martedì 27 dicembre 2011

Detti della Briscola di Mauro D'Orazi dialetto carpigiano -Carpi (Modena)



Stesura iniziale 17-01-2010                                       v 42 del 09-10-2014

La briscola
normale e a 5
                                 
                              
di Mauro D’Orazi



revisione del testo e della grafia del dialetto
a cura di Graziano Malagoli











Pubblicata parzialmente su La Voce di Carpi n 4 del 28-1-2010



Norme di trascrizione del dialetto

Le norme di trascrizione adottate dal
“Dizionario del dialetto carpigiano - 2011”
di Anna Maria Ori e Graziano Malagoli

Tabella per facilitare la lettura

a      a come in italiano                           vacca
aa    pronuncia allungata                         laat, scaat, caana

è e aperta (come in dieci)                        martedè, sèccia, scarèssa, panètt, panèin
èe    e aperta e prolungata                      andèer, regolèeda, martlèeda, taièe
é      e chiusa (come in regno)                 méi, mé
ée    e chiusa e prolungata                      véeder, créedit, pée

i i come in italiano                                  bissa, dì
ii      i prolungata                                   viiv, vriir, scalmiires, dii

ò      o aperta (come in buono)                pòss, bòll, brònnṡa, pistòun, dimònndi
òo    o aperta e prolungata                      scartòos, scatlòot, malòoch, tròop
ó      o chiusa (come in noce)                   tó, só, indó
óo    o chiusa e prolungata                      vóolpa, casadóor, móoi, óov, ṡóogh
u      u come in italiano                           parucca, bussla, dubbi, currer, fiùmm
uu    u prolungata                                  bvuuda, vluu, tgnuu, autuun, duu

c’      c dolce (come in ciao)                     vèec’ , òoc’
cc’    c dolce e intensa (come in faccia)      cucc’, scarnìcc’, cutècc’, palpùcc’
ch    c dura (come in chiodo)                   ṡbòcch, spaach, stècch
g’     g dolce (come in gelo)                     curàag’, alòog’, coléeg’
gg’   g dolce e intensa (come in oggi)       puntègg’, gurghègg’
gh    g dura (come in ghiro)                    ṡbrèegh, siigh

s      s sorda (come in suono)                  sèmmper, sóol, siira
      s sonora (come in rosa)                   atéeṡ, traṡandèe, ṡliṡìi

s-c    s sorda seguita da c dolce                s-ciafòun, s-ciòop, s-ciùmma, s-ciòoch







Alcune frasi in dialetto d’uso
nella briscola normale e a 5
                                                                    di Mauro D’Orazi

revisione del testo e della grafia del dialetto
a cura di Graziano Malagoli

Il gioco della briscola in quattro o nella più complessa variante in 5 (briscola chiamata) con le carte piacentine racchiude un universo complesso di significati che si sono andati intrecciando alla perfezione con il dialetto. Al punto che le due sfere - la terminologia e la lingua del popolo - si sono perfettamente sovrapposte, sicché la briscola è divenuta un "gioco dialettale" per eccellenza, fucina di espressioni, vocaboli, modi di dire che hanno travestito i ruoli e le combinazioni imposti dalle regole, attingendo per lo più ai codici della sessualità, dei misteriosi significati dei numeri, dell'inganno e della dissimulazione.
Non c'è da meravigliarsi, dunque, che alcune espressioni siano decisamente crude o politicamente scorrette. Sono solo la sublimazione dell'aggressività insita nella lotta tra chi alla fine deve vincere e chi per forza deve perdere.. Non è un caso che il verbo più significativo della briscola, quello che esprime il trionfo accompagnato dal forte sbattere della mano con la carta vincente, sia strusèer. Significa "strozzare", ma a briscola non si è mai sentito di qualcuno realmente "strozzato". O, almeno, non ci risulta.
**=M=**
Ṡóoga un caaregh! = gioca un carico da 10 o 11 punti.
Un caaregh muntanèer = carico montanaro cioè un carico che via via aumenta di peso; quando in una mano si giocano alcune figure (fantini, cavalli o re) e la loro somma arriva (o quasi) a fare il punteggio di un carico. E’ una mano che dispiace molto lasciare agli avversari.
Al gh à un caaregh adòos = ha un carico addosso; quando un giocatore ha un carico che non riesce a girare al compagno; ciò può comportare la sconfitta nelle partite più tirate.
La manòon = Ironica definizione di una mano quasi sempre decisiva, dove vengono giocati tre o più carichi. Deriva dalle omonime opere Manon Lescaut di Giacomo Puccini,  Jules  Massenet e/o Daniel Auber; dubito che i giocatori conoscano anche solo la prima, figurarsi le altre due …
‘Na maan spòorca è una mano non sicura che facilmente sarà a vantaggio degli avversari. L’abilità sta nel farla propria con “alte strategie”.
Andèer (a) liss = Andare liscio giocando una flinnga da zero punti.
Fèer al ṡóogh dla lisòuna = Fare il gioco della “lisciona”, cioè andare a liscio per diverse mani in modo da far giocare l’ avversario, o perché si difetta di briscole e non si può fare altro, o perché, astutamente a s tiira ‘na traapla = si tende un trappolone agli avversari. Una tattica rischiosa che si usa anche per il cotecchio.
Strusèer = Strozzare; quando si gioca il carico dello stesso seme della prima giocata della mano, senza uso di briscole.
Strusèer a la mutta = quando la giocata viene eseguita e vinta senza proferire parola; è un vero è proprio schiaffo agli avversari. A chi fa questa giocata a gh ridd aanch al cuul = gli ride anche il culo.
Pronto a strozzare
Liss ch a stròos =  Liscio che strozzo …  si ordina al compagno che gioca per secondo,  quando si è ultimi nella mano.
Èsser sòtta stròos = essere sotto strozzo, quando c’è il pericolo che un avversario giochi un carico dello stesso seme della prima carta giocata nella mano; a tale timore si risponde calando un brisculèin. La frase viene usata anche nella vita normale per indicare una situazione nella quale una persona non può agire serenamente e in libertà, in quando si avverte un incombente pericolo a cui assolutamente occorre far fronte con atti preventivi.
Ṡughèer pèr al capòot = Giocare per il cappotto; partita particolarmente ambita e sperata che porta far sì che la coppia riesca a fare tutte le otto mani e i 120 punti con scorno dei tre rivali. La posta diventa doppia. Ma se non si raggiunge l’obbiettivo, vincono gli altri.
Ciamèer = Chiamare la futura possibile briscola in base alle carte che si hanno in mano.
Si può passare o chiamarne una più bassa; dopo il due si impostano anche il punti: A ciàam al duu cun 62, 63, 64, ecc … puunt.
Ciamèer(e)s in maan = Chiamarsi in mano; altra ambitissima giocata dove il fortunato ha carte talmente belle che non ha bisogno del compagno e così avrà ben 4 rivali; questa giocata, soprattutto se come da regola fosse fatta in silenzio, provoca forte disorientamento e servirebbero diverse mani prima di capire cosa stia succedendo.
Tastèer in bòcca = tastare in bocca  quando si gioca una carta sotto strozzo di piccolo-medio valore, per vedere se l'avversario ha carichi o briscole e osa giocarli.
Fèer ssantùun =  servono 61 punti per la vittoria. Finire a 59 punti invece significa andèer ind al buuṡ di caiòun = andare nel buco dei coglioni. O anche al puunt dal caiòun = il punto del coglione, quello che manca per la vittoria.
La primma l'é di caiòun! = la prima mano di una partita è dei coglioni, modo di canzonare chi andava subito in vantaggio.
Sempre per la prima mano c’è questa filastrocca: Chi fa duu, armàagn futùu; chi fa trii, rèesta frii; chi fa quàater, va a teàater = Chi fa due, rimane fottuto (perde il segno), chi fa tre, resta ferito (segno difficile da aggiudicarsi), chi fa quattro va a teatro (è quindi facile che vinca). Una variante: chi fa trii, al s lècca i dii = chi fa tre, si lecca le dita.
Dopo una mano si può sentir contare: Trèddeṡ e trii dii ind al cuul  … sèddeṡ = 13 punti e tre dita nel culo, fanno 16. Prego notare la triviale finezza, dove sèddeṡ in dialetto significa anche cuul  – vedi la ben conosciuta frase: tóo la ind al sèddeṡ! . Tale numero trova spiegazione nella Smorfia napoletana e cioè … 16 = o’ culo.
A suun òoreb! (cum un quàai) = Sono orbo! Come una quaglia, ovvero senza briscole. Situazione deprecabile che facilmente porta alla sconfitta, se non hai un compagno ch al t tiin su, che ti tiene su con le sue briscole.
Con lo stesso significato: A suun in céeṡa o in Dòom = Sono in chiesa o meglio … in Duomo (senza risorse, nelle mani della Provvidenza)
A n gh ò gniinta in maan! = Non ho niente in mano; quando si hanno delle brutte carte.
Ṡóoga ‘na ròssa ! o ‘na chèerta vistiida = gioca una rossa o una carta vestita; sono le figure.
    La Bereniice
Ṡóoga la Bereniice!   Gioca la Berenice!  cioè occorre giocare il due di denari.
Il due di denari è chiamato anche blaanda, oppure i òoc’ dla nòona (gli occhi della nonna).
Óo incóo finalmèint a m sèint importàant! Oggi mi sento importante!
Cuntèer cumme al duu d còpp
Cumme al duu d còpp cun brisscola bastòun ! Assolutamente nullo, come il due di coppe con briscola bastoni.
Mètt èggh mò un brisculèin ind al cuul! significa buttare, per stringente necessità, un’inutile briscola più bassa di una già presente sul tavolo.
Si può anche usare il termine fermèin o un sgniin cioè metterci un fermino, un segnino, una briscola svestita che impedisce la strozzata.
Mètt mò ṡò un fa-rabìir! Cala un “fa arrabbiare”! Nel nobile gioco della briscola è un briscolino messo per rompere il gioco degli avversari o anche una presa di misura sulla prima carta giocata: il primo gioca il 6 di bastoni e il secondo butta il 7 dello stesso seme, senza che ci siano ancora briscole in tavola.
Magnèer ’na brisscola = significa invece calare una briscola più grossa di una già giocata.
Quando si decide una tattica di attacco, con la giocata di briscole o carichi, si può incitare la squadra con un trascinante: Dàai mò! ch a gh sunòmm l’Aìida!!! con riferimento alla celeberrima marcia trionfale dell’omonima opera lirica. Oppure: Adèesa a v fòmm cantèer Vìvere = una nota canzone degli anni ’30.
L amìigh (uṡvìi) èd cal dònni = l’asso di bastoni =  l'amico (l’attrezzo) delle donne, per evidenti motivi; o anche al ṡguravèddvi = il ripulisci vedove, anche qui ogni commento è superfluo.
La Piita o la Pitòoca = l’asso di denari = il rapace raffigurato.
Al bicéer  o al campanòun = l’asso di coppe = il bicchiere.
L anṡlèin o  l angiulèin = l’asso di spade = l’angelo con la spada.
Cun brisscola spèedi a viins i gusadóor = con briscola spade vincono quelli che hanno successo con le donne.  Cun brisscola bastòun a viins i caiòun = con briscola bastoni vincono invece i coglioni.
Con briscola coppe si ha: La maan di puòos = la mano dei ”puossi” (di coloro che sono dediti al bere smodato di vino).
Infine la maan di sgnóor = la mano dei signori, quando briscola è denari.
A briscola a 4 può succedere che chi deve distribuire le carte (il mazziere) millanti minaccioso: L è da quàand a suun nèe ch a n pèerd mìa al mè sèggn! = E’ da quando sono nato che non perdo il mio segno. Gli altri giocatori lo guarderanno con evidente commiserazione, mandandolo senza indugio… in cal pòost = in quel posto.  
Quando le cose per una coppia si mettono davvero male, uno dei giocatori potrà dire rassegnato:  Pèers a s è pèers, èd viinser a n gh è vèers!! = Perso si è perso, di vincere non c’è verso.
La ṡughèeda dal cèrregh = la giocata del chierico, quando si gioca il 7, un numero che ricorda la fascia diagonale verde del diacono.
**
Chèerta                         Sèggn
* Aas  èd brisscola           labbra chiuse in fuori (quasi a lanciare un bacino)
* Trii èd brisscola            lieve deformazione della bocca
* Rè èd brisscola              occhi al cielo
* Cavàal èd brisscola                 alzata di una spalla
* Fantèin èd brisscola       punta della lingua fuori velocemente
* 7 èd brisscola               segno diagonale sul petto che accenna alla gambina del numero
* 7, 6, 5, 4 e 2 èd brisscola        pollice ed indice sfregati velocemente (dette fermini)
* Caaregh – Aas e Trii   rapida apertura delle labbra (amm! carico disponibile da mangiare)
   non di briscola              rigonfiamento guance (quando si è impegnati - A suun piin)
* Assenza di briscole        strizzatina d'occhio o occhi chiusi.
 **=M=**
Altre frasi e modi di dire carpigiani e delle zone vicine.

Dòunca …  che brisscoli àan i ṡughèe ?  Dunque… che briscole hanno giocato?
A iòmm faat (es)saanta. Tóorna mò a dèer fóora.  Abbiamo fatto sessanta. Torna a distribuire le carte.
Tè, tè te t tiin in mèint i puunt e mè al brisscoli.  Tu ti tieni in mente i punti, io le briscole.
A psiiven ṡughèer a chèerti scuacèedi. Potevamo giocare a carte scoperte.
Nuèeter ’sa fòmm ia ind al maas? Adèesa a vaagh a cuntèer. Noi quanto facciamo nel mazzo? Adesso vado a contare.
’Sa faan i lóor … dèinter ? Quanto fanno loro… dentro?
A gh òmm (es)santùun in maan. Noi abbiamo sessantuno in mano.
Chi stà a fèer (al chèerti)? Chi sta a fare (le carte)?
S a perdòmm quèssta, a vaagh a ca a pée. Se perdiamo questa, vado a casa a piedi.
Tè ! indù al fèe t l aas?  Tu! dove lo fai l’asso?
A gh òmm viint in maan. Abbiamo vinto in mano.
Ii t sóolo ? (strichènnd ’n òoc’). Sei solo? (stringendo un occhio).
Se l aas l è ded sà a gh magnòmm al caaregh, s l è ded là a iòmm pèers.  Se l’asso è di qua gli mangiamo il carico, se è di là abbiamo perso.
A suun in bulètta duura. Sono in bolletta dura.
A gh ò in maan trée flinnghi. Ho in mano tre scartine.
A gh è l aas in tèevla … andòmm a liss fin a la fiin. C’è l’asso in tavola… andiamo lisci fino alla fine.
A sii pròopia duu ṡugadurètt da staala (o da strapàas). Siete proprio due giocatoretti da stalla (o da strapazzo).
Te n sèe gnaanch tgniir al chèerti in maan. Non sai nemmeno tenere le carte in mano.
A psòmm dèer èggh a l’éelta. I vèdden (I gh àan in maan) tutt lóor. Possiamo darci a monte. Vedono (hanno in mano) tutto loro.
Ṡóoga ’na baasa, che po’ a la léev mè!  Gioca una carta bassa che la alzo io.
Ṡóoga un caaregh ch al vaaga da pèr lò. Gioca un carico che vada da solo.
Se al chèerti i gh issen al maan, i t darèvven taant èd chi s-ciafòun! Se le carte avessero le mani, ti darebbero tanti di quegli schiaffi!
A sòmm a la cróoṡ. Siamo alla croce (al quarto e decisivo segno).
A ṡóogh un caaregh fèmmna (o maas-c’)? Gioco un carico femmina (o maschio)?
Bòoia caan, zio canta… mò che cuul !! I vèdden tutt lóor. Boia cane… ma che culo!! Vedono tutto loro.
A gh fa aanch al vaachi vóodi. Gli vanno bene anche le vacche non fecondate.
A fòmm dóo partiidi e la bèela, s la gh vóol. Facciamo due partite e la bella, se serve.
Nòota al sèggn (o raag’) pèr chi sà! Nota questa parte di una partita a favore di chi sa.
A gh dòmm ia viint al sèggn (o raag’)? Gli diamo vinto questa partita?
Mò ch cuul! Mò indù ‘ndèe v a caghèer? Ma che culo! Ma dove andate a cagare?
A ṡóogh un caaregh e tè te gh in mètt ’n èeter. Io gioco un carico e tu ce ne metti un altro.
A nn è mìa savéer queschè, uun al caata al brisscoli e cl èeter i caaregh! Non è saper giocare questo, uno trova le briscole e l’altro i carichi!
Al pèer al ritràat dal fantèin d còpp. Sembra il ritratto del fante di coppe (si parla di uno che è sempre col bicchiere in mano).
Vèe, a s vóol al quèert, viin èt?  Ehi, ci serve il quarto, vieni?
La primma a Bulòggna i s la quistiòunen. La prima (parte di partita) a Bologna se la litigano.
Ciamèeres viint in maan. Chiamarsi vincitori in mano.
Ṡóoga quèll che al te stà mèel in maan.
Daa gh al duu ind al cuul!
Quàand a daagh fóora mè a dà fóora ’n ignoràant!
A sòmm a la bèela.
L’è ’na maan da sgnóor.
A iòmm pèers cun la ṡughèeda dal caaregh.
A gh ò in maan trée flinnghi.
Al sèe t quàant galètt a iò viint a cal ṡóogh chè?
Al gh à al còol lunngh ... al gh à al mèel dal ṡlungòun ... di chi vuol sbirciare le carte d'altri.







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