giovedì 6 settembre 2012

Niente statue, siamo carpigiani ! (Gnìita statui, a sòmm carpṡàan !) Dialetto Carpigiano - Mauro D'Orazi

Niente statue, siamo carpigiani !
(Gnìita statui, a sòmm carpṡàan !)

revisione V20 del 18-11-2014
Pubblicato su La Voce marzo 2008

Caro Direttore (Florio Magnanini di Voce),
                                                    quando fu inaugurata la statua metallica alla Resistenza di fronte al cimitero, andai subito a vedere il catorcio arrugginito costato, si dice, allora ben 140 milioni di lire; il prezzo eccessivo, l’evidente bruttezza, il messaggio incomprensibile della sua significanza, le facce sorprese e perplesse dei resistenti e dei loro discendenti col cappello calcato in testa erano palesi, ma … c’erano i sacri principi da celebrare e rispettare; nessuno, al di là di qualche sordo e impercettibile mugugno, disse nulla; ora il manufatto giace non capito, pressoché ignorato e dimenticato.

Ancor prima, anche il “povero” Manfredo Fanti con la sua faccia, e qualche altro attributo, di bronzo, fu alla prima occasione smarrito (voce dialettale che sta per mandato via) dalla nostra piazza per nostra fortuna. Luogo che aveva invaso con intemerata equina protervia, grazie alla civica e incontenibile spinta dei mai sopiti valori risorgimentali; il generale, con piedestallo e cavallone, venne elegantemente dirottato e abbandonato nel parco fuori le mura a Porta Mantova: … stà mò lè !

Già da allora, negli anni ’30, prendeva forma un misterioso assioma presente nel DNA del carpigiano: un principio che poi verrà istituzionalizzato definitivamente negli anni ’80: la Grande Piazza deve, per lo più e per quanto possibile, rimanere vuota e deserta: ogni utilizzo, nell’inconscio più profondo e latente dell’indigeno, pare offensivo come fosse un atto di lesa maestà a questa grande superficie che arriva a identificarsi e sovrapporsi col carattere della nostra città e dei suoi abitanti.
La statua della bella fanciulla Flora, certamente più affascinante del generale, che ammiccava con morbide e liquide suadenze femminili nella Piazzetta delle Erbe non ebbe, in tempi più recenti, sorte migliore; fu anch’essa deportata per barbaro ordine del sindaco Cigarini, con atto improvviso e proditorio (degno del Ratto delle Sabine) stavolta fuori Porta Modena, fra le proteste e le petizioni, per un mai riottenuto ritorno, del commediografo carpigiano Vittorio Salati. 

La regola del “fuori porta”, cioè in altre parole … “Sì ! Ma fuori dal Centro Storico !” … trova poi definitiva applicazione negli anni ‘80/’90 con la sistemazione dei busti di Salvo D’Acquisto e del Bersagliere Italiano … dove ? Ma naturalmente a Porta Barriera, vicino alla stazione dei treni, dove sorgeva l’ultima delle tre porte abbattute.
Poi, a cadenze periodiche, si alza qualche voce di chi vorrebbe spostate le steli del Mausoleo al Deportato nella più confacente e opportuna collocazione del Campo di Fossoli, nel disperato tentativo di far loro abbandonare l’incongruo ambito rinascimentale di Palazzo dei Pio; stridore che appare ancor più evidente oggi, dopo il bellissimo lavoro di ristrutturazione appena effettuato sul Palazzo.
Per non parlare poi di una costruenda statua dedicata a un tale nato a Correggio, Dorando Pietri, uno che ha perso una corsa tanti anni fa; manufatto di cui, detta proprio con il cuore, non si sente una gran necessità, anche nell’ambito di un pirotecnico centenario rievocativo che piace solo a chi ha le mani in pasta.
A Carpi tira dunque una brutta aria per statue e simili. Sembra quasi sussista una damnatio loci, una maledizione nei loro confronti.
È la vicenda tragicomica delle Statue di Severi ne è l’ulteriore testimonianza.
Sono anni che pochi continuano a parlare e straparlare di queste opere, mentre ai più (ovvero alla stragrande maggioranza dei cittadini carpigiani) non interessano assolutamente nulla e questo nel modo più totale e completo. Secondo i pochi le Statue di Severi avrebbero effetti addirittura terapeutici, taumaturgici, risollevanti, effervescenti, ricostituenti, stimolanti, corroboranti, tonificanti, ecc … per il Centro Storico di Carpi, che pare non rivitalizzarsi nonostante il nuovo intelligente piano parcheggi, e a ricaduta, come ovvio, per la città tutta. Pensate che potere teurgico e salvifico hanno queste statue: qualcuna potrebbe emettere pure qualche lacrima o gocciolina di sangue.
Se si fosse trattato di statue del Canova o di una collezione di quadri di Raffaello, Botticelli, Allegri o, per avvicinarci ai nostri tempi, di Modigliani, Morandi o Picasso ... certamente i visitatori non sarebbero potuti mancare, ma per vedere sublimi simulacri tridimensionali, riservati alla raffinata comprensione e alla sottile sensibilità artistica (e scriviamolo una buona volta !!!) di un esiguo numero di eletti, è proprio difficile immaginare, anche con la migliore buona volontà e con la più fervida fantasia, file interminabili di turisti che sgomitano e spingono per venire a Carpi.
Eppure sono ormai anni che se ne parla, se ne parla, se ne parla … di queste benedette statue; una messinscena con una trama sfilacciata e confusa, a tratti involontariamente comica, senza trascurare variopinte venature misticamente ispirate e artatamente drammatiche: chi fa finta di capire, chi di non capire, chi fa bolle di sapone, chi si erge indignato, chi si dissolve guardingo, chi recita a soggetto, chi gioca a ping pong, chi pratica auto erotismo a basso costo, chi inanella eleganti giri di valzer.
Ma i risultati per il momento sono solo due:
1) il neo Principe della Fondazione si sta divertendo come un matto, sapendo molto bene di non esserlo e di avere lucidissimi disegni;
2) i pochi carpigiani, che seguono sbadigliando la vicenda, hanno ormai i “cosiddetti” della dimensione e del materiale al pari di quelli carpigianamente arci-famosi del gen Fanti, a cui più sopra, col dovuto patrio e civico rispetto, si accennava.
Carpi, 22 marzo 2008
                                                                               Mauro D’Orazi

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