Testo
iniziale nov 2011
v 16 19-10-2012
di Mauro D’Orazi
Bozza dorry@libero.it con suggerimenti e con il contributo del
costante lavoro di ricerca del Gruppo di Facebook “Chi parla dialetto carpsan”
e del ruglètt di affezionati del bar
Tazza d’Oro alle 7 del mattino.
Il
rapporto fra italiani e tedeschi è sempre stato di reciproca diffidenza e
talora di disprezzo e odio vero e proprio. Secoli di guerre, dominazioni,
sangue e violenze hanno lasciato un segno indelebile nelle nostre popolazioni.
Un sentimento atavico che appena di recente l’Europa unita ha attutito e
mitigato. Solo uno sprovveduto come il Duce poteva pensare a una virtuosa e
fruttifera alleanza in quel senso.
Sia
il Risorgimento, che le due terribili guerre mondiali, hanno lasciato un’eredità
che resta comunque sempre presente nel nostro DNA.
Basti
poi pensare all’enorme soddisfazione per la famosa vittoria calcistica del 4 a 3 con la Germania nel 1970 ai
campionati del mondo in Messico. Fu la partita del secolo e il 19 giugno 1970
resterà una data indimenticabile nella storia del calcio, ma non solo. Con
questo risultato, in un senso che trascendeva ampiamente il gioco del pallone,
si andavano a regolare, all’ “italiana” … ovvio, i conti da sempre in sospeso
delle umiliazioni subite nelle vicende di un tragico passato.
**
Naturalmente
anche il nostro dialetto non poteva ignorare queste cose; da noi, però, non si
fanno molte differenze fra austriaci e tedeschi, anche perché la lingua è la
stessa.
Spesso
nei detti e nelle frasi prevale l’ironia e la presa in giro, quasi a
esorcizzare e superare il dolore e il terrore vissuto sia dai nostri soldati
nelle sordide trincee dell’Isonzo, che dalla nostra gente nei giorni bui dal
’43 al ’45.
**
Dai tempi dell’ultima guerra ci arriva una
specie di grammelot che fa il verso
ai discorsi in tedesco di Hitler; si tratta di una presa in giro, a pieghe
opportunamente volgari, delle teatrali e pazzesche
concioni del dittatore; esso ripropone un odio antigermanico sempre ben
presente in Italia già durante il
Risorgimento, in primis contro gli austriaci, ma che poi si evidenziò
ancor maggiormente con la durissima e tragica 1^ Guerra Mondiale, contro tutto
il mondo tedesco.
Qui
siamo negli anni '30-'40 e la poesiola, certamente greve, va pronunciata con
veemente e seccamente cadenzato accento alemanno:
A Berliinen i stròuns i galèggen, A Berlino gli
stronzi galleggiano,
s i n chèeghen ch i s puurghen, se
non cagano che si purghino,
s i n s
puurghen ch i s-ciòopen!! se non si purgano che scoppino!!
Il
grammelot è uno strumento recitativo
che assembla suoni, onomatopee, parole e fonemi anche privi di significato in
un discorso. Un grande esempio di grammelot
cinematografico, sempre per restare sullo stesso tema, è rappresentato dal
monologo di Adenoid Hynkel (un Hitler caricaturale) nel celebre film “Il grande
dittatore” di Charlie Chaplin.” Il
grammelot è spesso citato e usato dal premio Nobel Dario Fo. Si tratta di
una lingua assonante, ma INVENTATA, nella quale si inseriscono discorsi,
dialoghi che erano anche divertenti: la favola, il lazzo, il gioco sarcastico,
il paradosso di tutte le situazioni che prendevano in giro i personaggi tronfi,
prepotenti, gli sciocchi.
Dal mio amico fraterno Graziano
Forghieri, ecco un’altra frase che può essere collocata in questo contesto.
Essa risale all'occupazione tedesca del '43-'45; si gioca scherzosamente su una
somiglianza di suono di alcune parole " NO! nix fasdèin, sóol lèggna
gròosa!" (o lunga) !" ovvero "NO ! Non abbiamo
fascine, solo legna grossa (o lunga!)". Si equivoca volutamente sul verbo
“capire” in tedesco, ovvero nicht
verstehen = non capire. Anche questa è un'assonanza storica che illustrava
il carattere sbeffeggiante dei carpigiani, nonostante il doloroso e tragico
momento.
Marco Giovanardi aggiunge altre
frasi, usate quand a Chèerp a gh era i tedèssch.
"Spreche
Deutsch" (spreche doic’= parlo tedesco) sta per … Spriccht un òoc' (spriccati un occhio);
Anche
“Ma
tè sprichètt al tedesch?” sta per “Ma tu lo parli il tedesco?”
"Haben
verloren" (aben fervore = ho perso) sta per … A gh ò al ferdoòor (ho il
raffreddore).
Guaitlòun era una persona che amava molto il bere; nel ’44 era uno dei pochi che non
rispettava il coprifuoco imposto dagli occupanti; tuttavia i tedeschi,
incontrando questo uomo barcollante e pensando certamente ai loro usi e costumi
beverecci, erano molto tolleranti. Una sera lo incontrano sotto al portico di
piazza e il nostro fece loro: “Spetèe mò ch a v caant ’na romaanṡa!”
(Aspettate che vi canto una romanza) e quelli divertiti “ Ja! Ja!”
Con
ritmo cadenzato e voce baritonale … allora attaccò:
“♫
Ooh rondinella pellegrina / che vai ballando sera e mattina / chi maagna
al pèerṡegh / al chèega la rumèela! ♫ ”
(Chi mangia la pesca/ deve poi cagare la romella!). Ubriaco sì, ma non
tanto da non far loro un auguraccio simbolico e molto doloroso.
Ecco poi una interessante
annotazione storica suggerita da Franco Bizzoccoli, dove l’auguraccio assume
tutta la sua valenza pesantemente negativa: dall’aprile del 1945 e per vari
mesi successivi, quando a Carpi si parlava dei tedeschi e dei mongoli in rotta
verso nord, si sentiva spesso ripetere questa maledizione verso di loro: “Ch
a gh vèggna un caancher lunngh a la vìa!” … lungo la strada del
ritorno.
Finita
la guerra nel '45-'46, i ragazzini parodiavano l'Eins / Zwei dei soldati
della Wehrmacht, scimiottando la loro marcia con un ben cadenzato e
sdrammatizzante: Gnòok frìit! Gnòok frìit! Gnòok friìt!
Da non dimenticare poi una frase, che
ho sempre sentito a casa mia per definire una persona malvagia: L è
catìiv cóome l’Austria. È cattivo come l’Austria. Penso che il modo di
dire ci arrivi almeno dalla prima metà dell’800 e che sia legata al
Risorgimento.
Per
dire che una persona è ostinata, si può dire semplicemente … L è un
tudèssch.
Sempre
in tema di “tudèssch”: Al gh à al ciòold (piantèe)
in tèesta. Ha il chiodo (piantato) in testa, cioè come l’elmetto
tedesco usato fino al termine della 1^ Guerra Mondiale. È riferito a persona
poco flessibile, testarda, che non si sposta dalle proprie opinioni.
Connotazioni che per stereotipi popolari appartengono ai caratteri del tedesco.
Con
lo stesso significato: L è un ciuldòun. È un chiodone.
L è un siruk!: è un persona tonta, ottusa e cafona. La derivazione di
questa frase è storica e deriva dal tedesco zurück, ovvero indietro. Il
detto pare che nasca nel 1848 Milano per bocca di un protervo ufficiale
austriaco che continuava a ordinare di indietreggiare a dei popolani in
tumulto. Uno di loro osservò: "Ma
c'è il muro!" e l'arrogante ufficiale di rimando: "Zurück!
(Indietro) Te e muro!"
L è un tedèssch!: si dice anche di persona decisa, determinata e
meticolosa nelle sue cose. Uno che dà affidamento su una certa vicenda e sulla
sua evoluzione. In questo caso prevale la parte positiva delle caratteristiche
teutoniche. Il modo di dire trae origine in questo caso ad esempio dalla tradizionale precisione e
affidabilità della meccanica di quel paese.
Sempre
legati alla prima Guerra Mondiale e di conseguenza agli austro tedeschi ci sono
rimasti alcuni modi di dire.
Èsser in trincea: per dire che si è in una posizione di strenua difesa
di un qualcosa o di una posizione.
L'è 'na desfaata d Caporetto o più semplicemente ... L'è
’na Caporetto! per dire di una cosa che è andata peggio di ogni
aspettativa.
**
L è cóome invidèer un tugnìin (o un
tugàan, o un tedèssch) a bèvver:
è lo stesso che invitare un tedesco a bere. La frase si usa quando l’invito a
una certa persona a far la tal cosa è scontatissimo. Tugnìin (o
anche tognaaro) è un nomignolo dato ai tedeschi per estensione,
ma più precisamente in un primo momento era per gli austriaci. Dovrebbe
derivare da tuder = straniero in tedesco. Nei dialetti del nord Italia
significa “austriaco” in senso dispregiativo, ma anche zuccone.
Con
la 2^ Guerra Mondiale il termine fu esteso a tutta la popolazione di lingua
tedesca.
Analogo
al temine crucco, molto usato anche da noi; esso è un adattamento
italiano del croato, serbo, e sloveno kruh, che significa "pane",
anche di farina gialla. La parola risale alla prima guerra mondiale, quando i
soldati italiani la utilizzarono per soprannominare i prigionieri austriaci di
nazionalità croata. I prigionieri croati e sloveni affamati, infatti,
domandavano insistentemente kruh, cioè pane, ai loro carcerieri. Per
questo motivo, quella terra veniva chiamata anche "terra crucca". In
un secondo tempo il termine venne applicato dai soldati che combattevano in
Russia e poi dai partigiani per indicare i soldati tedeschi. Oggigiorno, il
termine crucco è ancora usato per definire gli abitanti dei paesi di
lingua tedesca, sia in connotazione dispregiativa, sia amichevole.
Un'altra interessante teoria vuole,
però, che, siccome in tedesco il bicchiere cilindrico in cui si beve la birra
si chiama krug (da non confondersi con lo stivale stiefel, il
bicchierone trasparente a forma di stivale), fin dall'800, i trentini italiani
chiamassero i tedeschi "cruchi", proprio per il bicchierone bierkrug.
Nessun commento:
Posta un commento
grazie