Un ricòord dla Marina - La Marina Trintèina
V 18 17-05-2012 ricordi raccolti da
Mauro D’Orazi
gentile revisione di Giliola Pivetti
Eccola in una rara foto
degli anni ’60 in Via Cesare Battisti (oggi davanti alle poste) - La Marina rientrava a casa
spingendo il suo carrettino di mercanzia varia verso Cuntreda Teranova, o L’Ultma
(Via Giordano Bruno) in du la stèeva ed cà
In noi ragazzini degli anni ’50 e
’60, la sua inquietante figura è rimasta fortemente impressa nei nostri lontani
ricordi: alta, secca, sempre vestita di nero con il fazzoletto dello stesso
colore in testa.
Ci faceva molta paura a vederla e
le stavamo a debita distanza; non di rado prendeva delle balle orbe e tirava
delle sequele ben articolate di briscole, soprattutto contro i monelli cattivi
che, con tutta la pungente crudeltà tipica nella loro natura, le facevano degli
scherzi feroci o la offendevano. Da giovani spesso si è inutilmente crudeli.
Una volta alcuni ragazzi le tolsero il fermo di una ruota del carretto, con
l’esito disastroso che possiamo ben immaginare. Al barusèin a cavàal a su, tuti al malgareini per tèera e di siigh e
dal madòoni ch a s-cifleva l’aria.
Marina abitava
in contrada Terranova (L’Ultma - Via Giordano Bruno), altro luogo di profonda
carpigianità; stava subito dopo la bottega da lattoniere di Ardiglio (Cavasùu) Cavazzuti, fratello di Ersiglio
e Doviglio. L’artigiano era famoso per la messa in opera di un fugòun da bugadèera … in lèegn. La
saracinesca di questa antica attività si può ancora vedere tale quale, chiusa
ormai da decenni. Fra qualche anno, con la prima ristrutturazione scomparirà di
sicuro.
Pare fosse
anche attirata dal fascino di un allora noto enologo carpigiano, che
devotamente ogni settimana andava riverire e nel contempo a farsi omaggiare di
qualche bicchiere. “Cirooo, mò digh …s t
‘i bèel!” era solito dirgli.
Teneva banco il
piazza al giovedì e alla domenica (solo recentemente si è passati al sabato).
La sua postazione era di fronte al quella del fabbro Bizzoccoli (il nonno di
Franco) che si collocava sotto il torrione degli spagnoli, proprio ai piedi della
lapide per Presa di Roma - XX settembre 1870.
**
Ho cercato fra
la gente ricordi personali sulla Marina, ottenendo tante tessere per un mosaico
un po’ frammentato, che dà però un profilo verosimile, anche se approssimativo,
del personaggio. Sono convinto che l’interessata non si sarebbe mai immaginata
una sua rievocazione.
Primo Saltini ricorda: “Era quasi
un divertimento per noi ragazzini di allora, passargli vicino e sussurrarle: Imberiagòosa!
Un’ingiuria che immediatamente scatena una litania furente di madonne, cancheri
ed epiteti vari. Tutto un vocabolario gergale interessante che poi si poteva
ripetere insieme agli amici, sghignazzando. In più la seguivamo, quando andava
verso i giardini a fare pipì (all’antica maniera delle donne padane); la faceva
stando in piedi e dandosi una asciugatina con il vestito! Eravamo proprio dei
delinquenti.”
Alfredo Copelli abitava in via
Marco Meloni e nel retro della casa c'era un cortile con una tettoia. Spesso la Marina si fermava li a dormire
per scuasèer la bàala (per smaltire
le dosi alcoliche), così come era … cun
al barusèin abbandonato con tutte le povere merci.
Ersilio
Spezzani rammenta che le piaceva anche bere un buon quartino di vino, ma forse
anche di più. “Tante volte chiedeva a noi ragazzi se le andavamo a prendere il
vino, perchè a lei non lo davano all’osteria vicino a San Rocco. Puvreta !! La fèeva compassiòun, già da
ragass … , ma anch adesa, dòop tant ann,
a pinser cum la viviva, l’a t fà pinser
che la solitudine l'è ‘na gran tristesa.
La pariva cativa, mo l'era sool una povra dònna, senza nisun intoorna ch
a la aiutiss.
I eren mument difficil anch aloora, sperem ch in tornen più, anch se a m
sembra che incòò a n adema per gninta bèin.
Anche ad Annamaria Loschi la gh fèeva na fàata paura ... Anch perchè a
n s capiva gninta ed quel ch l a gìiva. Essere vecchi e poveri era ed è una
vera disgrazia.
**
Anna
Bulgarelli ha bene in mente la Marina Trintèina , abitando nella sua stessa
contrada: “Io sono nata e cresciuta in via Giordano Bruno e me la ricordo bene.
A noi bambine ci incuteva un certo timore: così alta e vestita di nero, spesso
alterata dal vino. Ma quando era lucida e la incontravo uscendo di casa, mi
riempiva di complimenti e mi diceva con
grande dolcezza " In du vèet pricipèesa?".
Una volta la
nipote la stava aspettando da ore in via Giordano Bruno, più o meno preoccupata.
A un certo punto la vide arrivare senza il carrettino, dimenticato chissà dove,
la girèeva ed galòun penosamente
ondeggiando con un piede sul marciapiede e uno sulla strada. “Bè mò … Cus ela? ‘Na baala nòova?”
commentò amareggiata la nipote, commentando lo strano incedere della zia
ubriaca.
**
Lo scrittore
Carlo Alberto Parmeggiani afferma che della Marina, detta anche la MarinaaSa ,
non sa dire più tanto, perché raramente bazzicava nelle sue zone da bambino, le
poche volte che ha avuto a che farci si era sempre mostrata non solo gentile,
ma anche spiritosa.
**
La prof Anna
Maria Ori: “Ricordo vagamente la Marina Trintèina , perché non mi ha mai né
spaventato, né intenerito, né (lo ammetto) interessato, ma era una specie di
arredo urbano di cui semplicemente prendevo atto. Mi dispiace di non averla
osservata con più attenzione, in pratica di non averla vista, anche se entrava
nel mio raggio visivo.”
**
Gilda Lugli:
"Mia madre, Fernanda Bertolazzi, mi raccontava che la Marina era di buona
famiglia, ma che a un certo punto suo fratello aveva preso le distanze da lei.
Quando avevamo
la ditta di legnami in via Carducci, la Marina entrava dal retro in via N. Biondo e
cercava di venderci la sua mercanzia. Mi faceva paura, ma anche tanta pena
..."
**
Enrico Rancan,
al fiòol dal pròfugh: “Ce l’ho in
mente, ma ero veramente piccolo. Suonava a casa mia, in viale Nicolò Biondo,
per offrire la sua mercanzia e mia madre, per mandarla via in fretta, le
comprava sempre qualcosa. A me piacevano le carrube, che evidentemente lei
vendeva, e che ho conosciuto proprio per questo.
**
Margherita Panzani: “Io me la
ricordo bene, abitavo in Corso Fanti e lei passava, vestita sempre con un
grembiulone nero e un fazzoletto in testa, col suo carretto pieno di scope,
secchi, spazzole e tante altre cose. Molte volte si fermava, chiamava mia nonna
e chiedeva il permesso per andare al gabinetto che era in cortile, gabinetto
che era poi un buco, con sopra un coperchio. Altre volte, semplicemente, apriva
le gambe e faceva la pipi li dove si trovava. Non mi faceva paura e la nonna mi
diceva che non era cattiva.”
**
Mauro Marri ricorda bene questa
strana donna; sua nonna, infatti, comprava i giochi da lei per i nipoti, quando
erano buoni, il che succedeva molto raramente. La Marina era ... avanti:
faceva già il porta a porta tanti anni fa.
**
Ecco un incisiva immagine che ci
lascia Luciana Nora
Se la Filimede fu un personaggio
caratterizzante di via Cantarana, l'esprimersi della quale aveva come confine
le contrade attigue, ci fu anche un'altra figura femminile particolarissima,
completamente fuori dagli schemi, conosciuta in tutta Carpi per via del fatto
che svolgeva un'attività ambulante: la Marina Trintèina cla stèeva in Cuntrèeda Teraòova.
Aveva un carro a due stanghe che
tirava lei stessa, con il quale portava le sue mercanzie per tutte le contrade
carpigiane. Una struttura corporea segaligna, vestita di un nero stinto che aveva
virato al grigio: un fazzolettone annodato al collo, i cui lembi estremi venivano
usati per asciugare il sudore della fronte e del petto, sottana lunga e larga
quasi fino alla caviglie che, estate e inverno, spuntavano nude da larghe, nere
scarpe maschili.
Dalle maniche arrotolate fino ai
gomiti, uscivano le braccia secche e nervose. Le mani erano lunghe e nodose le
mani su cui, dopo una sosta, come erano soliti fare gli uomini, sputava, per
poi sfregarsele, prima di riagguantare le stanghe del suo carro e riprendere il
suo giro.
I capelli
grigi, dritti dal taglio pari appena sotto le orecchie, qualche volta tenuti
indietro da un cerchietto metallico, incorniciavano un volto austero, rugoso,
dai tratti sottili. Un’ambulante strana che passava senza segnalarsi e bandire
la propria merce. Aveva sul carro dal pianale piatto dal malgareini e dal ramàazi, ‘na
quelch trapla per soregh, un po' di pentolame e varie altre cose. ‘Na specie
ed Righetta ed Limid ambulante … in miniatura.
Il tempo aveva
tinto di grigio anche il carro. Sicuramente girò per Carpi fino alla prima metà
degli anni ‘60. Se la ripenso oggi, anche il mio ricordo si spoglia dei colori
e vira al grigio come in un film in bianco e nero e in parte perde la voce. Incontrarla
era un fatto pressoché quotidiano. Almeno a me, ma sono certa di non essere
stata la sola tra le mie coetanee, la sua comparsa incuteva qualche timore,
specialmente sollecitava un interrogativo: Ma chi era la Marina ?
La fantasia
infantile poteva associarla a una qualche strega o, più improbabile, a una
fata. Avevo capito dove aveva una posta per il suo carro in una delle mie
visite alla zia Ernesta, che abitava in Cantarana. Entrando in quella contrada
da Santa Chiara, sulla destra, poco più in là del palazzo sede del cappellificio
Losi, lì doveva far sostare il carro la Marina. Era pomeriggio inoltrato e uscendo da
quella corte affollata da una quantità di famiglie, ero rimasta folgorata
sull'ingresso, perché, in quella strada stretta, mi ero ritrovata a un passo
dalla Marina che stava smanovrando il suo biroccino. Mi ero fermata ad
osservarla, forse cercando qualche risposta.
Di lì a
qualche minuto, ebbi a vederla sollevare un poco la sottana, divaricare
ampiamente le gambe e, come si usava dire a quel tempo, spender aqua in mèes a la strèeda. Mentre realizzavo mentalmente
che doveva essere senza mutande, fui scrollata da un rauco e perentorio: “Veh, te, ragazòola, c'sa gh et da guardèer?
N'et mai vist spendèer aqua?” No! Non
avevo mai visto farlo in quel modo. Ero poi filata via come un fuso.
Col tempo però
i timori erano arrivati a dissolversi, fino ad avvertire un certo fascino per
quella figura femminile particolarissima, la cui filosofia doveva ritrovarsi
pienamente nel dantesco "non ti curar di loro, guarda e passa". Filosofia
praticata fino a quando, come una sorta di maledizione, uscì la canzone
intitolata a Marina, che divenne, tant
per zunter al ràam a la mescla, una sorta di perfido dileggio che i ragazzi
e anche qualche stupido adulto, usavano cantarle per farla uscire dai gangheri.
Marina usciva allora dal suo silenzio, prendeva una scopa dal suo carro e,
brandendola, imprecava: “Dio chè! Dio là!
Vin ché vigliacch. S a t ciapp a t'la sbrèegh in dla schiina!”
Non so quando e come Marina sia
uscita di scena, ma spesso mi è ritornata alla mente, particolarmente quando,
tra le mie letture anni Settanta, ho incontrato Le streghe del Nagual di Carlos
Castaneda. Mi piace pensare che, chissà, in quel suo continuo e faticoso peregrinare,
più che dettato dal bisogno di un'esistenza grama, Marina cercasse e avesse
trovato l'essenza dell'essere.
**
Francesco Bezzecchi, detto Il
Mimì, ricorda che la Marina
comprava le scope (al malgareini) dal
suo principale Francesco Pacchioni, il mestichero di fianco al cinema Fanti, in
via Mazzini, che gestì per molti anni una rivendita di colori e affini. Allo
speciale prezzo di costo che le veniva praticato, la Marina applicava poi il suo
guadagno di venditrice ambulante.
**
La poetessa Luciana Tosi ricorda
di averla vista diverse volte, ma a quei tempi lavorava duramente, faceva
almeno 10 ore al giorno e a n gh era mia
tante
teimp de stèer a guardèer chi paseèva ... Si ricorda una la donna alta, un
po' curva, con un abito lungo e scuur,
al carètt cun dal stanghi acsè lunghi.
Aveva una figlia di nome Norma.
**
Chiudo con ‘na poVesia degli anni ’60 di Micin (Cinzio Micheli)
Col prim sol, po' fin a sira,
per le vie della città,
col carretto se ne và.
Và gridando: sùca fina!
pir e persègh, figh e mlòun,
cun nà vòs ardònda e pìna
da desdèr tutt al riòun.
Ma un brutt dè, s'oscura al mond,
vengon giorni tristi, amari,
dove tutt un po' s'counfond
se sbarchèr s'vol al lunàri.
Fu così che quel carretto,
invece ed sùca o portogall,
di portare fù costretto
quel ch'tuliva su "NIBAL".
Passa un giorno, passa l'altro…
poi il boom viene della lana
dove Carpi, per lo scaltro,
l'è dvintéda nà cucagna.
Lei di nuovo butta all'aria
tutt, baraca e buratein,
e di merce, la più varia,
l'impiniss al barusèin.
Marletèin, candeli usedi,
automatich, pan d'savòun,
e (chisà dove scuvèdi)
scatli d'luster d'Furmigòun.
Per stà dòna ed Teranova, (Terranova = Via Giordano Bruno o l'Ùltma)
al baròs l'è seimpr' impgné,
le un po' tutt la mett in ovra
seinsa bsér la qualité.
Nessun commento:
Posta un commento
grazie