, ma anche (perché no?) da far rivivere
con compiacente dolcezza e con assennato e misurato rimpianto.
1965 ca – catena per biciclette
Regina
Il grande Agostini usava questa marca per le sue MV mondiali
Il grande Agostini usava questa marca per le sue MV mondiali
Mettere le mani su quei vecchi pezzi, o su una vetusta
bicicletta può essere una scuola di meccanica e vita di prim’ordine. Pensateci,
a volte basta chiedere il permesso e l’aiuto dell’amico biciclista che è lì da
quarant’anni sempre in mezzo a quell’odore di morchia. Un’essenza che gli si è
permeata per sempre nella pelle e nelle sue mani mai del tutto ripulite,
nonostante la l’efficace pasta Nelsen.
**
Lucio Battisti cantava: "Son le cose che
pensano ed hanno di te sentimento. Esse t'amano e non io. Come assente
rimpiangono te. Son le cose prolungano te!"
Qualcun altro disse: "Siamo ciò che costruiamo!"
Ovvero la nostra anima si fonde col pensiero della nostra mente, con il prodotto
delle nostre mani. Non tutti però sono in grado di ascoltare "il
respiro" degli oggetti carichi di lontane vibrazione, soprattutto chi
pensa semplicemente e solo di "possedere"!
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