mercoledì 5 settembre 2012

Biglie da pista di Mauro D'Orazi


Biglie da pista
di Mauro D’Orazi
v 08 del 02-08- 2012
revisione del testo di Giliola Pivetti
La pista con le biglie, oggi denominata cheecoting

Anni ’40 - pista per gare di biglie

Progettare e costruire una pista da biglie è sempre stata un’impresa epica, sia che si operasse nel cortile della casa propria o di amici, o in un mucchio di sabbia di un cantiere edile o, naturalmente, in spiaggia.
Il gioco sulla pista può avere quanti concorrenti si vuole. La gara delle biglie in cortile consiste nel costruirsi una pista o disegnarla col gesso. Poi si sceglie una biglia, la si posiziona sulla linea di partenza e con il cricco a turni si procede con i tiri ben mirati, La prima biglia che arriva in fondo alla pista, o termina i giri prestabiliti, fa vincere il suo proprietario.
Le regole sono apparentemente semplici, eppure fu proprio una disputa interpretativa sul turno di tiro che fu per me occasione di un disgusto insanabile.
Eravamo nel 1960 e la mia famiglia si era da poco trasferita in un nuova abitazione dell’INA Casa.
Quattro edifici, posti nella cosiddetta area ex Gandolfi (dal nome delle due sorelle proprietarie in origine del terreno) fra le vie Luigi Galvani e Alessandro Volta; sedici famiglie in tutto che per un certo periodo, prima di mettere le recinzioni, ebbero in comune un grande cortile.
Siccome i lavori non erano finiti, c’era ancora una bella montagnola di sabbia; così noi ragazzi pensammo di costruire una bella pista. Ma la gara durò … poco … pochissimo.
Per stabilire il turno di partenza non ci fu problema: si ricorse a una tradizionale conta. Ma le complicazioni sorsero subito dopo il primo turno di tiro. La maggior parte di noi era dell’idea che i turni dovessero proseguire e susseguirsi nello stesso ordine fino al termine della gara, ma Elidio Rustichelli, un ragazzino che era un po’ più grande di noi, affermava con ferrea convinzione che dal secondo tiro in poi, si doveva procedere in ordine di posizione occupata in quel momento: il primo per primo, il secondo per secondo e così via fino all’ultimo per ultimo.
Il dissidio fu insanabile e verbalmente cruento.
Io presi la mia pallina e tornai a casa mia arrabbiatissimo e non giocai mai più con quei ragazzi, preferendo il Parco, dove c’erano delle regole più “certificate”.
Non ho mai saputo con certezza, ormai a distanza di tanti anni, quale delle due modalità fosse quella giusta.

Le piste nei giochi in spiaggia

Una variante molto diffusa del gioco delle biglie su pista, è il gioco delle biglie su sabbia. In questo caso le biglie sono di plastica, più grandi rispetto alle tradizionali biglie di vetro e spesso al loro interno sono stampati immagini di ciclisti, auto o personaggi di animazione. Un dischetto trasparente con la foto viene collocato fra una semisfera colorata e l’altra trasparente.

Anche oggi in estate nei giochi da spiaggia, tra beach-football, beachtennis, beach-rugby e altri beach-sport, figura anche il cheecoting. Ci si ritrova sul bagnasciuga a far rotolare biglie colorate contenti le immagini delle monoposto Ferrari o MacLaren. Piccoli bolidi sferici, che corrono lungo tracciati sabbiosi che riproducono fedelmente i circuiti della Formula 1. A quanto pare l'origine del cheecoting, o almeno del suo nuovo nome, è messicana: dalle spiagge di Acapulco il gioco si è diffuso sulle lunghe spiagge californiane. Dal Pacifico la tradizione dei "Chicos", ossia dei ragazzini messicani, è arrivata sulle sponde dell'Adriatico, dove però già esisteva già decenni una solida tradizione del gioco delle biglie, direi da ben più di mezzo secolo.
Nel senso che non c’era quasi nulla da inventare che già non fosse stato fatto o praticato in Italia. Le solite mode di ritorno, che ci propongono cose da sempre conosciute; si dà loro una riverniciata, confezionando loro su misura una nuova appetibilità buona per gli  … ignoranti.

Palline ciclisti anni ‘60/’70 per piste di sabbia
Per circa vent’anni ho frequentato la Riviera Adriatica, nella ridente località di Misano Brasile, proprio subito prima di Riccione e delle Fonti del Beato Alessio.
Naturalmente fra i giochi in spiaggia c’era anche quello della pista con le biglie.
Si compravano in sacchettini a rete di plastica colorata presso i negozietti sulla via per raggiungere il mare; il prezzo era ragionevole e tutti se le potevano permettere.
E poi una volta entrati in possesso della fornitura, la dotazione non era in pericolo, perché a differenza delle vetre, le palle da pista non venivano messe in palio, servivano solo per correre.
Anni ’60 – Sulla spiaggia di Rimini si costruisce una pista.
I giorni ideali per fare la pista erano quelli dopo una bella piovuta; la sabbia umida e marrone permetteva audaci costruzioni, curvoni mozzafiato, ponti arditi che garantivano la NON uscita della pallina, anche dopo un cricco molto potente. Le curve andavano accarezzate con sapiente effetto, dosando potenza e inclinazioni. Bisognava essere capaci di sfruttare al massimo l’effetto parabolico dei curvoni rialzati appositamente dotati di alti argini di contenimento.
Se la sabbia era bella solida e aggregata era possibile prevedere anche ponti e gallerie; se necessario si bagnava con l’acqua il materiale da costruzione per dare la maggiore consistenza possibile; il trasposto del liquido veniva effettuato utilizzando il secchiello del ragazzino più piccolo presente. Si usavano anche i bastoncini da BIF, come strutture portanti, soprattutto all’ingresso dei tunnel.
Circuito su sabbia con un ardito ponte
Il tracciato della pista doveva essere il più complicato possibile.
Se uno usciva dal tracciato, perdeva il tiro e ripartiva dalla posizione precedente, compromettendo la propria prestazione. Si contava sulla propria abilità, ma anche sugli errori degli altri.
Talora era lecito e ammesso anche tagliare le curve o saltare gli ostacoli, purché la pallina nel suo atterrare si collocasse all'interno della pista. Si trattava di tiri da grande campione o testimonianze di un incommensurabile “culo”.
Vinceva chi arrivava primo dopo un certo numero di giri.
A me non è mai capitato di mettere in palio le biglie, si giocava solo per vincere la corsa.
In altri ambienti invece si poteva arrivare a perdere anche la pallina preferita.
Nel caso la sabbia fosse asciutta, si procedeva con una pista architettonicamente molto più essenziale e di veloce costruzione; di solito la tecnica usata per tracciare il circuito, era quella di trascinare per le gambe un ragazzo, lasciando il compito al suo posteriore di creare l’alveo necessario e stando anche attenti che lo slip non scivolasse via; dopo di ché si provvedeva a una rifinitura veloce e si tracciava la linea di partenza con una linea trasversale.

Le palline da gara, apparse sulle spiagge a partire dagli anni ’50, come già prima accennato erano fatte di plastica dura, una metà colorata vivacemente, mentre l’altra era trasparente. Un “santino” rotondo con la foto a colori dei più grandi campioni del ciclismo dell’epoca veniva collocata fra le parti prima del loro incollaggio. La misura standard era di 27 mm di diametro, ma, in un'epoca più recente, se ne trovano anche di 30 mm, forse più di figura, ma decisamente meno gestibili con il cricco.
Oggi queste biglie di plastica sono oggetto ambito di collezionismo da parte di appassionati di biciclette e di ciclismo.
La biglia più preziosa e rara (la Perla Nera) pare sia quella del grande Eddy Merckx, con la plastica nera, una tinta ritenuta rarissima, anche se non so dire in base a quali criteri.
Moderno torneo di biglie sulla spiaggia
Matteo Bocciolesi, tecnico di computer, ricorda che un’altra variante era il gioco delle biglie sui mucchi di sabbia dei muratori nei cantieri che, una volta, erano accessibili anche dai non addetti ai lavori. Le biglie erano quelle di vetro. Spesso quando una biglia era in attesa del proprio turno sotto una galleria, ed essa franava, la biglia veniva persa. Ma c’erano anche altri inconvenienti del gioco, soprattutto durante lo scavo della pista: bisognava stare attenti ai muratori scorbutici ed agli escrementi dei gatti.

Nessun commento:

Posta un commento

grazie