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16 del 05-06-2014
Pillole dialettali -
Curiosi luoghi incerti
di Mauro D’Orazi
Talora
nella ricca varietà di modi di dire del nostro dialetto troviamo delle
singolari frasi che apparentemente, con una traduzione letterale, danno delle
indicazioni di luogo contrastanti; ma se poi andiamo a dare l’esatta
interpretazione tutto torna a posto.
Ecco
alcuni simpatici esempi.
“Viin
chè! Va mò là!” Se si traduce con un “ Vieni qui, ma vai là!”,
l’interlocutore resterà come minimo disorientato, ma se al “Va mò
là!” diamo la giusta valenza di esortazione, spesso scherzosa, ecco che
tutto torna al suo posto con chiarissimo “Dai! Vieni qui!”
Una
altra frase interessante è “ A vaagh su, a lavèer ṡò” ovvero
“Vado su, a lavare giù”. Anche qui non si capisce esattamente dove verrà
compiuta questa virtuosa azione di pulizia. Ma ecco se traduciamo correttamente
“lavèer zò” col significato di fare i fatti nel lavandino di cucina, lavando
pentole, piatti e bicchieri, la frase assume il suo vero valore.
Ultimo
modo di dire è “ A vaagh ṡò, a trèer su”, letteralmente “Vado giù, a trarre su”.
Anche
qui una traduzione superficiale lascia sorpresi. Dobbiamo, infatti, entrare in
ambiente bugadèera e bughèeda (lavanderia e bucato),
luogo in passato di incontro di donne, ma non certo piacevole per la grande
fatica e umidità, denso di scambio di notizie e pettegolezzi (la famosa raadio
bugadèera). In questo contesto “ trèer su” significa tirare su il
bucato lasciato in ammollo per alcune ore. La frase quindi si traduce “Vado già
in lavanderia a tirare su dall’ammollo il bucato”.
Prima che
arrivasse la lavatrice, le donne facevano la "traata su" che era
il bucato bianco che stava in ammollo nel paiolo con acqua bollente.
La bughèeda
la stéeva a móoi ind la ṡmóoia, ch la s fèeva còn la sènndra ind al sindréer
destéeṡ d sóover a la mastèela a dóoghi, missa insimma a la cruṡéera pèr alvèer
la su, in bugadèera. Al paróol al s druvèeva pèr fèer buier l'aaqua da butèer
insimma a la sènndra i dal sindréer ...
E intàant ch i fèeven chi lavóor chè ... ste dònni
... gh iivni gniint da cuntèeres .... in
bugadèera ??
A vaagh su a cavèer èm ṡò. Vado su a spogliarmi (a cavarmi
giù).
A m pièeṡ più parèer su che tóor èm ṡò. Mi piace più spingere su,
che prendermi giù e disgustarmi con qualcuno.
A m mètt su quèel e a vèggn!
"Indù vèe t?"
"Ind um pèer ..."
"Aaa ..
tóorna prèesti!"
"Vèe t a
pèss?" "No! A vaagh a pèss!" "Aaa a cherdiiva t
andìss a pèss!"
Lè più quèll ch a s maanda ṡò che quèll ch a s cuccia
su.
È più quello che si manda giù di quello che si spinge su. La frase,
apparentemente ingenua, nasconde (ma mica poi tanto) una forte allusione
sessuale di complessiva insoddisfazione per ciò che si sarebbe fortissimamente
voluto fare, ma … non si è poi di fatto potuto. Chi vóol capìir al capissa e avaanti un paas!
In
definitiva … meglio su-dare che
su-prendere. ma anche qui si tratta di una personale questione di gusti.
Ci
sono anche degli equivoci: “Va gh mò a dmandèer s i vóolen"
Cl
èeter al va e al dmaanda "Vulèev?"
A
m vèe t cumprèer di calsètt?
Ed
che culóor i vòo t?
Tóoi
griiṡ ... mmm griiṡ topo di Londra....
L
um pòorta un vischi onṡeròcch sèinsa giàas!
Va
piàan e fa prèest
Viin
ché, va là
Istituto
Settecani Molto interessante. Da noi (Spilamberto, non lontano da Savigno) si
usa molto: A vagh e(a) Savégn, che può vale vado a Savigno, ma anche vado
e vengo.
Curàag'
ch a scapòmm! Coraggio che
scappiamo!
S
a n pasèe mai ded chè... gnìi bèin dèinter! Se non passerete mai di qui, venite pur dentro!
Dìgghia
bèin sa tèes? Dico bene, Se
taccio?
Tè
esen! Taci asino! Simpatico
gioco parole e assonanze.
Tèes
mò! Ch a sintòmm ste dìi! Taci,
che sentiano quello che dici!
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