Quadretto
di Natale - L’assaggiatore del
cappelletto
scritto il 24-12-2011
di Mauro
D’Orazi - Carpi
V 24 del 26-10-2012
Revisione del testo e della grafia del dialetto da
parte di Graziano Malagoli
Mi piace ricordare il fatto
che in occasione del pranzo di Natale vengo sempre chiamato in cucina per
svolgere un compito di altissimo livello: si tratta di assaggiare un
cappelletto di prova. Già alcune ore prima avevo dato il mio preventivo parere
sul pesto e sul brodo. Ma adesso, giunti alla fine del complesso percorso, mi
viene offerto un cucchiaio con un esemplare fumante. Con delicatezza, anche per
non ustionarmi, lo assaggio. Mi piace che sia ancora abbastanza consistente e
che il dente affondi con una leggera, ma ben percettibile resistenza. Ne tasto
la compattezza, schiacciandolo delicatamente coi molari … due secondi di
assoluto silenzio, sguardo estatico e ispirato rivolto all’infinito, in diretto
collegamento esoterico con le anime e lo spirito genuino delle reṡdóore
di ogni tempo.
Gli occhi delle cuoche mi guardano spalancati, fissi
e preoccupati … in attesa. “L è còot!! Chèeva!! “… pronuncio in
modo solenne, col cucchiaio alzato e benedicente. “Si proceda all’immediato scodellamento!”.
L’antico e benedetto rito ha inizio: tutti si siedono e si preparano ad
allungare i piatti. La reṡdóora (“Atèinti!
A gh è la pgnaata buìinta!”) colloca la grande pentola fumante sulla tavola
e con un capiente mestolo comincia a servire. Una catena di piatti comincia a
muoversi con adeguata ritmica cadenza, per agevolare l’operazione; passano di
mano in mano, prima vuoti e poi pieni. “Attenzione a non rovesciare il brodo!”
è la raccomandazione. Finché ognuno ha davanti la sua minestra. “Chi vuole il
formaggio grattugiato ?” Finalmente si mangia e i cucchiai si immergono avidi e
veloci nei piatti che prestissimo saranno di nuovo vuoti.
Un mistico silenzio regna nella sala, rotto solo dallo scuciarèer ind i piàat (scucchiaiare
nei rispettivi piatti).
Qualcuno, ad alta voce dichiara ufficialmente: “Óo i iin dimònndi bòun st aan! Aanch al
bròod! L è d capòun, ruspàant, cumprèe
da un mè amìigh cuntadèin in campaagna!
Al m al tiin pròopia per mè tutt i
aan! Al furmàii dal pisst, po’…, l è d primma qualitè! “Un 36 mesi” specèel d un caṡeifissi cun duu nummer, pròopria
giusst giusst pèr fèer di graan caplètt.” Una serie di conferme segue
immediata, con espliciti e convinti movimenti assertivi delle teste. Le bocche,
infatti, NON parlano, impegnate nella degustazione. Le cuoche, che Dio al li bendissa in seculaseculòorum,
sorridono soddisfatte; chi ha procurato con esperienza e astuzia i preziosi e
pregiati ingredienti … anche.
Chi mangia … ancor di più. Ehee sì!! Sono rari e preziosi simili momenti di gioia collettiva e
condivisa. Bisogna goderseli in piena consapevolezza: un prezioso dono
offerto alle nostre esistenze troppo spesso piene di affanni, preoccupazioni e
dolori.
Circa l'uso di informaggiare il cappelletto è antica
e irrisolta questione. “Bròod èd galèina
buìint e caplètt ... mò s te n gh mètt
’na branchèeda èd furmàai in simma ... pèr mè ... te ruvìin incòosa.” Questo
è un punto fermo per il consumatore tradizionale, che aggiunge il pregiato
elemento locale per completare e arrotondare il sapore del piatto.
Invece c’è chi, come me, lo evita con motivata
decisione: questo perché si desidera gustare puro e originale, sia del brodo, che del cappelletto.
Se il brodo è buono, preferisco sentirne a pieno il gusto
originale e vederlo bello, giallo e limpido cun
un quèelch òoc'; ma … la mia è una posizione di consapevole minoranza. S a gh mètt al furmàai a vóol diir ch a nn andòom
mìa dimònndi bèin e c'è da correggere qualcosa che è scarso e modesto.
Per evitare che i cappelletti non serviti i se spapèelen (si spappolino), è assolutamente
necessario che vadano subito tirati su dal brodo con apposito attrezzo forato e
a richiesta serviti per un bis con aggiunta di successiva mestola di solo brodo
ancora bello caldo.
Chi potrà
resistere a un secondo piatto di questa prelibatezza ?
***
L’unica ombra di tristezza, sta nel guardarsi
intorno e accorgersi con sgomento dei posti
vuoti ai bordi del lungo e ricco
tavolo natalizio. Qualcuno non c’è più!! … o con la mancanza del corpo fisico o a causa della mente, ormai smarrita fra
orribili nomi tedeschi di crudeli e orribili malattie! Cerchi il loro sguardo,
la loro voce: ma non ci sono … NON ci sono. L’assenza di questi cari si fa
sentire nel profondo dei nostri sentimenti, sembra spezzare il cuore e l’anima;
ma nel pensiero sono e resteranno più che mai in mezzo a noi.
E sì! … qualcuno se ne è andato troppo presto o se si è
allontanato così, … lentamente, quasi
senza lasciarci il tempo di rendercene conto in modo davvero consapevole. Se
osserviamo il cielo dalle finestre della grande sala imbandita, ci piace
pensare che anche loro ci guardino.
Spesso li ricordiamo la notte, quando fissiamo il
buio e le stelle ... una data, una voce, una frase, uno sguardo, una carezza,
una sgridata, una canzone, un luogo, un cibo, un odore, un’auto, un film visto
assieme ...
Mà :=((( … Ch a s pièeṡa
o no, biṡòggna andèer avaanti … mò ch fadiiga …
i mè ragàas !
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