martedì 17 marzo 2015

Essere figlio di nessuno e non contare nulla - CARPI - dialetto carpigiano - Mauro D'Orazi



Prima stesura 11-03-2015                                                                      V07 del 14-03-2015

Essere figlio di nessuno e non contare nulla
di Mauro D’Orazi

Ecco vari modi di dire per definire una persona offesa per essere stata sottovalutata o non considerata.

Mò mé chi suun ia? Al fióol dal pòover sugamàan?
Èsser al fióol dal pòover sugamàan: persona maltrattata da tutti o/e figlio di padre ignoto. L'asciugamano a cui ci si riferisce è quello usato da una prostituta a fine lavoro e... non cambiato spesso. Ciò porta a possibili paternità al quanto incerte.
Mentre un sugamàan è una persona che non dà affidamento e capace di nequizie.
L è un sugamàan móoi ; è un asciugamani bagnato; è una persona indolente e sgradevole.
Ci sono poi tantissime varianti eccone alcune:
al fióol èd nisùun?
... al fióol èd la schifóoṡa?
... al fióol dla brutta schifòoṡa?
... al fióol dal schifóoṡ 
... la fiòola dal bidèel o dla bidèela
... al fióol dal putt (è vansèeda dla mnèestra d aiéer. Daa la al putt!)
... al fióol dla schiava Iṡaura?
Interessante questo neologismo per altro già tramontato. La schiava Isaura (Escrava Isaura) è una telenovela brasiliana fra le più famose del mondo prodotta da Rede Globo nel 1976, la primissima telenovela trasmessa in Italia).

Tè te nn ii nisùun, aansi al sio èd nisùun.
E mè chi suun ia, al fióol dla sèerva?  E io chi sono? Forse il figlio della serva? 
... al fióol dla sèerva èd Mariàan
... al fióol éd Caciini
... al fióol dal préet
Mò a gh éera aanch la sèerva dal caplàan (ch l à faat un ṡbaali!).
C’era anche la serva del cappellano (che fece uno sbaglio!)

Chi suun ia mè? La fiòola èd dàai e dàai!
Chi sono io ? La figlia del dai e dai!

A n suun mìa fióol d mill fraanch!: non sono mica figlio di mille lire; non mi faccio allettare da un'offerta così misera!

‘Sa suun ia al fiòol dal sòop Bèeṡla! Sono forse io il figlio dello zoppo Besla?
Bèela è una forma arcaica del nostro dialetto che significa mento: ’na bèela bèeṡla  è un mento pronunciato. Oggi si usa invece il diminutivo baslètta che indica sempre il mento.
Chissà chi era questo disgraziato personaggio… povero, zoppo e con un mento molto di considerevole lunghezza?  Certo uno vissuto realmente, forse almeno un paio di secoli fa, che era conosciuto con questo curioso scutmàai.

Aggiungo altri modi di dire, su tematiche simili.
Al fióol dal più ṡvéelt (d 'na coperatiiva): figlio del più svelto (d'una cóoperativa); sono espressioni maligne, quando si vuole indicare una persona dalla paternità dubbia, facendo riferimento alla presunta "leggerezza" o ampia disponibilità della madre.
I fióo d Suléera, chi s i fa s i léeva!: i figli di Soliera (o Solieri????), chi li mette al mondo li deve fare crescere! A nn éera mìa dificcil, ind i tèimp pasèe, che la ragazza-madre si presentasse a casa dell’ “impollinatore" sposato, pèr fèer èggh vèdder al "fióol d Suléera".

Vedendo uno che, di solito malvestito, è tutto tirato a festa, si può dire : "Te m pèer al fióol d un caan  d un sgnóor!” Mi sembri il figlio di un cane di un signore.

La frase ironica “Mò gniint, Sapètt!" stava a significare una situazione o un fatto accaduto molto grave al quale però, verbalmente, si voleva dare un modesto o insignificante valore, negando una più che evidente, ma imbarazzante realtà. Ma la spiegazione più vera sembra che fosse riferita al frutaróol Sapètt, che aveva il banco in Piazzetta; costui era solito pronunciare questa frase per illustrare alla gente l’ottima mercanzia che aveva in vendita e il prezzo estremamente conveniente

Altre versioni, nelle quali si scatena la fantasia popolare: c’era un contadino, tale Sapètt, con stalla, che portava il latte al casaro. Questi controllava che tutto fosse in regola. Un giorno vide qualcosa di strano e lo rinfacciò al contadino, il quale per minimizzare, si giustificò dicendo: “Mò gniint, ‘na bussca ind al laat! " Il casaro di rimando: “Mò l è un gaat mòort, Sapètt!”

Ancora: “Mò gniinta caṡèer, l’è ‘na busca ind al sèer (siero)!”  

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