BMillo al ṡgaṡadóor
Memorie
di aneddoti di vita motociclistica
narrate e
autorizzate da lui medesimo
estratto
testo iniziale 15-07-2012 v 63 del 19-10-2012
Correzione del testo a gentile cura
di Giliola Pivetti e Graziano Malavasi
1970 ca Emilio (Millo) Cerretti
Il “campione del mondo” dei garini
a Carpi era Emilio (Millo) Cerretti, sgasatore animoso e inesauribile,
competitore instancabile, piegatore coraggioso, pilota impetuoso e senza paura;
conosciuto da tutti anche per la sua peculiare “eVVe” franco - parmense che gli conferisce da sempre un tocco
signorile, eredità dell’illustre famiglia liberal - borghese del generone
carpigiano a cui appartiene.
La famiglia Cerretti ha avuto
illustri antenati legati al Risorgimento, ai Garibaldini e ai movimenti
rivoluzioni dell’800.
Mi fa piacere ricordare, aprendo
una breve parentesi, Celso Cerétti - Patriota italiano - internazionalista -
massone - (Mirandola 1844 - Ferrara 1909), garibaldino dalla campagna del 1859
a quella di Digione (1870), e quindi volontario in Bosnia-Erzegovina durante
l'insurrezione del 1875-77; esponente del primo socialismo emiliano, fu amico
di Garibaldi e di Bakunin e svolse tra i due un'opera di proficua mediazione.
Aderì all’Associazione Internazionale dei Lavoratori, sorta a Londra nel 1864
per volontà di Karl Marx e Frederich Engels.
In una lettera dai toni
entusiastici, su tale associazione, inviata all’amico Celso Ceretti nel
settembre del 1872, Garibaldi coniò la
nota frase: “L’Internazionale è il sol dell’avvenire”
Millo non si tirava mai indietro da
nessuna sfida o competizione. Ogni moto, che il nostro fuoriclasse ha avuto, è
stata portata a un gradino in più del suo estremo, oltre i limiti progettuali,
sempre alla ricerca e alla conquista delle prestazioni migliori possibili.
La sua dichiarazione ricorrente era: ”Mè a suun al Campiòun dal Mònnd” (Io
sono il Campione del Mondo!), riferendosi alle numerose e svariate specialità
in cui eccelleva e primeggia senza rivali tutt’ora. E di lui si potrebbero
narrare centinaia di episodi eclatanti e clamorosamente fenomenali, di aneddoti
pirotecnici e sesquipedali, di dispute e discussioni basate su elementi
calibrati e precisi fin nei termini più infinitesimi, che hanno fatto di lui,
nel corso degli anni, un conosciuto personaggio, vessillo assoluto di
carpigianità.
Aveva
iniziato la sua carriera con un bel Corsarino Scrambler 50 cc; il getto del
carburatore e l’apertura della marmitte erano state le prime cose a essere
modificate. Negli ultimi tempi dell’uso di questo motorino usava come
silenziatore estemporaneo … ’na stròopa d
lèggn (ramo di legno) che infilava o toglieva a seconda delle necessità e
dell’orecchio dei vigili, in particolare Mariìn
Marchi che lo aveva preso costantemente di mira.
.
1967- 68 ca – Il bel Corsarino Scrambler 50 cc; un
motorino allora di gran prestigio e molto desiderato, posseduto da Millo
Cerretti, Enrico Allegretti, Nando Bellini e Fabio Bonvento
1968 Guzzi
Stornello 160 c c
Poi
passò al Benelli 125 SS, al Guzzi Stornello 160, al MotoBi 250 SS e finalmente
a una splendida Honda 750 marrone, che con la collaborazione di Graziano
Forghieri “tirò”, come si dice allora, da Honda simil - corsa. La
trasformazione consisteva nella sella e serbatoio di plastica pitturati in un ṡaal canaréin (giallo canarino),
ludretti senza filtro ai quattro carburatori, getti adeguati alla batteria dei
carburatori e un rombante quattro in uno; sul codone vennero poste due grandi
scritte adesive ELF, marchio della benzina francese dell’epoca per vagheggiare
l’importante gara motociclistica della 24 ore del Bol d’Or.
Ebbe per un breve periodo un
Kawasaki 750 Mach IV 3^ serie, giallo e marrone, quello leggermente
depotenziato e col forcellone allungato per renderlo guidabile e un po’ più sicuro.
Questa moto passò poi a Lele Forghieri.
1974 Kawasaki 750 Mach IV 3^ serie, giallo e
marrone,
Infine nel 1976 ebbe una Benelli
750 6 cilindri grigia con la quale chiuse la sua carriera motociclistica con un
incidente a Formigine, picchiando contro un furgoncino d un vèec’ imbambìi (di un anziano obnubilato) che non aveva
rispettato una precedenza chiarissima. Io ero presente; l’impatto fu
fortissimo, il furgone si ribaltò da un lato colpito dal casco e dalla testa di
Millo. Lo sventurato formiginese uscì dal suo mezzo dall’alto, come da una
botola di un carro armato, chiedendosi cosa fosse successo.
Millo se la cavò tutto sommato con
poco, ma poi di fatto mollò la moto per darsi ad altre passioni.
1972 - Benelli 250 SS 2^ serie con coprivalvole
squadrato
Sono rimasti nella leggenda i suoi
garini in discesa dalla Serra a Maranello: ṡò
a tutt gaaṡ cun al Benèeli seintveintsìinch (giù a tutto gas col Benelli SS
125), se non ricordo male in soli 11,30 minuti. La soddisfazione, una volta
arrivato a Maranello, era di scendere velocemente dalla moto, metterla sul
cavalletto, appoggiarsi di lato sulla sella e dimònndi in fuuga impièeres ’na pàaia (molto in fretta accendersi
una sigaretta).
Dopo poco (anche solo 10 secondi …
per dire) arrivava il primo inseguitore trafelato e Millo, con algido aplomb,
si portava la sigaretta alla bocca, con ampio e circolare gesto del braccio e
della mano, aspirava lentamente e poi, “sbuffando” fuori il fumo della sua
MalboVo Vossa, con studiata indifferenza, gli diceva:
“Puffffffffffff … Aahh … t i già chè? L è siinch minùut ch a t spèet!” (Sei
già qui ? Sono cinque minuti che ti aspetto!”). Sublime
!
Frutto di una scommessa nata una
sera d’estate alla Pizzeria Tavernetta (dagli Incàaz) in via Galvani, di fianco
a casa mia, fu anche un’altra prestazione da record: cartello di Serramazzoni -
Bacino di Carpi (a sud della città sulla strada Romana) in soli 34,30 minuti,
sempre col Benelli 125 cc. Una prestazione davvero ragguardevole, considerando
il mezzo usato e il tempo necessario per l’attraversamento di Modena. Millo
dichiarò che ce l’avrebbe fatta in 35 minuti, Paolo B. , Enrico P. , Paolo C. e
non so più chi altri … erano di opposto avviso.
Millo sincronizzò il suo con gli
orologi degli altri ragazzi, come si vedeva nei film di guerra, prima
dell’entrata in azione. E iniziò la corsa contro il tempo con una partenza
lanciata da Serra.
Uno dei cronometristi, Paolo B.,
tentò però èd fèer èggh la tóorta (di
imbrogliare) e tarò il suo orologio un minuto prima; così il tempo ufficiale
risultò 35,30 minuti. Solo dopo un po’ la verità saltò fuori.
Memorabile fu anche la sua disfida
con Ugo Petruzziello e il suo bel Triumph Trident 750 viola con la banda di
cuoio sul serbatoio.
La Triumph Trident 750 cc cominciò a essere prodotta
nel 1971
Una moto di raffinato prestigio molto potente e con
uno spunto ragguardevole,
ma con ancora tutti i difettoni delle moto inglesi.
In foto in modello 1972 venduto a Carpi
Millo, con la sua Honda 750 Four
riteneva di poter star davanti, sia pure di poco, alla prestigiosa moto inglese
che a quell’epoca possedevano con orgoglio anche il gommista Reggiani, Claudio
Caffagni e Gian Battista Paltrinieri; le discussioni teoriche e le pretattiche
durarono parecchio tempo: nessuno voleva perdere.
Punto sul vivo, Millo intuì la
soluzione giusta: fece aumentare da Graziano Forghieri i getti dei carburatori
da 110 a 130; vennero tolti i cappellotti finali delle quattro marmitte; la mòoto la bviiva e la respirèeva méi
(la moto respirava e beveva molto meglio) e si ottenne un deciso miglioramento
delle prestazioni.
La potenza e la ripresa
aumentarono, ma fu necessario indurire le molle della frizione perché slittava
sotto sforzo
Finalmente una sera in via Peruzzi
si trovò l’accordo per un garino con Petruziello e Millo riuscì a prevalere! Ma
lo sconfitto non era convito e chiese una seconda prova; a questo punto Millo
gli rispose spezzante: “ Paganini non Vipete!”
Il celebre violinista Nicolò Paganini, che rifiutò
nel 1818 al Re di Sardegna Carlo Felice la ripetizione di un suo brano appena
eseguito magistralmente, in quanto, improvvisando con grande estro, ogni sua
esibizione era irripetibile
**
Molto curioso è anche l’episodio
con la moto dello zio Carlo.
Carlo, fratello di suo padre
Luciano, era un uomo molto tranquillo, dedito metodicamente alle sue incombenze
quotidiane legate alla campagna. Ogni giorno andava nel suo fondo per adempiere
alle azioni necessarie alla cura delle sue proprietà.
Tutte le mattine, durante la bella
stagione, tirava fuori dal portone di via Matteotti il suo Moto Guzzi Stornello
rosso, attrezzato di perabriiṡa,
paragambe (d’inverno), portaborse, borse, portapacchi ed elasticoni.
Forse lo Stornello era la moto più
tranquilla del mondo, guidata dalla persona apparentemente più tranquilla del
mondo.
1977 ca Carlo Cerretti sulla sua Moto Guzzi
Stornello
Con un gilè scuro senza maniche,
partiva con molta calma, adoperando una mano sola, quella sulla manopola del
gas; l’altro braccio, inerte e stancamente a penzoloni, portato un poco dietro
la schiena, seguiva l’effetto dolce dell’accelerazione. La prima marcia era
come quella delle vecchie corriere di Valenti di una volta, serviva solo a fare
i primi tre metri, e poi, in rapida successione, metteva le altre marce col
pedale, non usando nemmeno la frizione, senza grattare grazie al
bassissimo regime del motore.
L’andamento lento accarezzava e
coltivava la morchia e le incrostazioni interne all’apparato motore, che, a
forza di sedimentazioni stratificate, a un certo punto rischiava l’auto
soffocamento.
Millo fece notare la cosa allo zio:
“BiṡgnaVèvv dèeV èggh ’na tiVadèina!” (bisognerebbe darle una
tiratina! per pulire il motore.)
Dopo qualche insistenza, lo zio si
arrese e gli affidò un po’ riluttante il suo prezioso mezzo. Millo non se lo
fece dire due volte. Partì immediatamente a gaaṡ
arbaltèe (con la manopola del gas aperta) e tirando le marce a più non
posso.
La povera moto vide cose con non
aveva mai visto prima.
Dopo un giretto di vari minuti, il
motore era rovente, il collettore aveva perso la cromatura ed era diventato
nero / violaceo. Lo zio aspettava il nipote con impazienza e preoccupazione e a
un certo punto lo vide apparire in piena piega corsaiola, mentre affronta in
pieno la curva a 90° di Via Mazzini / Via Matteotti.
La scena fu indimenticabile e di
grande effetto con la marmitta che sfalistrava
(sputava scintille) ed emetteva fuoco e fiamme.
Lo zio aveva gli occhi fuori dalla
testa.
Ricostruzione della scena
Ma il motore girava allegro e
rotondo, finalmente libero dalle incrostazioni del passato.
La
“cura” di Millo aveva funzionato e come testimonia, ancora oggi, orgoglioso “il riparatore” … la mòoto l’è andèeda cóome ’n arlóoi pèr
èeter siinch aan (la moto è andata come un orologio per altri cinque anni).
1996 In questa bella foto di Beppe Lopetrone, Millo
è colto seduto in “Dogana”, davanti a casa sua, in Via Matteotti, con in mano
la Settimana Enigmistica
Piccolo siparietto.
Siamo nel 1994, nel mezzo di un periodo un po’
movimentato della mia vita relazionale.
Per commentare la mia “attività” all’epoca effettivamente
un po’ vivace, Millo davanti al Bar Teatro pronunciò questa mitica frase:
"… 'Na
vòolta a gh éeVa GianMavco Lansalòt e FVanco Benaati ... adèesa a gh è D'OVazi ... ma pèV mè a n
gh aVmàagn nisùun!!!"
Mentre con una smorfia di disgusto esprimeva questa
sentenza lapidaria e senza appello, stava fumando il sigaro e alla fine della
frase lo lanciò via con un "cricco" in modo sprezzante.
Una scena imitata e riproposta 1.000 volte da
Martinez Ragno Martinelli.
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