Prima versione 7-3-2012 V 45 del
27-02-2014
Le strabilianti
avventure di Gambòun,
pescatore
e cacciatore carpigiano.
di Mauro D’Orazi
Tutti i cacciatori e i pescatori
sono abituati a esagerare le loro conquiste. Un pesce gatto di quindici
centimetri dopo due racconti in compagnia, diventa di cinquanta; mentre due
anatre abbattute diventano tranquillamente venti.
Gambòun da Buderiòun
è un uomo delle
nostre zone di antica e genuina tradizione, cacciatore e pescatore da sempre. Una
persona misurata nei modi e squisita nel rapporto interpersonale, dotato di
grande humor e sempre pronto a
trovare ed esaltare l’aspetto spassoso in ogni situazione con interventi
calibrati e apparentemente seri e composti. Ma dietro di essi si nascondono un’arguzia
e una vis comica fuori del comune e davvero
irresistibili. Anche lui le balle le racconta e in misura sesquipedale; ciò non
tanto per esaltare le sue prestazioni … tutt’altro, ma per il piacere autoironico
di creare atmosfere nonsense comicamente
impossibili, prendendo in giro in primis se stesso e poi i vari personaggi
appartenenti alle categorie a cui lui stesso appartiene: pescatori e
cacciatori.
Particolare interessante: quando
il nostro entrava in giusta “pressione” e cominciava riferirne di grosse, si
girava in testa, con secchi e brevi gesti della mano, il cappelletto a tenui
tinte scozzesi che indossava di solito, acquistato presso il rinomato negozio
di Masini, sotto il Portico del Grano. Quello era il segnale che il
bombardamento era iniziato.
Ecco di seguito vari aneddoti che
si collocano in un tempo indefinito e trovano continua linfa nel passaparola
popolare che colloca queste gesta fra l’immaginario e il reale, fra l’assurdo e
l’esempio apologetico anche dei fatti più banali, che vengono esaltati e resi
quasi epici nel rievocarli.
Un amico gli chiese: Gambòun …
quàand déev ia lasèer lè èd pasturèer? Quando devo smettere di dar mangiare ai pesci per
attirarli? Te déev lasèer lè, quàand al furmintòun al viin su da l’aaqua. Devi smettere di pasturare, quando
il frumentone supera il livello dell’acqua nel fiume o nel laghetto.
Galleggianti con
la punta
Quàand a
pastùur e a tiir i bgatèin còn la sfrummbla a m è capitèe dimònndi vòolti èd
ciapèer in piin la puunta dal galegiàant e d ṡbraghèer la. Quando pastura e tira con forza
i begatini con l’apposita fionda, Gambòun narra come gli sia capitato non di rado di colpire in
pieno e violentemente la punta emergente del galleggiante, frantumandola.
Fionda per esche
“Bèe mò alóora!!
A nn è mìa óora che t èggh daagh un tàai!” (Non è ora che tu la smetta!) Urlò indispettito,
alzandosi e squassandosi il giubbetto pieno di vermi e schizzi d’acqua, un
pescatore in gara seduto sul lato opposto del laghetto. Gambòun aveva ancora una volta pasturato
con lunghi e vigorosi tiri della sua potente fionda.
Un'altra volta invece teneva
l’esca non a fondo (circa due metri), ma a un metro. Qualcuno gli fece notare
la cosa e lui rispose: A la tèggn apèina apèina su da la muntagnóola èd
furmintòun ch a iò faat! Tengo l’esca appena appena su dalla montagnola di un metro che ho
creato con il frumentone per pasturare.
Gambòun 'sa
gh dèe t èd pastuura? Quanto mangime getti per i pesci? A gh vóod dèinter dóo scaatli èd
furmintòun avèerti e unna srèeda. Cla srèeda i s la véeren po’ lóor quàand
a gh pèer e acsè i s caaten quèel da fèer. Vuoto due
scatolette di mais aperte e una terza chiusa. Quest’ultima i pesci se la aprono
loro, quando lo ritengono opportuno, anche perché così si trovano qualcosa da
fare.
Gambòun si vantava che in gioventù l iiva masèe
trée pòundghi cun sóol un tiir de sfrummbla (aveva
ammazzato tre topi con un solo tiro di fionda).
Gambòun narra che negli anni ‘80 era
andato a caccia a nord di Carpi, ind la vaal; era il periodo giusto e gli storni erano numerosissimi e
disegnavano in cielo nere nubi in continuo movimento. Al momento di sparare
qualche colpo di doppietta, però era stato leggermente basso col tiro e alóora l iiva
impinìi trii bòṡṡ èd gaambi. Così aveva dovuto riempire ben
tre canestri da uva solo di gambe di volatili.
Sempre della stessa serie … come
risultato di un unico sparo del suo fucile l iiva impinìi un saach dal russch èd
clòmmb (aveva
potuto riempire un intero sacco da pattume coi colombi colpiti).
Gambòun era in una gara di pesca in un laghetto, prima un concorrente, poi
subito dopo un altro, lanciando le loro esche per errore avevano ingarbugliato
il suo filo di nylon. In questi casi è impossibile come suol dirsi catèer al
còo dla ṡgavètta (il bandolo della matassa), così
prima uno e poi l’altro urlarono: “Sacrifico!” E con una coltellina tagliarono
i fili con le esche del nostro. Dopo il primo increscioso episodio, Gambòun era già molto irritato, ma
superò il momento di gran nervosismo (pèr preparèer al tachèedi - le esche - a regola d’arte
aveva impiegato tutto il giorno precedente e tutta la sua esperta abilità di
decenni di esperienza); con pazienza rimise in sesto la canna e riprese a
pescare. Ma col secondo perse la pazienza e il suo cuore si riempì di sete di
vendetta. Con apparente tranquillità risistemò il filo della sua canna, però
stavolta in fondo mise un bèel piòmmb da duu èeto (un piombo da due etti). Poi con
mossa elegante fece roteare la canna, lanciò con braccio e mano sicuri, ma
invece che nella sua posizione, mandò il nylon, oltremodo appesantito, molto di
traverso, agganciò quanti più fili gli fu possibile, appartenenti ai numerosi
avversari presenti, recuperò velocemente un matassone di lenze, le prese in
mano in bella vista sull’argine e urlò agli altri pescatori, che lo guardavano
stupiti: “Sacrifico!” E con un colpo netto tagliò decine, decine e decine di fili.
Così almeno la racconta lui.
“L èeter dè
a iò ciapèe ’n’ anguìlla ch la n finiiva più!” “Mò quàant éer la lunnga… Gambòun
?” “Guèerda …a n sè mìa, a un sèert puunt, mèinter a la tirèeva su, è sunèe meṡdè
e a iò dvuu taièer la cun al fòorbṡi pèr scurtèer la pèr andèer a magnèer!” “L’altro giorno ho preso
un’anguilla che non finiva più!” “ Ma quanto era lunga?” “ Non te lo so dire …
ma mentre la tiravo su è suonato mezzogiorno, ho dovuto accorciarla con le
forbici, per poter andare a pranzo!
Una volta, nel mantovano, prese
un siluro di appena 15 kg,
un pesce in sé grosso, ma non certo rilevante per quella specie, che vede degli
esemplari anche di due metri e mezzo di un quintale e oltre. Faat su al
caani (messe via
le canne), lui e un amico si fermarono in una baracchina per bere qualcosa. Il
gestore chiese l’esito della pesca e Gambòun tranquillo rispose: “A iòmm ciapèe un siluuro è 40 chillo!”
Ripartiti, l’amico preoccupato lo rimproverò: “Se avesse chiesto di vederlo, si sarebbe accorto subito che era solo di
15 kg!” Al ché Gambòun gli ribattè: “A nn avéer pasiòun, a n sòmm rivèe a Chèerp, al srà già
dvintèe èd nuvaanta chillo!” “ Non star male, prima di arrivare a Carpi diventerà di 90 kg!”
Siluro e Canale
di bonifica
Gambòun chiese al ristoratore un arrosto
di faraona. Gli portarono il piatto, ma la carne era davvero poco cotta. Alla
fine della cena il gestore gli chiese se il cibo era stato di suo gradimento. Gambòun glaciale rispose: “ Bèee … la
chèerna èd faravòuna l’éera còota un pòo al dèint … quàand a gh ò piantèe la
fursèina ind al cuul … l è vulèeda vìa !” “ Insomma … la carne di faraona era cotta un po’
troppo al dente, quando le ho piantato la forchetta nel culo e volata via!”.
FaraVòuna
Gambòun così raccontava a un suo conoscente le qualità eccezionali delle esche
che egli era solito usare.
Te déev savéer
che mè a gh ò di béegh acsè gròos che pèr cavèer i fóora dal sò scatlèin a m tòcca
sunèer ègh al sibióol cumma a fa i incandóor èd serpèint.
Devi sapere che io adopero dei
vermi così grossi che, per poterli utilizzare e farli uscire dal loro barattolo,
devo suonare il flauto, così come fanno gli incantatori di serpenti.
Gambòun era solito andare in Sardegna
per ricche campagne di pesca in un fiume all’interno dell’isola, rigonfio di
gobbi. Il bottino era sempre ricco e abbondante; tornato a Carpi non vedeva
l’ora di raccontare con dovizia di particolari l’avventura vissuta.
Naturalmente aspettava sempre che qualcuno degli ascoltatori abboccasse,
ponendo una appropriata domanda. Infatti, puntualmente: “Gambòun, mò
alóora lè a s ciàapa dimònndi pèss! ’Sa dróov èt a peschèer?” (Allora si prendono molti pesci
? Che metodo adoperi per pescare?)
“ Bèee ! A nn è mìa dificcil, mò a gh vóol
di sècc’ d aaqua … da téeṡ!” (Niente di speciale, ma ci voglio
dei secchi pieni d’acqua da tenere vicino!)
“… Di sècc’
d aaqua ???? Mò ’sa dii t?” “
“ Mò sè …
Al mulinèel al se schèelda dimònndi e òogni taant a gh è da mèttr èl dèinter a
l’aaqua pèr arsurèer èl. A gh viin di faat fumanòun!! (Certo … La frizione del mulinello diventa rovente e ogni tanto c’è da
metterlo dentro all’acqua per raffreddarlo. Ciò provoca nuvoloni di vapore.)
Mulinello da
filo da pesca
Durante una sessione di pesca, Gambòun assicurò saldamente la canna a un albero vicino. Ebbe così modo, il
giorno successivo, di raccontare ai colleghi che l iiva visst ’na magnèeda, mò ’na
faata magnèeda, che a s éera deṡfraschèe l éelber. (Aveva visto una mangiata
all’esca così potente che la canna era scivolata via dall’albero, togliendo tutte
le frasche della pianta).
Una mattina, prima di partire per una gara al laghetto di
Limidi, Gambòun incontrò un vicino di casa. Costui conosceva bene la
sua passione per la pesca, ma era anche un notorio fapèeṡ e
pèr de più al purtèeva aanch sfiiga
incuntrèer èl (era persona notoriamente noiosa e portava anche sfortuna
incontrarlo) prima di una sessione di pesca.
L’uomo non esitò a chiedere:“Gambòun l è
un pòo èd tèimp te n ciàap un bèel pèss!“ (E’ già da un po’ che non
prendi un bel pesce di grosse dimensioni).
Gambòun, dandosi una veloce e impercettibile toccatina
scaramantica, rispose: “Mmm … guèerda che te te ṡbaali!. Sóol aiéer
a n ò ciapèe uun ch l éera èd dóo spaani.” (Solo ieri ne ho preso uno di due spanne)
“Óoo - osservò maliziosamente
compiaciuto al braghéer - mò tè t ii abituèe a ciapèer en di più gròos!”
(sei abituato a prenderne di ben più grossi).
E Gambòun: “Mò te nn èe mìa capìi ! L éera èd dóo spaani, mò da … ÒOC’ a ÒOC’!”
(Non hai capito! Due spanne, ma da occhio a occhio!).
Durante la pesca invernale è molto importante adoperare
indumenti caldi. In particolare sono indispensabili degli stivali termici. Ma
quelli di Gambòun erano davvero speciali e potevano essere indossati solo
per tre, altrimenti pèr al calóor ch i fèeven a crudèeva agl’unngi di pée (per il
calore facevano cadere le unghie dei piedi.
(in fondo al sito, vicino al fosso di confine, ma a un certo punto … per il gran peso il terreno si è ribaltato!).
Verza
Un giorno Gambòun era a caccia col
suo cane e un altro cacciatore gli chiese: “’Sa pòort èl al tó caan ?” (Che
prestazioni ha il tuo cane”). “ Mò a n sò mìa èd precìiṡ, ma l èeter dè l à purtèe mé
mèeder su al tèers piàan!” (Ma non lo so di preciso, ma
l’altro giorno ha portato mia madre sul al terzo piano di casa mia!).
Cane da caccia
Gambòun gh
la chèev èt a peschèer cun la caana lunnga? (Riesci a pescare con la canna lunga (1) ? Chiese un pescatore in gara che
stazionava dalla parte opposta del laghetto. Risposta del nostro. “Mè ?? Mè a
gh ò utaanta méeter èd Roubasienne (1) e a vèggn
a peschèer ind al tó ridèin quàand a vóoi!” (IO ?? Io ho ottanta metri di
canna francese roubasienne e vengo a
pescare anche nel tuo retino quando voglio).
Gambòun afferma poi convintamente di
avere anche una tecnica particolare di pesca; egli racconta che è solito tgnìir la viiva
cun un buuṡ
(tenere il retino di raccolta del pescato con un buco), ’na vòolta
l iiva tirèe su sóol trii pèss, mò a la fiin al s n éera catèe quàater: al quèert
al gh éera andèe dèinter da pèr lò.
(una volta aveva
preso solo tre pesci, ma alla fine se ne era trovati quattro, uno era entrato
da solo dal buco).
Fino a qualche anno fa nelle gare
di pesca nei laghetti ai primi tre classificati davano delle medagliette in oro
in grammatura discendente; oggi non è più possibile a causa dell’altissimo
costo dell’oro. I pescatori più bravi arrivarono ben presto ad aver degli etti
del prezioso metallo. Ho visto io stesso, dentro appositi album, le pesanti
collezioni d amdaìini d òor (di medagliette) di abili pescatori miei amici, quali Jacksie e Graziano Forghieri.
Medagliette
d’oro
Anche in questo campo Gambòun ha avuto modo di dire la sua. Egli è solito ricordare all’ignaro
ascoltatore occasonale questo aneddoto. Da campione quale era, aveva vinto
tantissime medaglie d’oro. La quantità era tale che un certo punto, non sapendo
più dove e come conservarle, decise di portarle dal suo orefice di fiducia, di
farle fondere e di ricavarci una grossa catena con crocefisso.
Ma lamentava un insolito e
spiacevole problema di dieta alimentare … al psiiva magnèer sóol da sutt (poteva mangiare solamente d’asciutto);
infatti dopo aver indossato i due pesanti oggetti d’oro … l iiva tgnuu
rinuncèer al mnèestri in bròod (aveva dovuto rinunciare alle minestre in brodo), aanch ai
caplètt di cui era molto goloso. Si
trattava, infatti, di un problema di sicurezza vitale, s al fèeva
taant a pighèer la faacia ind al piàat, al péeṡ dl òor al gh fèeva ciapèer
trapìich a la testa e al psiiva murìir andghèe! (se faceva tanto a chinare il
viso sul piatto, il peso dell’oro, appeso al collo, lo sbilanciava e la testa
cadeva nel piatto, rischiando di morire annegato).
Sempre con l’oro ricavato dalla fusione
delle medaglie vinte nelle gare di pesca, Gambòun aveva potuto consolidare tutte
le fessure della sua palladiana nuova nel suo cortile, a mò di buiacca (2).
Il tabaccaio di Corso Alberto
Pio, Gianni Luppi, allora giovanissimo, anni fa era impegnato in una gara in un
laghetto. Si usava il metodo “ciàapa & mòola” (prendi e getta): dopo la
pesatura, il pesce veniva rimesso in acqua. Capitava così che un esemplare
venisse catturato più volte. Gianni improvvisamente, inesperto e con una
cannetta da due soldi, inamò una grossa carpa di una cinquantina di centimetri.
La cosa strana è che le fasi della cattura avvenivano in modo estremamente
facile, senza che il grosso pesce opponesse troppa resistenza. Qualcuno a voce
alta fece notare l'insolita circostanza. Gambòun, che pescava di fianco a lui,
dette un'impercettibile occhiata di traverso prima alla preda e poi al giovane
inesperto ... e con leggero disappunto sentenziò: "A s capìss,
s te guèerd sòtt a la laṡèina ... la gh à al librètt dla pensiòun!" Si capisce che non si
agita, se guardi sotto la sua ascella, tiene stretto il libretto della
pensione.
Gianni con in
braccio l’enorme carpa pensionata
Gambòun l éera
andèe a pèss un dopmeṡdè d agòsst cun un sbuiùss e un sòofoch da cherpèer (era andato a pescare in un caldissimo un pomeriggio d’agosto). Tornato
a casa, interrogato da un amico se ci fosse stato caldo, rispose laconico: “Mò gniinta
in tutt … l umbarlòun l à ciapèe fóogh da pèr lò
!” (L’ombrellone
parasole ha preso fuoco da solo).
Pescatori del
1700
Un fatto vero: una mattina
andando a caccia si era fermato a far colazione in un bar lungo la strada,
lasciando tutta l’attrezzatura in macchina. Stranamente un signora anziana, màai vissta
e cgnusuuda, in
stato confusionale si sedette nella sua auto, chiudendo lo sportello. Avvertito
e incredulo, si avvicinò alla poveretta e la minacciò: “ Sgnóora s
la n viin mìa fóora subìtt, a tóogh fóora la dupiètta dal baùll e a gh daagh dóo
s-ciuptasèedi!”
(Signora, esca subito, se no predo il fucile e le sparo due colpi!). La donna,
nonostante tutto, capì immediatamente e scese alla svelta dall’auto.
Doppietta
Durante una battuta di caccia
palustre, Gambòun
era in barca con un amico; mentre attraversavano la risaia per portarsi alla
postazione del capanno il suo amico incominciò senza un motivo a mettersi a
ballare e a fare movimenti strani. A un certo punto però … la bèerca
la s è arbaltèeda e i iin caschèe ind l'aaqua fin al stòmmegh. (la barca si è rovesciata e gli
occupanti si sono trovati immersi fino allo stomaco). Sentiamo dalla sua viva
voce come è finita l’avventura:
“Mèinter a iéera in aaqua, còn la còvva dl òoc' a iò
visst ’a muccia èd tóoltri
gniir vèers èd mè! Alóora ’sa faagh ia? Mètt èm in ṡnòoc’ e taaca a sparèer damàand
un maat. Chi èeter casadóor i àan tachèe a serchèeres: i éeren preocupèe,
perchè i iiven visst la bèerca arbaltèeda e in se vdiiven più. Óoo ... i m àan
catèe dòop un bèel pòo. A m éera lughèe dedrée dal mucc' dal tóoltri ch a iiva
masèe!” (Mentre ero in acqua, ho notato con la coda dell’occhio un
grande stormo di uccelli venire verso di me. Allora cosa faccio? Mi sono messo
subito in ginocchio e ho cominciato a sparare a tutta forza. Gli altri
cacciatori, preoccupati, perché non ci vedevano, hanno cominciato a cercarci.
Mi hanno trovato dopo un bel po’, perché mi ero nascosto dietro al grosso
mucchio di uccelli che avevo abbattuto.)
**
Interessante era anche la figura
del padre del nostro Gambòun. Era soprannominato “Saltarello”, perché quando parlava con la
gente, faceva dei saltini e si muoveva in continuazione. Persona onesta e
pacifica era campione dal ṡóogh dal picc’ (gioco del picchio), antichissima e semplice specialità che però
richiedeva una grandissima maestria. Presso il cortile la famosa osteria da
Cimbro, sita nell’attuale via Matteotti, c’era in terra una “zocca” di un
grande albero tagliato. A centro era stato scavato un incavo a mezza sfera che
conteneva, a metà, una sfera del tradizionale gioco delle bocce.
‘Na sòoca
Si collocava la sfera nella
buchetta e poi, a una distanza prestabilita di almeno una ventina di metri, la
si doveva colpire al volo con un’altra boccia, utilizzando un tiro parabolico
teso di altissima precisione. I giocatori si alternavano a turno nel lancio. A
bersaglio ottenuto, si sentiva il caratteristico rumore del “picc’ ” che onomatopeicamente dava il nome al gioco. Saltarello era tanto abile in questa disciplina che con un tiro speciale
a effetto, oltre a colpire la biglia a bersaglio, per il realizzarsi in modo
concomitante di stupefacenti momenti di forza, effetti e rimbalzi, la palla che
arrivava andava sostituire quella che di trovava nell’incavo. Incredibile, ma
vero … mi hanno assicurato anziani testimoni oculari.
Ma torniamo a noi. Negli anni ’60
Saltarello era un pensionato quasi
ottantenne e ogni tanto d’estate col caldo e la bella stagione si divertiva a
pescare qualche gobbo nei canali intorno a Carpi. Al tuliiva la sò biciclètta, la sò
caana … e via.
Ma il severo e occhiuto guardiapesca Pio vigilava attento e arcigno; con
la sua due ruote percorreva incessantemente gli argini. Un caldo pomeriggio d’estate
si imbatté nel vecchietto e lo colse in castagna, senza la regolare licenza di
pesca. Nonostante le tante giustificazioni umane e morali, non ci fu nulla da
fare. Pio inflessibilissimo appioppò una salata multa al
povero Saltarello.
Ma egli non si perse d’animo e preparò
una sottile vendetta. Il giorno dopo era di nuovo nello stesso posto, seduto
tranquillamente con la canna in mano, la lenza in acqua … in paziente attesa
del pesce da inamèer
(da agganciare con l’amo).
Inesorabile, a ’na sèerta
óora, ripassò Pio e, molto stupito nel rivederlo, gli chiese immediatamente:
“ Maaa … ha già rinnovato la licenza? Me la faccia vedere!” “No!” rispose tranquillo il vecchietto “ Mè a nn ò
arnuvèe pròopia un bèel caas èd gniinta.”(Non ho rinnovato proprio
nulla!) “ Bè alóora … a m indespièeṡ, mò a sòmm ancòrra in muulta!!” (Mi dispiace, ma allora siamo
ancora in multa!”) disse Pio, tirando fuori blocchetto e penna
e accennando un malevolo, quanto compiaciuto risolino.
Ma a quel punto Saltarello al s alvè in pée, con un sorriso graand cóome ’na ca, e sollevò nel contempo la canna con
studiata lentezza. Sorpresa!! Alla fine del filo da pesca apparve, ben
legata, una bottiglia, che fino a quel momento era rimasta astutamente nascosta
dall’acqua. A quel punto Saltarello ribatté beffardo: “ Mò che muulta??
Mò che muulta?? Mè a nn ò màai savùu ch a gh vóoia la licèisa da pèss pèr tgniir
in frèssch ’na butigglia èd lambrùssch !!!” (Ma che multa? Io non ho saputo
che tenere in fresco una bottiglia di lambrusco serva la licenza da pesca!).
Note
tecniche:
(1)
La roubasienne è
una famosa, innovativa e costosissima canna francese al carbonio lunga dieci metri
e oltre. La roubasienne è una tecnica di pesca nata in Francia allo scopo di
pescare a grande distanza da riva. Infatti se con le bolognesi, le inglesi e le
barbare possiamo arrivare a circa 10 mt da riva (oltre il peso diventa davvero
eccessivo) qui il limite dei 15
metri è davvero vicino. E' quindi possibile pescare a
grande distanza dalla riva. Questa tecnica è nata diversi anni fa nella città
di "Roubaix" in Francia, da cui ha preso il nome ed ha riscosso
immediatamente un enorme successo nelle competizioni di pesca al colpo a
livello mondiale, portando la
Francia ai vertici più alti delle classifiche. Per arrivare a queste distanze occorre davvero del materiale di
partenza di ottima qualità. Infatti lo sviluppo di questa disciplina è stato
solo possibile quando l'industria aeronautica ha iniziato a lavorare seriamente
al carbonio alto modulo, rendendo possibile la progettazione e costruzione di
canne leggerissime e bilanciate con le quali poter stare in pesca. Per chi non
la conoscesse la roubasienne si presenta come una lunghissima canna fissa.
Nelle ultime 2-3 sezioni si trova un elastico dal diametro variabile al quale
viene legata la lenza e che permette di stancare il pesce facilmente, essendo
gli sforzi di questo combattuti dall'elastico. La presenza di questo
accorgimento permette il combattimento con pesci anche di grosse dimensioni
anche in assenza del mulinello, conferendo grande elasticità al complesso
pescante senza stressare eccessivamente il nylon.
(2) Buiacca - Malta di cemento e/o calce usata
per far aderire le piastrelle e, più frequentemente, per colmare gli spazi tra
l'una e l'altra.
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