Biglie da pista
di Mauro D’Orazi
v 08 del 02-08- 2012
revisione del testo di
Giliola Pivetti
La pista con le
biglie, oggi denominata cheecoting
Anni ’40 - pista per gare di biglie
Progettare e costruire una pista
da biglie è sempre stata un’impresa epica, sia che si operasse nel cortile
della casa propria o di amici, o in un mucchio di sabbia di un cantiere edile
o, naturalmente, in spiaggia.
Il gioco sulla pista può avere
quanti concorrenti si vuole. La gara delle biglie in cortile consiste nel
costruirsi una pista o disegnarla col gesso. Poi si sceglie una biglia, la si
posiziona sulla linea di partenza e con il cricco a turni si procede con i tiri
ben mirati, La prima biglia che arriva in fondo alla pista, o termina i giri
prestabiliti, fa vincere il suo proprietario.
Le regole sono apparentemente
semplici, eppure fu proprio una disputa interpretativa sul turno di tiro che fu
per me occasione di un disgusto insanabile.
Eravamo nel 1960 e la mia
famiglia si era da poco trasferita in un nuova abitazione dell’INA Casa.
Quattro edifici, posti nella
cosiddetta area ex Gandolfi (dal nome delle due sorelle proprietarie in origine
del terreno) fra le vie Luigi Galvani e Alessandro Volta; sedici famiglie in
tutto che per un certo periodo, prima di mettere le recinzioni, ebbero in
comune un grande cortile.
Siccome i lavori non erano
finiti, c’era ancora una bella montagnola di sabbia; così noi ragazzi pensammo
di costruire una bella pista. Ma la gara durò … poco … pochissimo.
Per stabilire il turno di
partenza non ci fu problema: si ricorse a una tradizionale conta. Ma le
complicazioni sorsero subito dopo il primo turno di tiro. La maggior parte di
noi era dell’idea che i turni dovessero proseguire e susseguirsi nello stesso
ordine fino al termine della gara, ma Elidio Rustichelli, un ragazzino che era
un po’ più grande di noi, affermava con ferrea convinzione che dal secondo tiro
in poi, si doveva procedere in ordine di posizione occupata in quel momento: il
primo per primo, il secondo per secondo e così via fino all’ultimo per ultimo.
Il dissidio fu insanabile e
verbalmente cruento.
Io presi la mia pallina e tornai
a casa mia arrabbiatissimo e non giocai mai più con quei ragazzi, preferendo il
Parco, dove c’erano delle regole più “certificate”.
Non ho mai saputo con certezza,
ormai a distanza di tanti anni, quale delle due modalità fosse quella giusta.
Le piste nei giochi in spiaggia
Una variante molto diffusa del
gioco delle biglie su pista, è il gioco delle biglie su sabbia. In questo caso
le biglie sono di plastica, più grandi rispetto alle tradizionali biglie di
vetro e spesso al loro interno sono stampati immagini di ciclisti, auto o
personaggi di animazione. Un dischetto trasparente con la foto viene collocato
fra una semisfera colorata e l’altra trasparente.
Anche oggi in estate nei giochi
da spiaggia, tra beach-football, beachtennis, beach-rugby e altri beach-sport,
figura anche il cheecoting. Ci si
ritrova sul bagnasciuga a far rotolare biglie colorate contenti le immagini
delle monoposto Ferrari o MacLaren. Piccoli bolidi sferici, che corrono lungo
tracciati sabbiosi che riproducono fedelmente i circuiti della Formula 1. A quanto pare l'origine del
cheecoting, o almeno del suo nuovo
nome, è messicana: dalle spiagge di Acapulco il gioco si è diffuso sulle lunghe
spiagge californiane. Dal Pacifico la tradizione dei "Chicos", ossia
dei ragazzini messicani, è arrivata sulle sponde dell'Adriatico, dove però già
esisteva già decenni una solida tradizione del gioco delle biglie, direi da ben
più di mezzo secolo.
Nel senso che non c’era quasi
nulla da inventare che già non fosse stato fatto o praticato in Italia. Le
solite mode di ritorno, che ci propongono cose da sempre conosciute; si dà loro
una riverniciata, confezionando loro su misura una nuova appetibilità buona per
gli … ignoranti.
Palline ciclisti anni ‘60/’70 per piste
di sabbia
Per circa vent’anni ho
frequentato la
Riviera Adriatica , nella ridente località di Misano Brasile,
proprio subito prima di Riccione e delle Fonti del Beato Alessio.
Naturalmente fra i giochi in
spiaggia c’era anche quello della pista con le biglie.
Si compravano in sacchettini a
rete di plastica colorata presso i negozietti sulla via per raggiungere il
mare; il prezzo era ragionevole e tutti se le potevano permettere.
E poi una volta entrati in
possesso della fornitura, la dotazione non era in pericolo, perché a differenza
delle vetre, le palle da pista non
venivano messe in palio, servivano solo per correre.
Anni ’60 – Sulla spiaggia di Rimini si
costruisce una pista.
I giorni ideali per fare la pista
erano quelli dopo una bella piovuta; la sabbia umida e marrone permetteva
audaci costruzioni, curvoni mozzafiato, ponti arditi che garantivano la NON uscita della pallina,
anche dopo un cricco molto potente. Le curve andavano accarezzate con sapiente
effetto, dosando potenza e inclinazioni. Bisognava essere capaci di sfruttare
al massimo l’effetto parabolico dei curvoni rialzati appositamente dotati di
alti argini di contenimento.
Se la sabbia era bella solida e
aggregata era possibile prevedere anche ponti e gallerie; se necessario si
bagnava con l’acqua il materiale da costruzione per dare la maggiore
consistenza possibile; il trasposto del liquido veniva effettuato utilizzando
il secchiello del ragazzino più
piccolo presente. Si usavano anche i bastoncini da BIF, come strutture
portanti, soprattutto all’ingresso dei tunnel.
Circuito su sabbia con un ardito ponte
Il tracciato della pista doveva essere il più complicato possibile.
Se uno usciva dal tracciato,
perdeva il tiro e ripartiva dalla posizione precedente, compromettendo la
propria prestazione. Si contava sulla propria abilità, ma anche sugli errori
degli altri.
Talora era lecito e ammesso anche
tagliare le curve o saltare gli ostacoli, purché la pallina nel suo atterrare
si collocasse all'interno della pista. Si trattava di tiri da grande campione o
testimonianze di un incommensurabile “culo”.
Vinceva chi arrivava primo dopo
un certo numero di giri.
A me non è mai capitato di
mettere in palio le biglie, si giocava solo per vincere la corsa.
In altri ambienti invece si
poteva arrivare a perdere anche la pallina preferita.
Nel caso la sabbia fosse
asciutta, si procedeva con una pista architettonicamente molto più essenziale e
di veloce costruzione; di solito la tecnica usata per tracciare il circuito,
era quella di trascinare per le gambe un ragazzo, lasciando il compito al suo
posteriore di creare l’alveo necessario e stando anche attenti che lo slip non
scivolasse via; dopo di ché si provvedeva a una rifinitura veloce e si
tracciava la linea di partenza con una linea trasversale.
Le palline da gara, apparse sulle
spiagge a partire dagli anni ’50, come
già prima accennato erano fatte di plastica dura, una metà colorata
vivacemente, mentre l’altra era trasparente. Un “santino” rotondo con la foto a
colori dei più grandi campioni del ciclismo dell’epoca veniva collocata fra le
parti prima del loro incollaggio. La misura standard era di 27 mm di diametro, ma, in un'epoca più recente, se ne trovano anche di 30 mm , forse più di figura,
ma decisamente meno gestibili con il cricco.
Oggi queste biglie di plastica
sono oggetto ambito di collezionismo da parte di appassionati di biciclette e
di ciclismo.
La biglia più preziosa e rara (la
Perla Nera ) pare sia quella del grande Eddy Merckx, con la plastica nera, una tinta ritenuta rarissima, anche se non so dire in base a
quali criteri.
Moderno torneo di biglie sulla spiaggia
Matteo Bocciolesi, tecnico di
computer, ricorda che un’altra variante era il gioco delle biglie sui mucchi di
sabbia dei muratori nei cantieri che, una volta, erano accessibili anche dai
non addetti ai lavori. Le biglie erano quelle di vetro. Spesso quando una
biglia era in attesa del proprio turno sotto una galleria, ed essa franava, la biglia veniva persa. Ma
c’erano anche altri inconvenienti del gioco, soprattutto durante lo scavo della
pista: bisognava stare attenti ai muratori scorbutici ed agli escrementi dei
gatti.
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