mercoledì 9 gennaio 2013

Il tiro al cavaliere di Fabrizio Pederzoli (e Mauro D’Orazi) Carpi - Dialetto carpigiano


Il  tiro  al  cavaliere

                                                     di Fabrizio Pederzoli (e Mauro D’Orazi)

revisione del testo a cura di Graziano Malagoli

prima stesura 01-01-2013                                        v14 del 07-01-2013

Fabrizio Pederzoli, stimato dirigente bancario carpigiano, racconta una sua importante esperienza di vita nel Parco legata alle palline e illustra un’altra variante di gioco. Un piccolo episodio, ma un’importante lezione esistenziale
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partitabiglie

“Nel 1970 avevo 12 anni, quando andai per la prima volta al Parco delle Rimembranze senza i miei genitori. Era estate e la scuola era appena finita. Mi sentivo libero. Ero solo e avevo con me un prezioso sacchetto di plastica con dentro qualche biglia di vetro. Mi apprestavo a varcare una "foresta impenetrabile", al tempo occupata da ragazzi scaltri ed esperti che la facevano da padroni. Un vero salto di qualità esistenziale e di relazioni umane.
Impiegai poco tempo a imparare e a impratichirmi dei tanti giochi con le biglie in voga in quei tempi.


C’era lo zig - zag (la serpentina) sulle panchine in cemento che avevano sul fondo quattro buchi equidistanti per il deflusso dell’acqua piovana. Dentro di essi venivano piazzate dal ragazzino che teneva banco le biglie. Il concorrente, tramite uno studiato cricco sulla propria pallina dato con sapiente angolazione laterale, doveva effettuare lo zig zag in modo dolce, ma nel contempo deciso e terminare il percorso senza "ticciare" (toccare) le palline stesse. In caso di successo il concorrente avrebbe vinto tutte le palline infilate nei buchi, in difetto avrebbe perso la propria. Il gioco era estremamente difficile da vincere e veniva puntualmente proposto ... alle nuove ingenue reclute, che ben presto avrebbero imparato ad astenersi o ad allenarsi intensamente da sole.
C’era poi il tiro al cavaliere (una "preziosa" biglia colorata di bianco con lune trasversali marroni, verdi e blu).
Il gioco consisteva in questo: l'organizzatore sedeva su una panchina e poggiava a terra il cavaliere, mentre da una distanza di circa due metri, i concorrenti lanciavano le proprie biglie. Era una variante semplificata della torretta. Nel caso avessero "ticciato" avrebbero vinto il cavaliere, in difetto avrebbero perso tutte le biglie degli lanci effettuati.
C’erano delle gradazioni nel gioco basate sull’aumento della posta al variare della distanza di lancio, indicata per terra da un gessetto o da una riga sulla polvere fatta con la scarpa
C’era il tiro delle 10, il tiro delle 20, ecc ...  Prima del tiro si dichiarava e ci si sistemava alla distanza prestabilita. Per il tiro delle 10 la distanza era breve, per il tiro delle 20 la distanza più lunga, e così via.
Quel giorno avevo con me biglie poco più di una ventina di biglie di vetro e dovevo con attenzione capitalizzare il mio tesoro, ma avevo timore che ragazzi più esperti avrebbero potuto appropriarsi del mio tesoretto.
A un certo punto un ragazzo, che si vantava di essere un esperto conoscitore di tutto e di tutti, abile a chiacchiere, ma senza una biglia di vetro con cui giocare, mi diede un consiglio a suo dire "unico":
"S te vóo viinser dimònndi … mètt su al tiir dal sèint. (Se vuoi vincere parecchio … organizza il tiro delle cento)".
Nel lato nord del parco, davanti alla pista di pattinaggio, a sinistra il bar (ora anche ristorante) a destra c’era una panchina in cemento (di quelle usate anche per la serpentina). Avrei solo dovuto sedermi lì e poggiare a terra una biglia di vetro dichiarando ad alta voce "Tiro delle 100!"
I concorrenti avrebbero dovuto lanciare le loro biglie da molto lontano, considerata l’altezza della posta e contavo proprio su questa rilevante distanza per vincere parecchie palline e trascurando il fatto che, se per sventura avessi perso, non avrei avuto di ché onorare l’abile vincitore.
Lo sciagurato in ogni caso mi tranquillizzava e mi incitava all’impresa:" Stà tranquìll ! Nisùun a gh ciaparà màai (Tranquillo! Nessuno ci prenderà mai) e te ne andrai a casa col sacchetto pieno di biglie."
Non troppo convinto, ma carico di adrenalina, gridai:
"Tiro delle 100!!".
Improvvisamente un nugolo di ragazzi cominciò a tirare biglie di vetro dietro una linea tracciata a terra col tallone. Io, a distanza di circa 15 metri, seduto sulla panchina, cominciai a raccogliere con crescente entusiasmo le prime biglie che arrivavano senza colpire la mia. Poi d’improvviso … ticc’ … imbarazzo e paura: una maledetta biglia colpì in pieno la mia e mi rese debitore di 100 biglie che non possedevo. La paura diventò poi subito panico, quando vidi in faccia chi aveva vinto e reclamava la sua vincita: "A m ciàam Omar, mò a sun Ramo pèr i mè amìigh! Òccio ch a suun dimònndi scòomed!  A suun duur damàand al lèggn e a suun pròunt a ṡbraghèer èt la ghignèera s te n pèegh mìa! (Mi chiamo Omar, ma per gli amici Ramo. Sono molto scomodo e duro come il legno e sono disposto a romperti la faccia, se non paghi)".
Con il cuore in gola, concordai una tregua temporanea. Gli lasciai il sacchetto con tutte le mie insufficienti palline, impegnandomi a saldare il debito rimanente per il giorno dopo.
Me ne andai mestamente verso casa, con lo scontato timore della severa reazione di mio padre. Infatti egli, dopo la sorpresa iniziale, mi manifestò tutta la sua delusione e amarezza per il mio comportamento. "Hai giocato e impegnato ciò che non possedevi; è un fatto davvero grave; un errore che ti deve servire come insegnamento per la vita futura" mi ammonì severo.
Mi comprò le biglie di vetro ed io mi impegnai a rinunciare alle mancette settimanali per qualche tempo, ma imparai la lezione.
La mattina del giorno dopo ero già al Parco a saldare il mio debito di … vita.”
**M**


Norme di trascrizione del dialetto

Le norme di trascrizione adottate dal
“Dizionario del dialetto carpigiano - 2011”
di Anna Maria Ori e Graziano Malagoli

Tabella per facilitare la lettura

a      a come in italiano                           vacca
aa    pronuncia allungata                         laat, scaat, caana

è e aperta (come in dieci)                         martedè, sèccia, scarèssa, panètt, panèin
èe    e aperta e prolungata                      andèer, regolèeda, martlèeda, taièe
é      e chiusa (come in regno)                  méi, mé
ée    e chiusa e prolungata                      véeder, créedit, pée

i i come in italiano                                bissa, dì
ii      i prolungata                                   viiv, vriir, scalmiires, dii

ò      o aperta (come in buono)                pòss, bòll, brònnṡa, pistòun, dimònndi
òo    o aperta e prolungata                      scartòos, scatlòot, malòoch, tròop
ó      o chiusa (come in noce)                   tó, só, indó
óo    o chiusa e prolungata                      vóolpa, casadóor, móoi, óov, ṡóogh
u      u come in italiano                           parucca, bussla, dubbi, currer, fiùmm
uu    u prolungata                                   bvuuda, vluu, tgnuu, autuun, duu

c’      c dolce (come in ciao)                      vèec’ , òoc’
cc’    c dolce e intensa (come in faccia)      cucc’, scarnìcc’, cutècc’, palpùcc’
ch    c dura (come in chiodo)                   ṡbòcch, spaach, stècch
g’     g dolce (come in gelo)                     curàag’, alòog’, coléeg’
gg’   g dolce e intensa (come in oggi)       puntègg’, gurghègg’
gh    g dura (come in ghiro)                     ṡbrèegh, siigh

s      s sorda (come in suono)                  sèmmper, sóol, siira
ṡ      s sonora (come in rosa)                   atéeṡ, traṡandèe, ṡliṡìi

s-c    s sorda seguita da c dolce                s-ciafòun, s-ciòop, s-ciùmma, s-ciòoch


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