domenica 26 ottobre 2014

A la muccia - addosso - dialetto carpigiano - Carpi - Mauro D'Orazi

A la mucciaa! ( Addosso!)
Un gioco che socializza schiene e pance: Ṡughèer a la mucciaa! (giocare al mucchio).
Non ci sono regole, si lascia tutto alla buona educazione e alla resistenza dei giocatori. Di solito due bambini iniziano con una lotta fraterna o fratricida.
“T’arrendi?”
“ Me no, veh!” e giù botte del tipo: dove prendi prendi, dove ti trovi ti trovi, anche nella polvere come i passerotti quando godono nel fare gli spolveri in una piccola buca.
Quando entrambi i contendenti sono sfiniti, a terra, sudati e impolverati, gli amici con garbo, i nemici con minor garbo, si lanciano sui due poveracci. A la mucciaa!, cioè : addosso! Uno sull’altro, ci si lascia cadere come blocchi di piombo fino a formare una bella pila: più concorrenti ci sono, più la pila, in senso Voltiano, s’arricchisce d’energia. C’è sempre qualcuno, di solito l’ultimo, che prende la rincorsa e si lancia spavaldo a braccia aperte sulla catasta umana mettendo il sigillo finale e comincia a dimenarsi insensibile al grido di dolore che proviene dal basso della suddetta pila. Qualche urlo: ahiahia mi fai male, basta non ne posso più, mi schiacci la pancia, tira via il piede dalla mia faccia… Giunge il momento dello sgroviglio. Ci si srotola lentamente, a fatica, e si resta a terra ansimanti. Sfiniti e puzzolenti. Il gioco è terminato. Bello, sano, atletico, tranne quando è il più grasso del gruppo a saltare per ultimo. A quei tempi, verso i dieci anni, nessuno mi riteneva snello e saltavo per ultimo o penultimo. Poi, con la pubertà, ho perduto i chili e il gusto del gioco.
  A la muccia! (addosso!)
Marco Giovanardi ricorda: "Qualcuno potrebbe pensare che a ?ughèer a batmùrr a fuss sóol 'na facèenda d avèer dal cuul (giocare a battimuro fosse solo una questione di culo). Niente di più sbagliato! Al faciutèin a se gh dèeva la pìiga giùssta agli urècci e l èera determinàant pèr fèrel vulèer (alla figurina si doveva dare la piega giusta alle orecchie, cosa determinante per darlela corretta traiettoria) verso l'obiettivo, la preda ambita, battezzata all’inizio del gioco. Con il tuo dovevi coprire anche di un solo millimetro quadro al faciutèin dificcil da ciapèer. Occorre tener presente che i faciutèin a terra non si potevano rivoltare e di conseguenza bisognava ricordarsi dov'era quello da coprire per vincere tutte le figurine giocate.

A la muccia! Ragàas! Chi ciàapa, ciàapa!

Poi poteva succedere che qualcheduno tra gli osservatori e braghèer, di certo qualche complice in malafede, che erano in capannello tutt' intorno, gridasse la temuta: "A LA MUCCIA!”Era un segnale anomalo di caos, senza più regole… èd chi ciàapa, ciàapa! (di chi prende, prende!)
Non era tollerato, ma dopo di esso tutti si buttavano ad accaparrarsi quante più figurine possibile che erano per terra, senza rispetto per la proprietà altri: una rapina quasi legalizzata.
  È interessante ricordare che i ragazzi più grandi avevo di solito grande disponibilità di vetre, ma nel contempo i loro interessi, crescendo di età, si indirizzavano gradualmente verso obiettivi diversi: ragazze, motorini, ecc … . Allora poteva succedere che, per puro gusto sadico, qualcuno lanciasse l' urlo di richiamo: "A la mucciaa!!”(all’ammucchiata) e, dopo aver atteso che si formasse una massa vociante e spintonante di maschietti agitati, gettavano in aria sulle loro teste, con alti e lenti lanci a parabola, delle vetre in regalo, generando naturalmente delle risse e mischie.
Era un chiaro segnale di passaggio e di evoluzione nella piccola, ma vivissima e dinamica società del Parco delle Rimembranze. Era arrivato il momento dell’adolescenza, della crescita, mentre tanti altri più piccoli continuavano ad avvoltolarsi ancora per un po’ nell’infanzia.

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